12. Even's Mind, Heart, and Soul

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Even era incastrato per la maggior parte con le sue medicine. Ma a volte voleva solo sentire. Voleva solo una scintilla. Voleva solo un'anteprima di come ci si sentiva ad essere dall'altra parte. Quindi beveva e fumava e permetteva a se stesso un'occasionale ricaduta. Viveva al limite. Non esattamente lì, ma quasi.

A volte, quando tutto diventava troppo monotono e troppo grigio e troppo soffocante, Even fumava un po' troppo e beveva un po' troppo. Ma era okay. Continuava a tenere tutto sotto controllo per la maggior parte. Lo faceva.

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A volte voleva solo strapparsi la pelle. Non riusciva a sopportare di essere rinchiuso nei confini della casa di sua madre, nei confini dei demoni della sua testa. Non riusciva a sopportare il fatto che non riuscisse a tenere un lavoro per più di qualche mese. Amava lavorare nei coffee shop. Amava le persone. Per la maggior parte dei giorni, amava le persone. Ma poi avrebbe ricordato che non sarebbe stato preso nella scuola di cinematografia e che non avrebbe fatto film, e che non importa quanto in grande sognasse, i sogni erano solo questo: sogni.

Even aveva sempre solo sognato ma nessuno dei suoi sogni diventò realtà. Qual'è il punto allora? Qual'è lo scopo?

Quindi Even abbandonò tutto. Abbandonò i suoi sogni. Uno per uno.

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Sonja era incastrata con lui e Even era così grato della sua esistenza. Era la sua migliore amica. Sapeva sempre cosa dire. Lo conosceva meglio di se stesso a volte. 

Ma Sonja lo portava anche a riunioni di terapia, e gli chiedeva delle sue medicine, e monitorava i suoi stati d'animo, e sembrava tutto troppo dispotico a volte. Era tutto troppo a volte.

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Era halloween e Sonja lo costrinse a portarla ad una festa dell'UiO. Non riusciva a trovare un costume, quindi lei gli chiese l'unica domanda che importava.

"Se potessi essere qualcosa o qualcuno per una notte, chi vorresti essere?"

"Dio. Vorrei essere Dio."

"Huh?"

"Sì. Potrei fare tutto. Tutto ciò che voglio," disse Even.

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Even sorbí un po' di occhiatacce da alcune persone ma non gli importava. Stanotte era Dio, e a Dio non importava.

Quella notte fu una bella notte. Bevve un po' di birre e diede il cinque a persone che conosceva e parlò con persone che non conosceva. Non riusciva a capire perchè le persone sembrassero così interessate in ciò che diceva a volte. Ma gli piaceva. Gli piacevano le persone. Per la maggior parte del tempo, gli piacevano.

"Che festa è questa?" chiese a Sonja.

"Quella di Nils."

"E chi è esattamente?"

"Nils. Eravate nella stessa classe al Bakka. 2STB."

"Oh sì. Merda," disse Even. "Aspetta. Cazzo. Significa che anche i ragazzi sono qui?"

"No. Non credo che li conosca così bene. Non preoccuparti. E poi, in realtà è la festa della coinquilina di Nils. Si chiama Eva."

"Oh okay."

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Even stava parlando con una ragazza che si chiamava Heidi. Era davvero carina e gentile. Aveva dei biondi capelli corti, occhi azzurri, e stava tirando la sua barba.

Le piaceva. Sarebbe quasi riuscito a vederla nel suo letto. Ci sarebbe riuscito.

Ma poi i suoi occhi andarono da qualche parte dietro di lei e si fermarono su un ragazzo vestito da Giulio Cesare, o ciò che sembrava un tentativo di vestirsi come Giulio Cesare.

You Don't Even Know Me!  (ita)Where stories live. Discover now