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Una macchia scura delineata sull'orizzonte. Si muoveva velocemente, correndo e schivando ostacoli come se sapesse a memoria ogni metro  di quelle terre brulle e aride.

La figura si fermò improvvisamente sul limitare di un campo squadrato e irregolare, inseminato di grano. Era incorniciato su un lato da una fila di alberi vecchi dai mille rami mentre l'altro lato era costeggiato da un canale a secco pieno di erbacce e piante rinsecchite dalla temperatura alta della stagione.

Il fiato reso veloce non dalla paura ma dall'adrenalina. Trasse un profondo respiro che le inondò le membra del rovente calore estivo, che in quel momento le stava facendo arrossire le guance dalla pelle delicata.

Gli occhi vispi e scuri come la terra sui cui correva in quella cocente giornata di luglio, si muovevano frenetici in tutte le direzioni possibili alla ricerca di una possibile via di fuga. 

Con un movimento infastidito spostò una ciocca di capelli castani che le finiva sulla guancia e sull'occhio sinistro, e la sistemò dietro l'orecchio. Il ciuffo della frangia ormai troppo cresciuto, rimaneva appiccicato sulla fronte spaziosa in una patina di sudore, mentre piccole gocce le imperlavano il viso e il collo; le ciocche più lunghe dei capelli invece, sporche e unte cadevano scompigliate sul collo e sulle spalle esili.

Il sole si stagliava alto nel cielo durante le sue ore più calde. La ragazza ipotizzò che doveva essere passato poco più di mezzogiorno. Non poteva essere lontana dal punto in cui era scappata.

Si portò le mani sui fianchi sinuosi e inspirò rumorosamente per l'ennesima volta, ruotò su sé stessa cercando di orientarsi al meglio senza particolari risultati. Le spalle scosse da leggeri tremiti.

Ricominciò a correre: doveva trovarla.

Il vestito di cotone leggero, sporco di terra e fango le svolazzava largo sulle gambe piene di lividi, finendo con l'orlo all'altezza delle ginocchia graffiate. Si fermò d'un tratto e decise di entrare direttamente nel campo. Creando un percorso improvvisato per attraversarlo, avrebbe impiegato del tempo che non aveva correndoci intorno.

Spostò le ruvide spighe secche del grano con ampi movimenti della mano, talvolta anche graffiandosi con gli steli secchi. L'attenzione vigile a cogliere ogni minimo movimento alle proprie spalle.

Si fermò colta da improvviso lampo di stupore, un luccichio di sorpresa le balenò negli occhi. Allungò la propria mano dalle dita sottili per sfiorare delicatamente i petali di un mucchio di papaveri che si ergevano dalla terra ruvida, mentre affiancavano le spighe di grano quasi sfidando il loro giallo dorato con il proprio rosso intenso. Schiuse le labbra secche che reclamavano acqua da troppo tempo, e si accovacciò di fronte ai fiori scarlatti.

Per la prima volta da tempo immemore ricordò casa. L'unica che avesse mai avuto. Quei petali rossi appena schiusi da un tenero bocciolo, le riportarono alla mente il dolce tocco della donna che si era presa cura di lei quando non c'era nessuno farlo. Nonna. Un timido bacio lasciato sulla fronte, una carezza offuscata e dimenticata sotto le macerie della memoria. Abbassò le lunghe ciglia nere congiungendo le palpebre; tutto l'ambiente circostante si tinse di una sfumatura calda di color arancione e rosso tiepido.

Un fruscio poco distante la riportò alla realtà. Aprì gli occhi, doveva andarsene da quel posto. Spostò ancora i capelli annodandoli dietro la nuca in una crocchia temporanea e continuò la propria ricerca in quel campo di grano costellato da macchioline rosse di papaveri. Ormai era riuscita ad attraversarlo interamente ma nonostante ciò, non era stata in grado di vedere nulla; non la trovava.

PapaveriTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon