13-Avvicinati

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Ero impaziente di vederlo. Salii su per le scale e passeggiai lungo il corridoio tenendo la sua lettera stretta tra le mani. La piegavo e la riaprivo. La piegavo e la riaprivo. Una volta arrivata alla stanza 17 la guardia, Mark, m'informò che Joker era già dentro.
"Il pazzo ha fatto le corse stamattina, si è presentato 15 minuti in anticipo e ci ha costretto ad attaccare subito servizio!" disse sbuffando, mentre giocherellava con la sua pistola, smontandola e risistemandola.
Il fatto di saperlo lì in anticipo mi scaldò il cuore e al tempo stesso lo agitò. Feci fatica ad aprire il portone in quel momento per il semplice motivo che si manifestò nuovamente in me quella sensazione di ansia e di emozione che provai al nostro primo incontro. Ma ora ero pronta. E non lo ero mai stata così tanto prima d'ora. Questa volta sapevo che non si sarebbe trattato di un classico colloquio. Ed era per questo che non vedevo l'ora di cominciare.
Tirai giù la maniglia e diedi l'ordine a Mark e alle altre tre guardie di blindare la stanza, anche se vi ero io all'interno. Non feci in tempo a voltarmi che mi accorsi del cambiamento di colore delle mie guance. Non ebbi bisogno di uno specchio; lo sentivo e basta. Faceva caldo. Ed era inverno. Lo sentii e basta.
Ma ignorai le mie condizioni e ,salendo con lo sguardo verso la sedia, andai in cerca del suo volto. E lo trovai. Era lì, sorridente, che mi guardava mentre facevo il mio ingresso nella stanza. Era un sorriso diverso da quelli precedenti. Era un sorriso tenero e un po bambinesco.
"Buongiorno Harley, anche lei oggi qui prima?" si rivolse verso di me usando un tono molto delicato.
Non ero più la Dr.Quinzel. Non per lui.
"Si... Volevo cominciare prima oggi. Comunque buongiorno anche a te... Lei... Cioè te.." mi agitai e cominciai ad arrossire anche più di prima. Abbassai lo sguardo, quando a un tratto una mano fredda e ruvida prese il mio mento e tirò su il mio volto verso la sua direzione.
Si era riuscito a liberare dalla camicia di forza. Rimasi a bocca aperta per un secondo e provai a dire qualcosa però Joker mi azzittì in un lampo.
"Dammi del tu Harley. Te l'ho detto ormai io sono tuo amico..."
"Ho ricevuto la tua lettera stamatt.."
"E come avrai molto probabilmente capito dalla lettera, mi piacerebbe anche essere di più per te."
Avevo il cuore in gola all'ascolto di quelle parole. Il modo in cui si era rivolto verso di me. Il suo tono. Era l'insieme che mi mandava in confusione.
"Vedi, sei stato veramente, ehm non me lo aspettavo... Però qui non possiamo..
Cioè capisci cosa inte..." Mi fermò un'altra volta.
"Lo so, Harley lo so. Ma vedi, potrebbe essere il nostro piccolo segreto, no? Lo sappiamo solo noi. E nessun altro."
Ero titubante.
Ma la risposta l'aveva già il mio cuore.
"Avvicinati, devo dirti una cosa."
Mi chinai verso di lui, prese le mie braccia e le fermò sopra la scrivania.
"Una volta fuori di qui Harley, noi potremo stare insieme. E stare bene. Ti posso garantire un futuro migliore. Una vita migliore. Ho solo bisogno del suo aiuto."
Sapeva come persuaderti. Si avvicinò sempre di più al mio volto nel frattempo.
"Mi dica. Cioè dimmi." la voce continuava a tremarmi.
"Mi deve aiutare ad uscire da questo manicomio. Fallo e ti porterò via con me. Aiutami e io aiuterò te."
"Si"
"Si?" Questa volta posò la mano sulla mia guancia. E cominciò ad accarezzarla delicatamente. Era un'altra persona in quel momento
"Vedi Harley. Sapevo di potermi fidare di te. Io, io... Ti adoro. Grazie. Aiutami a uscire da qui e staremo insieme. Da soli."
"Da soli? Io e t..."
Mi baciò. Dio che sensazione. Rimasi lì a cavalcioni sulla sedia con le braccia bloccate sulla scrivania. Non volevo staccarmi più da lui. Non fu uno di quei baci da film; travolgenti e "bagnati". Fu a stampo ma bellissimo.
Si staccò e rimase a fissarmi negli occhi, con la mano poggiata sulla mia guancia.
"Si. Io e te."

Birth of a Queen: The OriginsWhere stories live. Discover now