Capitolo X

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Il portone si aprì cigolando. Venni subito investita dall'odore di umido e carta vecchia tipica dei libri antichi. I miei passi risuonavano sulle mattonelle a scacchi bianche e nere. Scaffali grandi fino al soffitto circondavano la sala, mentre  le copertine dei volumi davano subito nell'occhio per i loro colori cangianti. Era incredibile pensare che  in quella stanza immensa fosse contenuto il sapere di secoli, i ricordi e le emozioni del passato. Regnava il silenzio. Ma non il silenzio di morte, bensì quello di oggetti che dormono; che mandano sussurri appena percettibili, che ti invitano a guardare il mondo con un occhio più attento. Il silenzio della conoscenza.                                                                    Accompagnata solamente dal rumore dei miei passi, avanzai cauta. I candelieri illuminavano il buio che mi circondava. Improvvisamente, un fascio di luce mi colpì il viso. Strinsi gli occhi e scorsi una sagoma femminile scostare le tende color bordeaux delle finestre.                                           - Ben arrivata, posso esserti di aiuto?- una donna sulla trentina si sedette alla sua scrivania.                   - Lei è la... -                                                                                                                                                                         - Sì, sono la bibliotecaria. Ma tutti mi chiamano signorina Elena. Dimmi, cerchi qualcosa in particolare?-                                                                                                          La bibliotecaria in questione era molto magra e aveva gli occhi di un verde chiarissimo e ricci capelli neri, oltre ai classici occhiali da miope. Indossava un maglione bianco a collo alto e dei jeans. Non volevo essere maleducata, ma non mi aspettavo proprio lei come bibliotecaria. Elena sorrise appena in penombra, forse per l'oscurità... ma sembrava tanto...                              Un improvviso capogiro mi fece perdere la concentrazione. Sbattei le palpebre stordita:- No, volevo solo dare un'occhiata. Comunque, grazie-    - Prego.-                  

Mi inoltrai tra gli scaffali nascondendomi alla vista della signorina Elena. Mi appoggiai ad uno dei tavoli, che servivano per fare i compiti. La testa continuava a girare, mentre il mio stomaco si chiudeva. Percepivo un gran freddo. Mi portai una mano sulla fronte: non scottavo, ma ero completamente gelida. Cosa diavolo mi stava succedendo? Appena mi accorsi che il paesaggio intorno non vorticava più così tanto, mi ripresi da quell'istante di debolezza. Il capogiro era passato, ma il freddo era rimasto così come avvertivo i segnali di un imminente emicrania. Proseguii a camminare stringendomi nella felpa. Forse qualcosa mi aveva dato fastidio, forse avevo mangiato poco, o forse mi ero beccata un po' di influenza... Beh, forse quest'ultima era improbabile visto che non mi ammalavo da due anni interi. Possibile che nella biblioteca facesse così freddo? Eppure non mi era sembrato.                                                                                                         Scossi la testa sfiorando con le dita i libri sulla sinistra, saggiandone la compattezza. C'erano romanzi, a manuali storici o di magia, album fotografici, ricette ... Mi sentii a casa. Fin da bambina, adoravo leggere. Mi immergevo in un mondo un po' tutto mio, ritrovavo per un attimo me stessa. Odiavo le storie con finali tristi, ma ero comunque una lettrice affermata. Qualunque libro o rivista mi potessero regalare, si stava certi che in meno di quattro giorni li avevo già terminati. Che ci potevo fare, ero fatta così. E chi l'avrebbe mai detto che la mia vita si sarebbe trasformata come uno dei più misteriosi e difficili urban fantasy? Che buffo a volte il destino! Un tempo, avrei dato qualunque cosa per fare un quarto di quello che facevo ora e adesso... non lo sapevo più.

Mi bloccai. Una fitta lacinante mi percosse da capo a piedi. Gemetti e mi portai le dita alle tempie cercando di fermare il mal di testa. Vacillai quando, aprendo gli occhi, mi accorsi di non vedere che buio e chiazze luminose qua e là. Mi fischiavano le orecchie, come se fossi stata fino ad allora appiccicata ad uno stereo acceso. Altre fitte di dolore si susseguirono senza sosta. Perdevo e riacquistavo la vista e l'udito a tratti. Mi mossi cercando di andarmene da lì e far cessare quel inferno, ma andai a sbattere contro qualcuno.                                                                                                    - Ehi, attenta a dove vai!- Quella voce cristallina giunse ai miei orecchi come il suono di tante campanelle o lo stridio del vetro che si frantuma,...come in uno specchio...  I brividi aumentarono, il mal di testa si fece ancor più intenso mentre la sua voce mi trapassava come una lama tagliente. Io l'avevo già vista, io avevo già... Una nuova fitta mi scosse fin dentro l'anima.                                        - Scusami...- sussurai a stento spostandomi. La spaventosa oscurità, che mi aveva accecato la vista temporaneamente, svanì per qualche secondo. Davanti a me c'era una ragazza. La pelle abbronzata e liscia spiccava dall'abito chiaro, forse bianco crema che indossava. Aveva dei leggins neri. I suoi capelli neri e lisci erano raccolti in una coda di cavallo, ma furono i suoi occhi a colpirmi. Di un intenso color nocciola scuro. Lei mi fissò impassibile, ma il suo sguardo si illuminò. Avrei giurato che anche lei mi avesse riconosciuto. Indietreggiò e mi superò a passo svelto, infastidita.    

La testa sembrava scoppiarmi. Non respiravo più. Appoggiai la schiena allo scaffale, mentre scivolavo a terra. Però, come era apparso, il mal di testa cessò. Tornai a vedere e a sentire normalmente, niente vertigini o brividi di freddo. Mi tirai su. Stavo bene, anzi benissimo. COSA DIAVOLO ERA SUCCESSO? Era bastato scontrarmi con quella ragazza per far peggiorare quella tremenda emicrania (se di emicrania si poteva parlare). Mi sfiorai la fronte e il viso: non ero più gelida. Ero già sicura di averla vista... ma dove?

Mentre il sangue tornava lentamente a scorrermi nelle vene, un senso di angoscia mi assalì. Era successo qualcosa, qualcosa sarebbe successo.

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