QUELLE DUE LINEETTE

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Erano giorni che mi reggevo a mala pena in piedi. Inizialmente avevo dato la colpa ai primi  caldi, allo stress dovuto agli esami di maturità ma ben presto avevo dovuto guardare in faccia la realtà.

<<Hai davvero una brutta cera>> mi fece notare mia madre non appena mi vide in cucina.

Lei e la sua straordinaria sensibilità. Io e lei non avevamo proprio un bel rapporto, anzi nel giro di pochi giorni sarei volata negli Stati Uniti per ricongiungermi con quella che consideravo la mia vera famiglia. Sì, la donna che avevo di fronte era la mia madre biologica ma non era mai stata una grande figura di riferimento per me sopratutto a causa dei suoi problemi di droga e della sua inaffidabilità.

<<Grazie per la tua schiettezza>> borbottai mentre tentavo di bere la mia tazza di caffé.

<< Sarebbe tutto più facile se non ti ostinassi a tenermi sempre il broncio, Beatrice>> Sbottò lei << Ieri ho avuto una giornata pessima al lavoro, avrei volentieri preso a botte qualcuno>>

Notai che estraeva dalla tasca dei pantaloni una bustina contenente della polverina bianca.
Mi misi le mani nei capelli.

<< Hai ricominciato, vero?>>

Come risposta ricevetti solamente un'alzata di spalle.

<<Come puoi pretendere che ti tratti con rispetto se tu per prima non hai rispetto di te stessa?!>>

Quando ero stata data in affido alla famiglia Johnson avevo capito che cosa volesse dire vivere in un clima sereno e anche come fosse impossibile crearlo con persone sotto l'effetto di droghe.

<<Quando te ne vai?!>> mi urlò contro lei mentre veniva soprafatta da uno dei suoi sempre più frequenti eccessi d'ira. << Non ti sopporto più! Vattene da casa mia!>>

Ero abituata a quel tipo di scenate quindi, senza fare troppe storie, uscii dalla porta del nostro piccolo appartamento per andare a fare un giro in centro nell'attesa che quella donna di calmasse.
Ci sarebbero volute un paio d'ore o forse addirittura tutta la giornata prima che rinsavisse.

Mentre uscivo all'aria aperta mi squillò il cellulare.

<< Ciao Chiara>> Trillai cercando di simulare un tono di voce allegro.

<<Ciao Bea, oggi ti va di fare colazione al nostro solito bar?>>

<<Va bene, io sarò lì tra cinque minuti>>

<<Perfetto!>>

Adoravo Chiara e i suoi modi stringati. Era una di quelle persone che non si perdevano in mille dettagli inutili ma che andavano dritte al sodo.
Mi sedetti al nostro solito tavolo e ordinai una brioche al cioccolato.

<<Ecco chi si rivede>> esclamò la mia bionda amica non appena si avvicinò al nostro tavolo.

<<Ciao>> dissi tentando di abbozzare un sorriso.

Da buona amica si accorse delle mie pessime condizioni e mi puntò i suoi occhi azzurri addosso.

<<Non hai una bella cera Bea>>

<< Sei la seconda persona che me lo fa notare oggi. Comunque ormai sono diversi giorni che non mi sento bene>>

Lei mi rivolse uno dei suoi sguardi di sincera compassione mentre io tentavo invano di deglutire la brioche.

<<Non mi sento bene>> feci in tempo a dire prima di precipitarmi in bagno per rimettere quanto avevo appena ingerito.

Mi ritrovai stesa sul pavimento della piccola stanzetta mentre le lacrime mi ricavano il volto.

<< Questo virus non accenna a passare>> sussurrai mentre mi pulivo con la carta igienica.

Chiara mi aiutò ad alzami e mi portò fuori dal locale.

<< Bea, io devo chiedertelo>> iniziò    << Da quando ti senti cosí male?>>

<<mah, ormai saranno più di tre settimane, è iniziato tutto quando avevamo la maturità e poi non sono più riuscita a riprendermi>>

<<Non credo sia un virus, di solito non durano così a lungo>>

<<E allora cosa credi che abbia?>> domandai irritata mentre il senso di nausea iniziava a ritornare.

<<Ecco, la stanchezza, i capogiri, il vomito sono tutti sintomi che si posso collegare anche alla... gravidanza>>

Non appena sentii pronunciare quella parola sbiancai. La bocca iniziò ad impastarsi e i giramenti di testa si fecero sempre più intensi.

<<No, è impossibile >> sussurrai anche se, riflettendoci bene non potevo escluderlo del tutto.

<< Tu e Alessandro quando l'avete fatto avete usato le giuste precauzioni? >> Insistette lei

<<Chiara non posso essere incinta>> dissi portandomi le mani sulla pancia.  Era impossibile che lì dentro ci potesse essere qualcosa di diverso dallo stomaco e da tutti gli organi del mio corpo.
Sì, avevo fatto sesso non protetto di notte in un campo abbandonato.
Ma era capitato una sola volta nella vita, non potevo essere così sfigata da essere rimasta incinta.

Chiara approfittò del mio momento di esitazione e mi trascinò con la forza in una farmacia per acquistare un tes di gravidanza.

<<Hai buttato via dei soldi>> la rimproverai <<Io non sono incinta>>

<<Beh, almeno io mi toglierò il dubbio>> ribatté lei osservandomi come un dottore guarderebbe un suo paziente.

Andammo nel bagno di casa sua e seguiamo scrupolosamente le istruzione del test.

<<Se fossi incinta che cosa faresti?>> Mi chiese mentre attendevamo che passasse il tempo necessario.

<<Non sono incinta>>

<<SE lo fossi>>

<< Non lo so>>

Presi in mano il test di gravidanza e vidi due inconfutabili stanghette.
Ero incinta.

9 MESI PER CRESCEREWhere stories live. Discover now