Quando è Gisella a decidere, non sbaglia mai.

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Io lo so, cosa vuole Silvia. Aspetta che io dica quella frase, la formula magica. Quello che non so è se lo voglio fare. Ero decisa a scendere, ad andarmi a sposare. Poi, mentre cercavo di aprire la portiera senza riuscirci, ho pensato che fosse un altro segno del destino: sta a vedere che Gisella, dopo avermi portata praticamente fra le braccia di Paolo – checché ne dica Silvia, io sono convinta che sia così – adesso non vuole più che mi sposi.

E così, eccoci qui: asserragliate dentro la mia due cavalli gialla, con la musica a tutto volume, gli sguardi persi che si aggrappano l’uno all’altro. Il resto del mondo è rimasto fuori: nel senso che sono venuti tutti più vicino e hanno circondato l’auto.

- Ci stanno guardando tutti.

- E tu lasciali guardare. Le spose arrivano sempre in ritardo

- Se arrivano.

Di nuovo i nostri sguardi si agganciano.

- Sai cosa vorrei ora? Una di quelle scene da film.

- Tipo?

Se scappi ti sposo. Lo ricordi?

- Quindi partiamo?

- Investiresti zia Clotilde. No, vorrei una dichiarazione come quella:

“Garantisco che per noi ci saranno tempi duri… garantisco che uno di noi due o tutti e due alla fine si stancherà… ma garantisco anche che se non ti chiederò di essere mia per sempre lo rimpiangerò a vita, perché sento nel mio cuore che sei l’unica per me”

Le nostre elucubrazioni vengono interrotte da qualcuno che bussa contro il finestrino. È Marco, l’altro testimone. Agitatissimo. Lo capisco perché sorride come se fosse la persona più felice del mondo, fa sempre così. Giro la manovella tirando giù il cigolante finestrino di un centimetro, quanto basta per sentirci, musica a parte.

- Ti stiamo aspettando, tesoro. – e mi sembra di vederlo, il fumetto sopra la sua testa: “Dannata pazza che non sei altro, cosa ti sei messa in testa adesso? Scendi immediatamente da questa trappola con le ruote!”. Marco aspettava questo momento da una vita, lui adora i matrimoni.

- Sì, solo un momento.

Il suo sorriso si amplia, e io ho paura. Temo che possa cercare di tirarmi fuori a forza. Tiro su frettolosamente, continuando a sorridergli a mia volta, fin quando lui mi volta le spalle per cercar di dare una spiegazione plausibile agli altri.

- Non ce la posso fare.

Marco bussa di nuovo. Mi fa gesti strani ma io non voglio parlargli: faccio finta di non vederlo.

- Tu lo sai, vero, che fra poco sarà tua madre a venire a tirarti fuori di qui?

Silvia ha ragione. Tiro di nuovo giù il finestrino.

- Marco… Dì a tutti di entrare in chiesa, di sistemarsi. Arrivo fra un attimo.

- Si può sapere cosa succede? – sibila lui, prossimo all’isterismo

- Devo fare una cosa.

Sospira. Ha capito. Mi guarda a lungo negli occhi con quell’espressione che sembra voler dire: “Qualunque cosa accadrà, io ci sarò sempre”.

Dopo di che compie il suo dovere di testimone di nozze: con maestria veicola la mandria di parenti, zia Clotilde compresa, verso l’interno della chiesa mentre io e Silvia restiamo barricate dentro Gisella in silenzio ad osservare quella sorta di esodo fin quando anche l’ultimo parente è scomparso oltre la porta in legno intarsiato.

- E adesso?

- Non lo so. Non posso scappare. Ormai è troppo tardi.

Silvia accende il motore. O meglio, gira la chiave. Però il motore sputacchia e si spegne.

Io guardo la chiesa e penso a tutte quelle persone, lì dentro, che aspettano me. Penso a Paolo. Penso a quanto vorrei sapere come sia il suo odore, dopo aver fatto l’amore. Gisella si rifiuta di muoversi. Silvia insiste. E io vorrei saper decidere.

Quando si riapre la porta della chiesa, mi aspetto di veder uscire Marco, al massimo mia madre. Oppure entrambi, agguerriti e pronti a riportarmi sulla retta via. Invece è Paolo, quello che vedo venirmi incontro. Seguito da Marco che cerca di fermarlo aggrappandosi al suo braccio e venendo trascinato dal mio promesso sposo come se non si fosse nemmeno accorto di lui.

- Oh. Cazzo.

Il motore non va. Gisella ha deciso per me. Per noi. Resto paralizzata sul sedile a guardare Paolo che ci raggiunge, apre la portiera e resta lì, a fissarmi mentre io mi faccio piccola piccola sul sedile.

- Carlotta.

- Presente.

- Tu mi ami?

- Certo. – su questo non ci sono dubbi. Lo amo.

- Benissimo. Fammi posto.

Paolo non aggiunge altro: mentre io mi sposto, lui si libera della presa di Marco e si siede al mio fianco, in macchina.

- Marco, siediti davanti. Silvia, metti in moto. Abbiamo un po’ di tempo, ho sistemato io le cose col prete. – mi prende la mano, mi sorride. – Ho sbagliato tutto, Carlotta.

Non l’ho mai visto così deciso, è la prima volta che distribuisce ordini a destra e a manca; siamo tutti così sorpresi che Marco e Silvia fanno esattamente come lui dice. E Gisella, finalmente, risponde ai comandi.

- Dove andiamo? – Silvia sorride. Marco allaccia la cintura.

- A casa mia.

- Hai intenzione di fare un matrimonio al contrario?

Ma Paolo non le risponde: è impegnato a baciarmi, con gli occhi aperti per la prima volta, tenendomi il viso fra le mani.

Il matrimonio aspetterà. Non molto, perché adesso so che voglio sposarlo davvero.

Lui, lei e il Karma biancoWhere stories live. Discover now