1. Non mi guardare così che mi fai sentire in colpa.

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Aveva un sacco di cose in mente.
Tanti ricordi fermi, timidi.
Che venivano fuori nei momenti in cui meno se lo aspettava. Magari mentre mangiava un panino in classe o quando era al cesso a fare i suoi bisogni, perchè sì, gli capitava di fare dei pensieri davvero profondi quando se ne stava chiuso al cesso di casa sua, oppure gli sfrecciavano nella mente durante la notte, proprio quando si ripeteva che era arrivato il momento di chiudere quel dannatissimo telefono e mettersi a dormire.

Proprio in quel momento, ecco che uno di quei ricordi gli passò per la mente, e non era questione di qualche secondo.
No, lo avrebbe tormentato quel ricordo.
Lui era un tipo abbastanza paranoico. E quindi ci rimurginava sulle cose, ci pensava e ripensava, domandandosi sempre qualcosa.
Non si dava un attimo di pace. Pensava, pensava. Pensava sempre troppo. E si perdeva.

Ray glielo diceva sempre che doveva smetterla di perdersi nei suoi pensieri, che non ne usciva mai niente di buono alla fine. Ma era più forte di lui, non poteva non farlo. Era come se ci fosse una specie di mappa nella sua testa dove venivano raccolti tutti i suoi ricordi. Ogni tanto ci passeggiava e nessuno poteva tirarlo fuori di lì.

Erano le otto di mattina, si trovava seduto sull'autobus per andare a scuola. Le cuffie nelle orecchie, gli occhi persi e un piccolo sorriso malinconico sul viso.
L'immagine di sua nonna proiettata nella mente, questioni di secondi la fece sparire subito via.
Ecco, questo era l'esempio di un ricordo che non voleva far riaffiorare. Voleva tenerlo in un angolino della sua testa. E nessuno lo avrebbe dovuto scoprire.

Venne proiettata un'altra immagine. Un ponte e un piccolo fiume che scorreva. Lui seduto per terra che lanciava le pietre nell'acqua con forza. Una canna che gli penzolava dalle labbra e il fumo denso che lo circondava, gli occhi un po' arrossati.
Forse per l'effetto che gli dava quella stecca stretta fra le labbra.
Forse per le lacrime.

Quello era il suo posto preferito. Sospirò pensando che il pomeriggio l'avrebbe passato lì.

Una persona a caso gli si sedette vicino. Già la detestava. Quella presenza vicino lo disgustava. Cacciò via dalla mente i ricordi, guardandosi intorno per capire dove cazzo si trovasse.
Quasi si rallegrò quando scoprì di non aver saltato la sua fermata.

Pigiò il dito su un piccolo pulsante prenotando la fermata, scavalcò il tizio fermandosi davanti la porta del pullman. Dopo soli pochi metri si fermò davanti al cancello rosso della sua scuola. Scese veloce camminando verso l'entrata mentre nelle sue orecchie veniva sparata una canzone che parlava di ragazze a cui piacciono sia i ragazzi che le ragazze.

Prese un piccolo respiro decidendo di nascondere i suoi occhi tristi dietro degli occhiali da sole scuri che teneva sempre nello zaino, si sistemò i capelli tinti di rosso e camminò sicuro all'interno dell'Istituto.

Odiava quella scuola. Preferiva di gran lunga rimanere chiuso dentro la sua stanza circondato da colori e fumetti.
Non sapeva perchè l'avesse scelta. Forse perchè lì giravano i meglio spacciatori della zona, o perchè era vicina a casa sua. O forse perchè non sapeva bene cosa combinare nella vita e quindi scelse un po' a caso dove andare a studiare.

Camminava per i corridoi pieni di gente triste e sola. Beh, parlava proprio lui.
Capì di essere in ritardo quando, arrivato davanti la sua aula, trovò la porta chiusa. Sbuffò alzando gli occhi al soffitto, non si tolse gli occhiali da sole quando entrò in classe e non guardò neanche il professore di quell'ora, camminò semplicemente verso il suo banco e si sedette, aspettando.

Si sentì qualche risatina infondo all'aula ma fece finta di nulla.

"Che entrata scenica." Gli sussurrò in un orecchio il suo compagno di banco Ray, levandogli gli occhiali da sole e poggiandoli sul banco.

Naabot mo na ang dulo ng mga na-publish na parte.

⏰ Huling update: Feb 29, 2020 ⏰

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