Non parlarmi, non ti ascolto

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"A volte sono sola in casa e mi sembra di essere osservata costantemente, mentre spesso in mezzo alla gente che fa confusione.. non sento proprio niente, così preferisco rintanarmi nella mia mente, così.. perché forse ho capito che è più divertente"

Sveglia. Vestiti. Bagno. Porta. Bus.

Le persone sono attorno a me, parlano, gesticolano, respirano, sudano, sputano. Le cuffie sono meglio delle persone, come ogni mattina. Non ho voglia di ascoltare la solita roba, cambio, tendenze, play.

Fermata, scendo seguendo la corrente di studenti che mi porta davanti ai cancelli della scuola. I miei compagni si trovano alla mia destra, li raggiungo, non c'è bisogno di dire buongiorno, perché non è mai un buon giorno se mi trovo lì.

Il solito suono ci impone di entrare. Solita processione, solite persone. Continuano a parlare, gesticolare, respirare, sudare e sputare, come se non sapessero fare altro. Eccola la mia classe, bianca e spoglia come tutte le altre. Raggiungo la penultima fila, banco affianco alla finestra. Appoggio lo zaino per terra e mi siedo preparando il mio sedere a diventare l'altra metà perfetta della sedia.

Entra il professore d'italiano, i miei compagni si alzano, lo stesso faccio io.

Che abbia inizio la lezione.

Mi distraggo quasi subito, tanto parla di grammatica, come se a me importasse. Inizio a vagare, a viaggiare, a immaginare.

Prendo il telefono e faccio ripartire la musica da dove si era interrotta. È una canzone calma, e come se ci fossero delle casse lungo tutte le pareti dell'aula sento le note che mi riempiono le orecchie, il professore parla, o almeno credo, muove la bocca, gesticola, si ferma. Si alza e riprende a parlare. Va alla lavagna e inizia a scrivere parole, frasi, "disegna" delle frecce forse per collegare le parole, ma quelle frecce mi sembrano più dei funghi, proprio come quelli che si fa lui la mattina prima di entrare a scuola. Guarda qualcosa. Mi guarda. Fa toccare le estremità delle sopracciglia grigie. mmm... perché fa quell'espressione? gli fa la faccia ancora più gonfia di quella che è, qualcuno dovrebbe farglielo notare.

Oh merda! Ma sta guardando me, mi sta fissando, anche i miei compagni mi stanno fissando. Accidenti, certo che non hanno proprio nulla di meglio da fare eh?

-Scusi prof, ho mal di testa da ieri sera, posso uscire?- mi risponde solo con un nasale -Vai-

Mi alzo, esco con gli occhi di tutti puntati su di me, certo che sono proprio pallosi. Mi metto le mani in tasca e mi dirigo verso il bagno, ma non quello più vicino.

Passo davanti alle classi, alcune hanno la porta chiusa, mentre in altre ci sono professori che spiegano... o almeno suppongo.

Faccio una piroetta, tanto le bidelle sono abituate e a me serve per smorzare la tensione.

La canzone nella mia testa è cambiata, ora c'è Help Our Souls, da molta più carica delle canzoni precedenti ed è perfetta per un corridoio vuoto. Non dico che so ballare, ma muovere le braccia e la testa a ritmo mi riesce, i piedi vanno per conto loro. Arrivo davanti al bagno e cambia di nuovo la canzone. Start A Riot. L'avevo sentita solo una volta prima d'ora, chissà come mai ora per lavarmi le mani, mi torna in mente. Chiudo l'acqua e schizzò lo specchio sporco che mi mostra la stessa faccia ogni giorno, che noia.

Sulla strada del ritorno.

Entro, nessuno che mi fa le feste, mi deludete ragazzi. Mi siedo, prendo un foglio e scarabocchio frasi di Mr. Robot.

Il professore parla parla parla, valanghe di parole che le mie orecchie non sono disposte a sopportare. Suona la campanella. Finalmente, dopo due ore.

Passano le ore successive, tra interrogazioni di miei sfortunati compagni e noiose spiegazioni che nessuno riesce a reggere. Io d'altronde non mi sono sforzata mai di prestare attenzione alle persone che parlano all'aria, sapendo che nessuno le ascolta. Preferisco starmene nel mio, dove non è tutto così noioso, me anche solo la polvere del gesso che cade sul bordo della lavagna potrebbe strapparmi un sorriso.

Passano i secondi, i minuti, le ore, la mia attenzione. Ogni piccolo gesto, ogni foglio smosso dal vento vanno ad alimentare la mia immaginazione, che non rimpiango mai.

Finisce la scuola, torno a casa, mi butto sul divano, attacco le casse e addio

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