Henrik

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Chissà perché esiste quel sesto senso che ti avverte che qualcosa di diverso sta per accadere.
Hai un po' d'ansia, non riesci a concentrarti.
I tuoi clienti ti chiamano ma non ci fai caso. Stasera è andata così, non sei presente. I camerieri se ne sono accorti e ti hanno mandato a prendere una boccata d'aria; sei così grato a quei ragazzi.

L'aria è gelida come le tue mani tremanti.
La neve scende leggera e ricopre silenziosamente l'asfalto. Scende su di te e un brivido ti percorre la schiena.

Rientri nel ristorante, è quasi ora di chiusura, per tua fortuna.
Saluti i clienti e i colleghi. È stata una serata strana, stancante e non vedi l'ora di andare a letto.
Abbassi le luci mentre sistemi le ultime cose.
Ti volti e comprendi la causa della tua ansia.

Lo vedi mentre fissa il vuoto, assorto nei suoi pensieri.
Cerchi di farti coraggio con il cuore che sembra esploderti nel petto.
Provi a muovere qualche passo ma le tue gambe non eseguono il tuo ordine.
"Respira, Henrik. Puoi farcela" te lo ripeti come un mantra e finalmente riesci a raggiungere la porta e ad aprirla.
Non se ne è accorto. Continua a fissare il vuoto; ti chiedi a cosa stia pensando e ti illudi di essere al centro dei suoi pensieri.

"Mi sei mancato" ti accorgi di essere tu quello che ha parlato quando lo vedi sussultare prima di voltarsi.

Lo abbracci di scatto e senti tutte le tue difese crollare a terra.
Quelle braccia, le sue braccia.
Quelle stesse braccia che anni prima ti coccolavano, stretti in un letto in cui avevate appena consumato il vostro amore.
Quelle stesse braccia che sapevano di protezione, casa, sicurezza.
Quelle stesse braccia in cui ti rifugiavi dopo una giornata disastrosa.

"Non mi dici nulla?"
Non ti risponde ma ti stringe più forte e gliene sei grato. Saresti potuto cadere da un momento all'altro. Le tue gambe, infatti, stanno tremando così come il tuo cuore che sembra essersi risvegliato dopo anni di letargo.

"Ciao Henke" un colpo al cuore. La voce, quella maledetta voce che ti è mancata più di tutto in questi anni di lontananza.
Lo senti che è intimorito.
Lo inviti a fare due passi anche se non vuoi. Sai benissimo che verranno alla luce cose che non vorresti sapere ma è più forte di te; hai bisogno di guardarlo, di parlargli, di spiegare.

Camminate tanto, per tutta Oslo, in questa gelida notte che ti sembra non finire mai.
Le gambe ti fanno male ma non ti interessa, continueresti a passeggiare in silenzio per giorni se fosse possibile.

Lo studi attentamente cercando di imprimere tutti i suoi piccoli particolari nella mente.
Osservi le sue gambe, magre e lunghe avvolte da un jeans nero.
Osservi la sua mano e le vene che la percorrono.
Osservi le sue dita, lunghe e affusolate.
Osservi il suo collo coperto da una sciarpa rossa.
Risali e ti scontri con i suoi occhi. Blu misto a verde. Ti sta guardando anche lui.
Imbarazzato distogli lo sguardo e ti accorgi di essere di fronte a casa tua. È tardi, fa freddo e state entrambi tremando. Lo inviti a salire; una parte di te spera che dica di no, non sei pronto a rivederlo in quella casa. Casa vostra.

Salite le scale quasi di corsa, nel silenzio della notte.
Non riesci ad infilare le chiavi nella serratura e ti giustifichi dicendo che stai tremando per colpa del freddo. Lo senti ridere e un'altra fitta ti colpisce dritto al cuore.

Gli offri un bicchiere di vino e gli chiedi di aspettare qualche minuto perché hai bisogno di cambiarti.

Scappi in camera e aspetti che ti segua, ma non lo fa e la delusione si fa spazio dentro di te.
"Meglio così" ti ritrovi a pensare e ti dai dello stupido perché hai quasi 40 anni e ancora non hai capito cosa vuoi dalla vita.

Torni in salotto e lo trovi seduto per terra, davanti al fuoco. Chiudi gli occhi e le immagini della prima sera trascorsa in questa casa tornano prepotentemente a farti visita.

"Abbiamo fatto proprio un bell'acquisto, amore" sussurri prima di baciarlo.
Ridacchia ed annuisce. Avete scelto la casa insieme, dopo mesi di ricerche  finalmente avevate trovato quella giusta per poter costruire il vostro nido d'amore.
"Ti amo così tanto" ti dice mentre ti passa una mano sul petto, fermandola sul cuore.
Lo fissi negli occhi prima di baciarlo nuovamente. State insieme da due anni e ancora non ti sei abituato ai suoi 'ti amo'.

Una lacrima fugge al tuo controllo e respiri profondamente prima di sederti di fronte a lui.

"Da quanto tempo sei ad Oslo?"
"Un paio di giorni"
"Come mai sei tornato?" Ti sembra una domanda lecita. Perché non ti ha chiamato? Non voleva vederti? E allora perché si è fatto trovare davanti al tuo ristorante?
"Io ho.. sentito una sorta di richiamo e.. eccomi qua"
Sbuffi.
"Non ti sei fatto sentire in questi anni, Tar" rispondi con tono stizzito. Stai cercando di fargli capire che sei ancora arrabbiato.

Ti dice che voleva ignorarti perché chiamandolo continuavi a riaprire una ferita non del tutto chiusa. Non ha pensato che magari volevi solo spiegazioni?
Sei tornato a casa una sera e non c'era più nulla. I suoi vestiti erano scomparsi, la vostra foto sul suo comodino era a terra in mille pezzi, il suo mobiletto in bagno era completamente vuoto. Tutto finito. Come se non ci fosse mai stato nulla; come se in quella casa abitasse una sola persona.

"Non hai pensato a me?" Ti viene naturale chiederlo.
"Si e proprio per questo ho cambiato numero. Avevamo entrambi bisogno di farci una nuova vita e quello era il modo migliore"
"Cazzate!" urli, sfoghi tutta la rabbia che hai in corpo, gli fai sentire tutto il rancore che ti sei portato dentro in questi anni.

Silenzio.

Gli spieghi che ti sei tenuto in contatto con i suoi genitori, che chiedevi loro informazioni.

Ancora silenzio.

Lo vedi alzarsi di scatto: vuole andare via ma non puoi permetterglielo, non ora almeno.
Gli dici di restare e ti risponde che gli dispiace.
"Per cosa?" Gli chiedi mentre ti alzi anche tu.
"Per aver mandato tutto a puttane. Io.. io ero sicuro che mi stessi.."
"Tradendo?" Sbotti, ti senti preso in giro "Tarjei lo sapevi meglio di me che non era possibile"
"Lo so.. è che tutto coincideva ed io non ci ho visto più "
"E ti è sembrata una cosa normale sparire da un giorno all'altro? Sono tornato a casa e l'ho trovata vuota. Tutte le tue cose erano sparite e di te non c'era traccia. Né un biglietto, un messaggio, una cazzo di spiegazione. Ho chiamato i tuoi genitori e non sapevano nulla. Hai avuto il coraggio di prendere e scappare senza nemmeno avvertirli!"

Ti ritrovi addosso alla colonna, travolto in un bacio che aspettavi da quindici anni. Ti infila le mani nei capelli, li accarezza.
Ti imprimi quella sensazione nella mente mentre il cuore batte all'impazzata.
Sai che sarà l'ultima volta; l'ultima volta che lo vedrai, l'ultima volta che lo toccherai, l'ultima volta che lo assaporerai.
Devi solo avere il coraggio di chiudere tutto, di mettere la parola 'fine'. Lo devi fare per il tuo bene e per il suo.

Gli infili le mani sotto la maglia e gli accarezzi la schiena. Gliela graffi nell'ultimo disperato tocco per farlo tuo, per ricordarti che è tuo così come tu sei suo per sempre.
Nonostante il resto del mondo;
Nonostante il fatto che gli hai detto che non puoi;
Nonostante se ne sia appena andato sbattendo la porta;
Nonostante siano le 4 di mattina e ti ritrovi a piangere appiccicato a quella stupida colonna;
Nonostante tu sia a conoscenza del fatto che hai appena mandato via l'amore della tua vita;
Perché se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema.

il silenzio della fine - HenrikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora