-Seven Years- first part.

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Avevo solo 7 anni quando l'angelo dai capelli notturni mi trasse in salvo da quell'inferno carnoso, un continente senza nome, modellato sui cadaveri di persone troppo deboli anche solo per essere vendute come schiavi e corpi di prostitute affamate, di bambini morti nel pianto.
Io, la bambina dai capelli color sangue, tratta in salvo dall'angelo della luna.

<<Voglio lei.>>

Mi guardò diritta negli occhi ed incontrai il suo sguardo purpureo, penetrante, che trasmetteva una regale possanza, un'eleganza distruttrice.
La sua corta chioma corvina ondeggiava delicatamente giocando con il vento e potevo sentire il suo delicato profumo d'Ipomea Rosea.

<<Questa ragazzina non vale niente>>

La voce sgraziata del mercante s'intromise nel silenzioso dialogo che stava avvenendo tra me e l'angelo corvino, una voce straziante, che sogghignando disse ancora:
<<se ne vuole una buona da far prostituire, o da usare come servetta,  ho queste bellezze qui con me>>
E mentre terminava di pronunciare quelle disgustose parole, zoppicò verso due fanciulline poco più grandi di me, forse sorelle, e afferratele, strappò le vesti indegne alle due bambine, mettendo a nudo la loro pelle ambrata, e quelle forme femminee non ancora sviluppate ma che già erano state private della loro purezza ed innocenza. Lo sguardo perso ed adombrato di una delle due disgraziate fissava il terreno polveroso di quell'immenso mercato di umani privati della propria libertà. Ella impassibile, si fece strappare le veste putrida e lacera mostrando quel corpo devastato dalle continue percosse e segnato da una moltitudine di cicatrici ed ecchimosi varie, mentre la mano del viscido mercante scivolava abile come una serpe sulla ragazzina, toccando e palpando quell'involucro vuoto come se si trattasse di un qualche tipo di frutto di cui bisogna tastare la consistenza per decretarne la maturità. L'altra, invece, piangeva come una disperata chiamando sommessamente la madre ed il padre, e le sue grida erano come tonfi sordi nello strepitio marcio e cupo dell'inferno nel quale mi trovavo.
La donna che aveva deciso di acquistarmi guardò con assoluta impossibilità quel disgustoso teatrino offerto da quell'uomo putrescente nell'animo, e con freddezza imperturbabile disse nuovamente quelle parole, che fecero salire un brivido glaciale su per la mia schiena:
                         <<voglio lei.>>
Il mercante smise di tastare quel povero corpo martoriato e spinse le due giovani ad un lato della tenda dove teneva la sua "merce", sputò per terra e disse con tono nauseato: <<Questa qua viene solo 10 monete d'oro, fa davvero schifo>>
Allorché la donna lanciò celermente al mercante un piccolo sacchetto contente i danari quanti bastavano, si genuflesse verso di me, accennando un piccolo sorriso e mi disse con voce melliflua:
<<Piacere di conoscerti, cara. Mi chiamo Lidia, il tuo nome qual è?>>

Quel suo viso grazioso, gli occhi grandi e profondi dove miriadi di luci danzanti si mescolavano dolcemente con quel color violaceo dell'iride, le grandi labbra vermiglie e sorridenti che trasmettevano fiducia e calore.
Divenni paonazza in volto, abbassai lo sguardo e cominciai a grattare il dorso della mano sinistra e dissi con voce tremante il mio nome:
<<N...Ninphadora, mia p-padrona.>>
Improvvisamente sentì la sua dolce risata sommessa ed accarezzò il mio viso infuocato dall'emozione improvvisa, il suo tocco aggraziato ed affettuoso mi fece trasalire, cominciai a tremare e fui affascinata, ma al contempo stesso intimorita da quel gesto amorevole nei miei confronti, nei confronti di un mero oggetto come me. Successivamente mi prese per mano, e mi portò via da quel loco infernale senza nome, oltre il vasto oceano vinaccio e disi addio a quella che fu la mia terra natia.

-An Ancient Story-Where stories live. Discover now