Un padre dolcemente autoritario

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Convinto di voler narrare la storia di Katerinë al mondo, ci mettemmo a sedere ad un tavolo e le dissi:
-Nonna raccontami un po' le tue origini: quando e dove sei nata, narrami dei tuoi parenti.

"Caro nipote non mi chiedi poco, sappilo, ma ci proverò.
La mia data di nascita non saprei ben dirtela perché mi è stato detto di essere nata a Settembre, mentre nel passaporto mi hanno segnato Ottobre, comunque il periodo è l'autunno del lontano 1930.
Per quanto riguarda il posto, sono nata in Suka Dajçit ma da vera Malësore (letteralmente abitante della montagna ma in Albania ha un significa profondo che spiegherò in un capitolo successivo, ndr) ho vissuto in un luogo montano chiamato Dedajt Shkorelit.
Avevamo una piccola casa in delle pessime condizioni. La casa era composta da tre stanze, se così si possono chiamare: cucina, saletta e camere da letto. Abitavamo in molti in quella casa, perché a quei tempi i fratelli vivevano tutti insieme per tenere unita la famiglia. Bello come pensiero anche se poi nella pratica le donne della famiglia erano sempre in difficoltà perché dovevano lavare, cucinare per 15 persone quando andava bene.
Non credo tu abbia mai visto il mio luogo natale ma stai tranquillo, non ti perdi assolutamente nulla. Andando in quelle zone si vede solamente il nulla: enormi zone con erba e rocce, che danno una sensazione di vuoto. Però per me rimane un posto speciale perché profuma di casa e fa affiorare molti ricordi dentro di me, ma purtroppo ora non sono in delle condizioni di salute che mi permettano di andare a rivedere quelle montagne.
Ripensando a quelle terre mi ricordo mio padre: l'uomo che più ho amato, oltre a Dedë tuo nonno, e che pur essendo autoritario, come un vero padre di famiglia doveva essere ai miei tempi, con me era sempre di una dolcezza sorprendente.
Pur avendo tanti figli, papà mi guardava con occhi particolari, forse perché ero la figlia femmina più piccola, o forse perché essendo sempre stata gracilina gli facevo tenerezza... questo non so dirtelo. So soltanto che ricordo ancora i suoi occhi bianchi simili ai miei, pur essendo passato così tanto tempo, e ricordo quello sguardo che a tratti incuteva terrore ma sapeva essere anche dolcissimo.
Eppure non ricordo mai una volta che mi abbia detto ti voglio bene, ripensandoci però non ce ne era bisogno.
Dall'altra parte non ricordo nemmeno uno schiaffo, seppur qualche volta forse me lo sarei meritato, ma ricordo che una volta, dopo che io avevo fatto un piccolo guaio da bambina, come mettere le mani nel piatto comune nel quale mangiavamo prima degli uomini presenti al tavolo, mi guardò molto male e questo mi bastò. Finita quella cena mi chiamò in un altra camera ed terrorizzata andai pensando che sarei uscita lì in delle condizioni pessime. Il suo sguardo era naturalmente arrabbiato, di quelli che incutono timore, ma non alzo le mani, ma mi disse: -mettiti a sedere qui davanti a me.
Seppur il suo sguardo fosse lo stesso rispetto a pochi secondi prima mi sentii più tranquilla, forse perché sapevo già di averla scampata, però mi affrettai ad eseguire i suoi ordini per capire come sarebbe finita e lui continuò a parlare:
-Tu sai che hai fatto una cosa che non si deve fare vero?
-Si lo so.
Avevo lo sguardo basso e guardavo le mie mani che stringevo l'una con l'altra.
-Perché lo hai fatto se sai che non va fatto?
-Non lo so, avevo molta fame...
-Sai che figura mi hai fatto fare?
-Si... ma non volevo...
-Hai messo la fame davanti al rispetto e questo non è il risultato del mio insegnamento. Adesso i nostri ospiti penseranno che io non ti ho saputo educare e vedendo quello che è successo oggi forse hanno ragione. Sappi che con il gesto di oggi non hai mancato di rispetto solo a me o agli ospiti, ma alla nostra famiglia ed al suo nome!
Fu una frase che mi colpì nel cuore. Avrei preferito schiaffi a quelle parole. Le lacrime cominciarono a cadermi dalle guance e per molti altri giorni nella testa mi rimbombava la frase "sappi che con il gesto di oggi non hai mancato di rispetto solo a me o agli ospiti, ma alla nostra famiglia ed al suo nome".
Vedendo le mie lacrime capì che aveva preso nel segno e non continuò, ma si alzò ed uscì dalla stanza lasciandomi a sedere per terra con le lacrime che ormai mi scendevano sul petto.
Sono passati quasi 80 anni da quel giorno eppure lo ricordo ancora perché imparai due lezioni importanti: il rispetto va messo prima di qualsiasi altra cosa, ma soprattutto che le parole feriscono più di mille colpi."

Mi stupii vedendo mia nonna alla quale scendeva una lacrima e sinceramente non capisco ancora se era per il ricordo di suo padre o per l'episodio di per sè, ipotizzando la seconda decisi di continuare cambiando discorso ma rimanendo sempre sul mio bisnonno.
-Nonna tu sai che io non ho conosciuto il bisnonno, ma so che lui ha vissuto la prima guerra mondiale. Potresti narrarmi qualche suo racconto? Come la descriveva lui quella guerra?

"A dirti la verità riguardo a Lufta e Madhe (la Grande Guerra) non ho molto da dirti perché a lui non piaceva parlarne. So che lui giovanissimo, a soli 16 anni, partecipò nella Guerra dei Balcani. Ogni tanto ci raccontava l'arrivo del Montenegro a Shkodër e quanto per lui fu difficile vivere 3 anni della sua vita in delle condizioni ancor peggiori di quelle in cui vivevamo a quei tempi. Parlando della Grande Guerra concludeva sempre dicendo: -Ringrazio Dio perché mi ha tenuto vivo e lo ringrazio per quel che mi ha dato, pur non essendo molto, ma è sempre meglio di quella carneficina.
Io non so dirti storicamente cosa sia accaduto, perché non ho ne studiato a scuola e non avevamo le televisioni e computer di oggi per poter vedere cosa accade, so solo che mio padre, quando ne parlava, raccontava scene di morte, centinaia di uomini alla volta uccisi, brutte malattie dentro le buche interrate nelle quali stavano i soldati, scene di un inferno in terra.
Diceva però sempre con un certo orgoglio: -Dopo anni di sottomissione non potevamo farci invadere da altre nazioni e l'amor di patria ha vinto!"
I suoi occhi s'illuminavano quando diceva queste parole che era una delle colonne portanti della sua filosofia: -Bisogna amare e proteggere la patria come si deve amare e proteggere la propria famiglia.
Ha sempre cercato di proteggerci e di farci avere una vita decente pur non essendoci riuscito perché la vita a quei tempi era dura.
Con una situazione di vita così difficile la nostra unica salvezza era ed è la Fede. È stato Nostro Signore a tenerci in vita ed è per questo che gli sono e Gli sarò sempre riconoscente."

Con questa frase e con lo sguardo che aveva mia nonna mentre mi diceva queste parole capii il perché di tutti quei giri per casa con il rosario in mano mentre sussurrava preghiere in albanese, il perché delle sue lacrime quando le dicevo che parti della Bibbia sono pura e mera mitologia, il perché dell'Amore che si legge dai suoi occhi quando parla del Signore.
La Fede è e rimarrà sempre la sua unica sicurezza e darebbe la vita per difenderla.
Possiamo chiamarla estremista?
A tratti l'ho pensato, ma starà a voi fare un resoconto della storia di una Cristiana.

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