Cap. 1

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Era una sera come tante altre a Parigi: la città splendeva per le luci da cui prendeva il nome, la Tour Eiffel torreggiava verso il cielo, fiera di essere il simbolo del meraviglioso capoluogo francese, e la luna faceva da custode ai sogni delle persone addormentate.

Marinette stava camminando verso casa dopo essere uscita da quella della sua migliore amica: Alya l'aveva invitata per una serata tra amiche, ma, una cosa tira l'altra, si fece mezzanotte passata.

La corvina riusciva ad orientarsi facilmente grazie alla memoria -poiché aveva percorso quel tragitto migliaia di volte- ed alle luci dei lampioni, almeno finché rimase sulla strada principale, ma quando svoltò in un vicolo per la sua solita scorciatoia, erano i raggi chiari della luna e la torcia del cellulare a guidarla.

La ragazza pregò con tutta se stessa che la batteria non l'abbandonasse in un luogo tetro come quello, ma lei era famosa tra i suoi amici per la sua cattiva sorte: il cellulare si spense nel punto più scuro, dove la luna era coperta dai camini della casa alla sua destra.

«Coraggio Marinette.» inspirò, cercando di darsi coraggio. «Fai questa strada tutti i giorni, ormai la conosci a memoria.» continuò, riprendendo a camminare e ignorando il soffio di un gatto che aveva svegliato. «Ma di giorno è meno spaventosa...» piagnucolò, mettendo il cellulare, ormai inutilizzabile, nella tasca destra anteriore dei jeans.

La ragazza continuò a camminare con passo spedito, decisa più che mai di tornare a casa il più velocemente possibile, appuntandosi mentalmente di non passare mai più per quella strada durante la notte; piuttosto avrebbe fatto il giro più lungo.

Marinette, parlando tra sé e sé per cercare di tranquillizzarsi, non si accorse dell'uomo che la stava seguendo da ormai qualche minuto.

Solo quando lo sentì troppo vicino si immobilizzò sul posto, pietrificata dalla paura.

«Guarda, guarda, cosa abbiamo qui.» ridacchiò l'uomo, facendo premere il suo corpo contro quello della corvina, che deglutì. «Che ci fa qui una ragazza come te? Ti sei persa?»

La giovane non rispose, sentendo le lacrime agli occhi non appena sentì la mano ruvida ed umida dell'uomo percorrerle il braccio per raggiungerle la vita, mentre con l'altra le solleticò la pelle del collo.

«Sembra che sia la mia notte fortunata: una bella fanciulla mi ha fatto visita nel cuore della notte. –ridacchiò– E pensare che volevo approfittare di qualche puttana di passaggio.»

Marinette smise di respirare quando lo sentì scendere con le mani verso i jeans, continuando a respirare con il suo alito fetido nell'orecchio.

«Rilassati. Vedrai che ti piacerà.»

Doveva reagire, ma non riusciva a muovere nessun muscolo, ed in più non sapeva combattere, mentre di urlare non se parlava nemmeno: e se quell'uomo fosse stato armato? L'avrebbe ferita o, peggio ancora, uccisa.

Non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così: stuprata in un vicolo buio.

«Questo ti insegna a non passeggiare da sola di notte. Strano che la tua mammina non ti abbia insegnato niente.»

Eppure sua madre continuava a ripeterglielo, ma lei non l'aveva ascoltata, pensando che non sarebbe successo niente.

Ed ora eccola lì, imprigionata da un uomo che voleva violentarla.

Sentì l'uomo canticchiare allegramente non appena riuscì a sbottonarle i jeans, tentando di abbassarglieli.

Marinette tentò di fare resistenza.

«Se fossi in te resterei ferma. Non voglio farti del ma–»

Le parole di finta rassicurazione dell'uomo furono interrotte da un ringhio proveniente alle sue spalle.

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