Capitolo 22 - Karl🌹

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"Un gruppo di donne della fabbrica erano finite ad Auschwitz, Oskar andò al campo di persona e se le riprese con i suoi soliti mezzi, corrompendo i responsabili del lager. Bottiglie, gioielli, sigari, sembra avesse convinto anche la sua segretaria nonché amante ad andare a letto con uno dei comandanti. Formalmente disse ai comandanti di Auschwitz: «Ridatemele, sono operaie specializzate. Non le posso rimpiazzare così su due piedi. Le ho addestrate io stesso per anni, lucidano bossoli da 45 millimetri»".

Testimonianza di Moshe Bejski, sopravvissuto a Plaszow. Aveva avuto la fortuna di finire nella "Lista" di Oskar  Schindler.

Karl era un uomo d'affari alto ed elegante che, pur essendo contrario alle leggi razziali, aveva capito che per arricchirsi doveva legarsi ai comandanti militari

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Karl era un uomo d'affari alto ed elegante che, pur essendo contrario alle leggi razziali, aveva capito che per arricchirsi doveva legarsi ai comandanti militari. Egli, infatti, li frequentò per corromperli, gli procurava sigarette, cognac e altri articoli di lusso difficilmente reperibili in tempi di guerra. Quando però l'accanimento verso gli ebrei raggiunse il culmine, il suo obiettivo non fu solo quello di accrescere le sue finanze, ma anche e soprattutto quello di salvare più vite possibili. Riuscì, infatti, a farsi assegnare alcune centinaia di loro come operai in una fabbrica di pentole e, fra questi, voleva ci fosse anche Tea. Per questo motivo, nonostante il clima di astio che si era creato a causa del suo socio, Karl aveva richiesto un nuovo incontro con il comandante di Auschwitz e, quando quel giorno arrivò, tutto si sarebbe aspettato di vedere tranne un soldato nazista ed un'ebrea che si guardavano senza odio ma, anzi, si sorridevano.

L'imprenditore rimase stupito perché in quel luogo atti del genere fra vittima e carnefice erano praticamente nulli.

«Mark.» Karl, accolto in casa da un'anziana donna, richiamò l'attenzione del comandante entrando in salone. Il Kommandant, seduto sul divano con un giornale in mano mentre Tea gli preparava la cena, fu colto di sorpresa e si voltò verso lui facendo scomparire il sorriso dal suo volto per ritornare ad indossare la sua maschera di freddezza.

«Karl.» sputò fuori a denti stretti mentre l'attimo dopo serrava i pugni ricordando quell'essere che, pochi giorni prima, aveva osato toccare Tea.
Quest'ultima, avvertendo il clima di freddezza, rimase in disparte col capo chino, proprio come una perfetta schiava domestica. Karl le lanciò una rapida occhiata, per poi dedicare la sua attenzione a Mark.

«Avete ucciso un mio operaio, ho perso tempo e denaro.» L'imprenditore andò dritto al punto, suscitando l'ilarità di Mark.

«Era zoppo.» Rispose infatti quest'ultimo, ripiegando il giornale sul tavolino da tè.
Tea, invece, abbassó lo sguardo triste sulla pentola fumante cercando di ignorare quella conversazione.

«Era un operaio specializzato. È difficile trovarne.» Replicó ancora Karl con tono deciso.

«E cosa dovrei fare io?» chiese Mark, leggermente spazientito.

«Darmene un altro, preferibilmente una donna.» la risposta di Karl infastidì leggermente il comandante che, alzatosi, si avvicinò a lui dando le spalle a Tea.

La rosa di AuschwitzWhere stories live. Discover now