1970

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Era il 1970, ero seduta ad un bar, ad aspettare l'ennesimo ragazzo, che come al solito mi aveva dato buca. Stavo lí ad osservare il mio bicchiere vuoto quando finalmente lui arriva: "Cavolo Danny ce ne hai messo di tempo!" dico mentre alzo lo sguardo. Subito mi accorsi che pero non era Danny, ma un bel ragazzo, con i capelli neri, una bellissima giacca di pelle e un sorriso da figo, quelli un po' storti, che conferiscono un aria da pervertito o da cretino, raramente da bel tipo. Ma la cosa piú bella erano i suoi occhi, di un azzurro intenso, profondi, di quelli da saggio che sanno com'è il mondo perché l'hanno visto tutto, da cima a fondo, ma che allo stesso tempo sperano che qualcosa cambi, e intanto prendono tutto per gioco. Ma quella era una mia impressione, perché quel ragazzo non doveva avere piú di una trentina d'anni. Lui si guardò intorno e disse: " Non so chi è questo Danny, ma non credo che ti dispiacerà se prendo momentaneamente il suo posto, vero?". Poi, come se l'avessi invitato, prese un bicchiere e si versò un po' troppo whisky, per i miei gusti, ma a lui sembrò non cambiare niente. "Che cosa ti porta in questa città, in questo locale, a questo tavolo?" Dissi sfacciata, per capire chi era quel bel ragazzo misterioso. "Sono di passaggio, tutto qui, devo andare a combattere per aiutare la mia patria e bla bla bla, tutte quelle storie da nazionalista. Sai sono un soldato, soldato Damon Salvatore, per la precisione, al suo servizio!" Disse, facendo finta di togliersi un cappello inesistente. "E come mai sei in questo locale sgangherato? Ai soldati non è permesso ubriacarsi, mi sembra." "Avevo voglia di un po' di svago, quindi sono scappato." disse con una faccia da menefreghista, proprio come se non gli importasse niente della vita e della guerra, e che prendesse tutto per gioco, come avevo pensato dai suoi occhi. "Il tavolo delle ballerine è da quella parte" dissi scocciata. Lui voleva divertirsi, e di sicuro non poteva con me. "Lo so, ma non mi sono mai piaciute le ballerine, sono praticamente dei grissini... e hanno dei piedi che sono una cosa orribile!" mi disse, sussurrandomi l'ultima frase all'orecchio. Poteva essere che quell'uomo, questo valoroso soldato, non si fosse seduto al mio tavolo per sbaglio? Che magari, mi ha visto e non ha fatto la faccia schifata che fanno quasi tutti? Una speranza mi si accese negli occhi: "Comunque non mi sono ancora presentata, sono Jules, la contabile Jules, per la precisione, al suo servizio!" Dissi sorridendo. "Contabile eh? Un lavoro non da poco, devi aver studiato molto... mi piaci, sai, una donna che non si fa mettere i piedi in testa, non e facile trovare una ragazza intelligente da queste parti, vanno tutti a fare figlioletti dopo la scuola!" Io arrossii, e mi misi a mangiucchiarmi le unghie, ma subito dopo smisi, per cercare di darmi un contegno. Lui sollevò la testa, guardò un po' in giro e disse:"Cavolo adoro questa canzone, è un classico. Ti va di ballare col diavolo?" Disse alzandosi e porgendomi la mano, leggermente inclinato, come fanno i signori snob quando invitano una dama a quei brutti balli. Io, di risposta, lo guardai meravigliata:"Veramente mi vuoi invitare a ballare?" "Ti sembra che stia scherzando?" disse prendendomi la mano e facendomi alzare. Andammo al centro della sala, come se volesse mostrare a tutti quel che sapevamo fare. Ma c'era un piccolo particolare:" Ehm... io non so ballare" dissi visibilmente in imbarazzo. "Dipende da chi ti guida" mi confortò lui, sicuro di se. Poi, inaspettatamente, mi prese, mi avvicinò a se, e inizio a farmi girare, muovendo i piedi, facendomi fare salti e piroette, e io non dovetti quasi fare niente, mentre lui mi trasportava. Finito il ballo, mi guardai intorno e mi accorsi che tutte le persone si erano fermate, e ci guardavano a occhi sgranati. Dopo un interminabile secondo, scoppiò una marea di applausi, e Damon, sorridendo, mi portò fuori dal locale. Fuori ci mettemmo entrambi a ridere, spensierati, e incominciammo a camminare. Parlavamo. O più che altro io parlavo e lui faceva battute a volte pungenti, altre no, sul mio o sul suo passato. Mi raccontò di come fosse finito a combattere, del fratello Stefan che non vedeva da tanti anni, della madre Lily che era morta quando era ragazzo e del padre Giuseppe, che lo aveva quasi ucciso. Io invece parlai dei miei studi, dell'università, di come fù difficile trovare lavoro ad una donna, ma in confronto a lui, e in sua presenza, mi sembrava di vivere in paradiso. Ad un certo punto, inaspettatamente, mi prese la mano.

Appuntamento Con Damon SalvatoreWhere stories live. Discover now