Adesso però si trovava in una situazione difficile e non poteva correre semplicemente via.

Si era dato una sistemata e fasciato con un Ferula le nocche, aveva preso un respiro profondo e poi era uscito fuori dallo stanzino con la solita aria distaccata dal mondo che lo circonda. Quella piccola debolezza che si era lasciato sfuggire da adesso giaceva lì inerme e vergognosa come ogni oggetto in quella stanza per anni o forse secoli, come le parole di due ragazzi che nella più completa non conoscenza di ciò che stava accadendo fuori dal sicuro castello di Hogwarts, stavano sollevando di alcune preoccupazioni il cuore di un uomo e di un ragazzo.

Hermione invece era ancora profondamente in collera per essere stata così irrazionale ed essersi messa nei casini, per la superbia e la così calcolata freddezza del responsabile principale della sua collera, per la proposta indecente ricevuta e ancor di più per l'impossibilità di un rifiuto.
Camminava a passo fermo e pesante verso la Torre, a testa alta, pugni stretti in una morsa capace di strangolare il primo sfortunato studente che errabondava per i corridoi del castello per un qualsivoglia motivo, i capelli che sembravano aver assorbito, come radici di un albero, la linfa acerba che le scorreva dentro si muovevano al ritmo cadenzato dei suoi passi come la criniera di un leone.

I suoi pensieri erano riassumibili in una lista di insulti stillata anni prima perciò consunta, un po' ingiallita, con un angolo mancante e decisamente spiegazzata visto e considerato che veniva tolta fuori dalla tasca ad ogni spiacevole incontro con il suddetto Draco Malfoy.

Travolta dal turbinio delle sue emozioni non si rese conto di essere arrivata davanti ad una impronciata Signora Grassa che si lamentava per l'orario, ma nonostante questo al suono della parola termostato il quadro si aprì lasciando passare la giovane Grifona.
Stava per dirigersi verso il suo dormitorio se non fosse stato per quel principio alla base dell'amicizia che porta ogni amico ad accorgersi che c'è qualcosa che non va nell'altro che invece tenta comunque inutilmente di nasconderlo a un paio di occhi ormai così troppo esperti. O in questo caso dovremmo dire quattro occhi.

- Vuoi dirmi che cosa ti sta succedendo o vuoi che continui a far finta di non accorgermene e aspettare che me ne parli?-

Hermione cacciò un urletto quando la voce profonda e stanca di Harry la colpì alle spalle.
Si volse verso l'amico che era seduto su una poltrona con i capelli scompigliati e gli occhiali in una mano mentre con l'altra si massaggiava la fronte.

Hermione si avvicinò all'amico addolcendo la sua espressione al pensiero che l'avesse aspettata in un dormiveglia.
Gli passò una mano tra i capelli neri e corti a mo' di carezza.
Harry batté una mano sulla poltrona rossa accanto alla sua chiedendole con quella muta domanda di sedersi accanto a lui.

Hermione non se lo fece ripetere due volte, ma l'idea di dover raccontare ciò che le era successo da un mese a questa parte non la faceva di certo sentire bene e l'episodio di poco fa non l'aiutava, anzi la faceva sentire ancora peggio.

- Allora Hermione? Siamo ritornati a quel periodo?-

Il tono di Harry risuonò alle orecchie di Hermione più accusatorio di quanto invece era realmente.

- Non voglio che lo pensi Harry, uno sbaglio non può ritenersi una consuetudine. O almeno non sempre.-

Harry si accorse quanto provocatorio fosse risultato il suo rimprovero e quanto l'avesse colpita nell'orgoglio.

- Lo so, volevo solo dire che... io beh... sei un po' più riservata ultimamente e mi sembra di rivedere 'quella Hermione'.-
Harry le sorrise un po' imbarazzato.

- Quella Hermione?-
Chiese di rimando la diretta interessata sorridendo confusa all'amico.

- L'Hermione che nascondeva qualcosa più grande di se stessa e che poi ha finito per farle del male.-

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