Tutto sembrava essere immobile, l'unico rumore era la sfera della biro che grattava sul foglio, riversando su carta tutto ciò che non andava in lui. Aveva smesso di fissare il vuoto appena si era reso conto del ticchettio dell'orologio appeso alla parete, da quel momento non era più riuscito a distogliere lo sguardo, seguendo lo scorrere delle lancette.
Avrebbe preferito sentirsi dire qualcosa invece di restare in attesa, soprattutto dopo quello che era successo la sera prima, per non parlare di quella notte insonne che aveva trascorso ad urlare. Ma il dottore continuava a scrivere e i minuti passavano, come se avessero tutto il tempo del mondo, ma Tyler sapeva che gli avrebbe dedicato giusto quei quarantacinque minuti che doveva dedicargli, poi sarebbe passato al prossimo paziente.
All'inizio l'aveva trovato rassicurante. Si ricordava bene ciò che aveva provato, quella sensazione di essersi appena tolto dalle spalle un macigno che sentiva di portarsi dietro da sempre. Aveva ricominciato a respirare, a sentirsi bene, proprio come avrebbe dovuto. Ma non era durata. Non era passato molto prima di realizzare che era solo uno fra i tanti, che raccontare ciò che gli frullava nella testa non cancellava un bel niente, perché anche dopo aver passato l'ora a parlare restava il fatto che a nessuno importava di tutto quello.
Discutere di come si sentisse inutile in un mondo così grande, dopo un po', l'aveva fatto sentire ancora più inutile. Continuava a non fare nulla finché non arrivava il giovedì, andava sempre dallo stessa donna di mezz'età che indossava il solito camice bianco — perché, in effetti, solo se aveva quel camice addosso era autorizzata ad importarsene di quello che diceva, di tutta la sofferenza che vomitava in una stanza che condividevano per appena sessanta minuti —, gli raccontava che odiava pensare di dover vivere senza uno scopo, dopodiché andava a casa e forse la sera piangeva un po', poi tornava a non far nulla fino al giovedì successivo.
Ma a quei tempi era solo un ragazzino.
Decise di distogliere lo sguardo dall'orologio e di concentrarsi sul medico, fissandolo intensamente, sperando di attirare la sua attenzione. Non voleva restare lì un attimo di più, voleva andare a casa. Ma nessuno lo ascoltava.
‹‹ Porta pazienza. ›› gli disse l'uomo, il tono pieno di una sufficienza che a Tyler non piacque affatto.
‹‹ Non mi va più di aspettare. ›› fece, strusciando la sedia sul pavimento, provocando un rumore stridulo che lo fece rabbrividire, mettendosi in piedi. ‹‹ A meno che non sta compilando il modulo delle mie dimissioni, non ho intenzione di aspettare. ››
Il dottore, allora, decise finalmente di mettere da parte i fogli per dedicare tutta la sua attenzione al ragazzo di fronte a lui. Tyler si sporse un po' in avanti, appoggiando i pugni chiusi sulla scrivania, senza distogliere lo sguardo dal viso dell'uomo neanche per un attimo.
‹‹ Non credo che tu stia facendo la scelta giusta. Che ne dici se ti accomodi di nuovo e ne parliamo? ›› gli propose il medico, guardandolo da dietro gli occhiali tondi, indicandogli la sedia con un movimento che agli occhi del ragazzo apparì quasi meccanico. ‹‹ Non c'è fretta. ››
Tyler si perse in una risata amara mentre scuoteva il capo e si allontanava dall'altro, cominciando a camminare per la stanza. Non riusciva a capacitarsi di star assistendo ancora all'ennesima recita di quel dannato copione che tutti — letteralmente tutti — non facevano altro che ripetere in quel posto.
Quella voce, quelle parole, quell'espressione. Era vero, quindi, che pensavano di star avendo a che fare con persone che non erano abbastanza stabili da distinguere un comportamento sincero da quello? Come se avessero bisogno di quello nelle loro vite di merda.
‹‹ Lei deve capire che io non sono l'ennesimo pazzo che vuole uscire da quella porta e uccidersi. ›› ''E anche se fosse, la prima volta non siete stati comunque in grado di fermarmi dal provarci, cosa vi fa credere che potete riuscirci adesso?'' ma questo si trattenne dal dirlo, non volendo peggiorare la situazione già precaria in cui si trovava. ‹‹ Non ce n'è bisogno se qui sto già morendo, non crede? Ogni giorno è peggio di quello precedente, mi sento malato quando dovreste farmi sentire bene, ed io voglio solo tornare a casa. Solo tornare a casa, non chiedo altro. ›› disse, rendendosi conto di star tremando, non accorgendosi, però, che aveva cominciato ad alzare la voce.
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all we are is bullets, i mean this :: joshler
Fanfiction---- ❛❛ La mia testa non faceva altro che urlare, in particolare la notte, quando non riuscivo a capire se la realtà esistesse davvero. Ma quando Josh era con me tutto taceva. Le voci smettevano di accavallarsi, non mi dicevano più cosa fare, non s...
