CAPITOLO I (R)✔ - Cielo a pecorelle, acqua a catinelle

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Il cielo sopra Genova quella mattina sembrava un dipinto di Constable: un'immensa distesa azzurra spruzzata a olio da milioni di piccole nuvole bianche.

"Cielo a pecorelle acqua a catinelle..."

Alessandro, portandosi gli occhiali da sole sulla testa, sorrise al ricordo di quel proverbio, che insieme a tanti altri, recitava sempre sua nonna. Il caldo afoso che bruciava l'asfalto già in quelle prime ore del mattino non sembrava affatto un presagio di pioggia, così come non lo era quella leggera, quanto quasi impercettibile brezza, che a malapena riusciva a smuovere le foglie dei due ciliegi che dominavano il cortile condominiale.
Scuotendo la testa divertito aprì lo sportello della sua auto e dopo aver stampato un bacio sulle guanciotte piene della sua piccola Aurora, la sistemò con cura sul seggiolino.

Trasalì, sbattendo violentemente la testa sul montante quando una pallonata centrò il finestrino a pochi centimetri dalla sua faccia. Il suo primogenito di sette anni, Leonardo, gli si fece vicino con espressione colpevole, seguito a ruota da uno scodinzolante Loky, il loro pastore tedesco.

- Leo, vedi di calmarti un po', potrai giocare e scatenarti con la palla quando arriveremo al mare. - lo ammonì Alessandro, sorridendo quando lo vide tornare a correre felice con il suo cane.

Finalmente, dopo ben tre settimane di lavoro ininterrotto, poteva godersi una domenica al mare con la sua famiglia. Essere un ispettore di polizia della omicidi aveva i suoi pro, pochi, e i suoi contro... tanti. Uno di questi era proprio il fatto di trovarsi spesso costretto a dover trascurare moglie e figli, esattamente come in quell'ultimo periodo; durante il quale, a causa di un delitto piuttosto efferato, era stato davvero poco il tempo che gli era rimasto a disposizione da dedicare loro.

Era incredibile pensare che giunti al sette di agosto non avesse ancora visto il mare se non dal balcone di casa o passandoci accanto con la sua auto. Non vedeva l'ora di trovarsi in ammollo e di godersi il caldo sole estivo senza la costrizione di camicie, giacche e tutto ciò che di formale doveva quotidianamente indossare.
A tal proposito si soffermò a scrutare la propria figura riflessa nei finestrini della sua 500 X: non gli sembrava vero di avere ai piedi un paio di semplici e comode infradito, per non parlare della polo avana e dei bermuda che gli coprivano appena le ginocchia. Fece l'occhiolino ad Aurora, che lo osservava compiaciuta sbattendo tra di loro le manine, evidentemente soddisfatta del look vacanziero sfoggiato dal padre.

Distolse lo sguardo dalla figlia e sospirò, controllando spazientito l'ora sul proprio smartphone. Jessica, sua moglie, ci stava mettendo una vita a scendere. Se la immaginò mentre trafelata riempiva l'ennesima borsa frigo, intenta a controllare che tutte le finestre fossero chiuse, così come il gas o ancora mentre riempiva la ciotola del gatto di una tale quantità di croccantini sufficienti a sfamare un'intera colonia felina: neanche a dire che sarebbero stati fuori chissà quanto.
Richiamò Leonardo, facendogli cenno di controllare la sorella e a passo spedito si diresse verso il portone, deciso a sollecitare la moglie, bloccandosi però dopo appena un paio di passi: impietrito.

No cazzo... taci, ti prego!

Sperò di aver sentito male, sperò che quella vibrazione proveniente dalla tasca posteriore dei bermuda fosse solo un'illusione, magari dettata da un'improvvisa folata di vento. Ma dopo aver posato gli occhi sulle immobili foglie degli alberi e poi ancora, per sicurezza, sulla girandola immota piantata su un vaso del loro balcone, fu costretto a fare i conti con la penosa realtà dei fatti.
Una telefonata a quell'ora e nel suo giorno libero poteva provenire da un solo luogo: il commissariato. Una breve botta di ottimismo lo portò a pensare che forse a chiamarlo era solo Jessica, magari per dirgli che a breve sarebbe scesa...

Sì, come no...

Rassegnato afferrò l'IPhone e una volta visualizzato il mittente sul display non ci furono più dubbi. Nei millesimi di secondo impiegati dalla sua mano per arrivare all'orecchio, vide se stesso osservare l'acqua limpida del mare attraverso un fottuto binocolo: il tutto con una bella nuvola di Fantozzi stazionata sopra la sua testa.

INVICTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora