"I cerchi dell'amicizia"

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Tema della storia: Cerchio

L'estate, quando finiva la scuola, i miei mi mandavano in campagna dai nonni dove non c'era nulla da fare a parte fissare i campi, giocare con qualche gatto randagio o passeggiare per le strade mulattiere prive di asfalto. Non vi nascondo che la cosa non mi piaceva un granché, non avevo un gran rapporto coi nonni, soprattutto con mio nonno. Il suo viso rugoso e sempre abbronzato, le mani callose ed il viso stanco e perennemente imbronciato non mi avevano mai invitato ad avvicinarmi più di tanto. Inutile poi dire, che la mamma era un continuo: "Mi raccomando di qui, mi raccomando di li". Comprendevo che le raccomandazioni della mamma erano a fin di bene, ma a me pesavano come macigni, fino a farmi pensare che ero un peso per loro e così, cercavo di stare in casa il meno possibile.

La mattina, appena mi svegliavo, correvo allo stagno che si trovava dietro la casa oltre la piccola pineta ed, armato di canna da pesca, passavo la mia giornata a pescare e mangiare il cestino che la nonna mi preparava con tanta cura. Inutile dire che, puntualmente, tornavo a casa con un nulla di fatto. Avete mai visto un bambino di città che riesce a pescare con una canna da pesca rudimentale? Beh, io personalmente no. Così, tutte le sere, rincasavo come un animale ferito con la coda tra le gambe e, mentre mia nonna mi accoglieva con un sorriso, mio nonno grugniva qualcosa d'incomprensibile e continuava ad occuparsi del fuoco della cucina.

Avrei tanto voluto chiedergli se un giorno mi avesse fatto vedere come si pescava, ma ogni volta che prendevo coraggio, le raccomandazioni di mia madre mi bloccavano, così, con un po' di amarezza, partivo per la mia solita giornata allo stagno, sperando che quell'interminabile mese, passasse in fretta.

Preparai con cura l'amo, mi assicurai che era ben saldo allo spago, poi presi la canna di bambù a cui era stato legato e lo gettai il più lontano possibile, sospirai, presi posto a sedere vicino al solito ceppo d'albero e rimasi a fissare la superficie del lago in attesa che qualche pesce abboccasse. Un sonno pesante come un macigno prese possesso delle mie palpebre che pian piano si chiusero lentamente, distorcendo il mio campo visivo e fu in quel momento che vidi qualcosa di strano increspare l'acqua. Confuso guardai meglio, un tonfo, poi un altro ed un altro ancora, mentre la superficie dello stagno di animava di piccoli cerchi. Delicati come un acquarello, ma così perfetti da incantarmi.

Rimasi in silenzio trattenendo il fiato e lo spettacolo si replicò, ma questa volta notai qualcosa di diverso, una piccola moneta o un sassolino molto piatto sfiorava l'acqua ogni volta che si sentiva il piccolo tonfo e, da quel contatto, i cerchi prendevano vita vibrando nell'aria.

Seguii con lo sguardo la traiettoria del sasso fino ad arrivare alla persona che l'aveva lanciato e non esagero nel dire che mi si è fermato il cuore dall'emozione! Era una bambina con dei lunghi capelli dello stesso colore del sole, un vestito candido arricchito con dei nastri di svariati colori. Non dava l'impressione di essere del posto.

Mi feci coraggio e provai a salutarla: "Ciao, mi chiamo Dave. Tu come ti chiami?". La bella bambina che pressappoco aveva la mia stessa età mi sorrise inclinando leggermente la testa e corse via.

Sinceramente non so dire se la cosa mi fece piacere o meno, insomma, le avevo chiesto solo il suo nome, no? Eppure lei non solo non mi aveva risposto, ma se l'era addirittura data a gambe! Sospirai sconfortato riprendendo posizione dietro la canna da pesca.

"Ti piace pescare?". La domanda mi colse di sorpresa e mi voltai tutto agitato. La bambina dai lunghi capelli dorati era tornata e mi osservava da lontano.

"Si, ma non sono molto bravo" sorrisi imbarazzato. Lei ricambiò il mio sorriso ed io sentii il cuore battere fortissimo. "Senti, come riesci a fare quella cosa?" chiesi. Lei inclinò il viso di lato: "Quale cosa?" chiese.

Raynor's Hall Short StoryWhere stories live. Discover now