-Smettila di fissarmi- sussurro.

-Sei bella- risponde lui.

-Beh non farlo- borbotto.

Lui sorride e scuote la testa.

-Cam davvero, io...io non riesco più a sopportare tutto ciò, sono stanca di questo tuo silenzio assordante, sono due cavolo di settimane che la mia mente non si dà pace, continuo a fissare le stelle disperatamente, sono due settimane che non chiudo occhio!- urlo con le lacrime agli occhi.

Mi poso una mano sulla fronte e respiro profondamente, sono stanca, semplicemente stanche di questo mondo rifugiato in tante menzogne.

-Giuro che ti racconterò tutto- mormora passandosi una mano fra i capelli.

-No non hai capito- rido nervosamente.

-O me lo dici in questo preciso istante o giuro che ti tratterò come uno sconosciuto-sussurro.

Per la prima volta leggo nel suo viso puro terrore, le sue pupille sono dilatate ed il loro colore è cupo, il suo sguardo cerca aiuto, dispero nel vuoto, come se stesse fissando qualcosa dietro alle mie spalle.

-Guardami Cam!- grido afferrandolo per un braccio.

Lui mi guarda e poggia la sua testa sulla mia spalla. Sospiro e mi stringo al suo petto.

-Ti prego- mormoro senza forze.

-Ho paura che mi lascerai-

-Non lo faró- rispondo.

-Come faccio ad esserne certo?- chiedo con voce tremante.

Mi alzo sulle punte e gli lascio un bacio sulle labbra, che si confonde con l'aspro sapore delle lacrime di entrambi.

-Ti basta questo?- mormoro sfiorando il suo naso.

Deglutisce rumorosamente e si siede in riva al mare.

Fissa il mare e poi apre bocca, mentre io poso la mia testa sulle sue ginocchia.

-Avró avuto poco più di tredici anni quando successe, ricordo che lo avevo fatto solo per aiutare il mio amico a scappare, lui era più grande di me, eravamo con e due fratelli, lui era il maggiore, il mio idolo- si ferma un secondo e sorride scuotendo la testa.

-Lui mi diceva che da grande mi sarei dovuto far valere, che nessuno doveva mettermi i piedi in testa, ricordo che quando piangevo perché mi mancava mia mamma, lui si sedeva accanto a me e mi raccontava le storie dei supereroi, uno aveva il mio nome ed era un tipo un po' imbranato, goffo e ciccione, un tipo buffo- dice ridacchiando.
Sorrido e ridacchio con lui.

-Lui non lo diceva mai, ma alle volte piangeva anche lui, anche se appena arrivavo lui voltava lo sguardo e faceva finta di fissare il paesaggio fuori dalla finestra, poi emetteva un ultimo singhiozzo e si girava verso di me sorridente, come se non fosse successo nulla e quando io gli chiedevo perché stesse piangendo, lui rispondeva solamente che che stava ridendo e dal tanto ridere gli uscivano le lacrime. Sapeva mentire così bene- mormora torturandosi le dita.

-Quando crescemmo la nostra amicizia diventó sempre più forte, io difendevo lui e lui difendeva me, eravamo invincibili, eravamo una coppia che nessuno poteva distruggere, solo uno stupido colpo di pistola poteva rovinare tutto ciò che avevamo costruito- si ferma e sospira.

-Ricordo quel giorno come se stessi per viverlo, avevamo progettato di andarcene dal quel posto maledetto, da quando entrai lì dentro decisi che sarei dovuto fuggire.
Preparammo lo zaino con i pochi vestiti che ci avvolgevano il corpo e presi un pezzo di pane per ognuno. Avevo quattordici anni, forse appena compiuti. Tutto era stato organizzato, tutto era pronto per essere messo in atto, uscimmo silenziosamente  dalla nostra camera e ci avviamo verso la porta. Aspettammo che i passi cessassero di  rimbombare nel silenzio della notte e subito dopo apriamo la porta molto lentamente- sussurra con lo sguardo perso nel vuoto.

Just You And I || Cameron DallasWhere stories live. Discover now