Capitolo 6

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L'appartamento di Daniel era molto lontano da ciò che ci si figura quando si pensa ad un pilota di Formula 1 che vive nel cuore del Principato di Monaco. Era poco più grande del mio a Milton Keynes, l'arredamento semplice ma elegante e moderno, con il nero come colore predominante. Le pareti erano punteggiate di fotografie, per la maggior parte foto di famiglia; il soggiorno appariva ancora più ampio di quanto non fosse grazie all'enorme vetrata che occupava un'intera parete e che conduceva sul balcone.

Da vero gentiluomo, Daniel mi sfilò la giacca, prima di prendere dal frigo due bottiglie di birra e di farmi cenno di seguirlo sul balcone. Ci sistemammo su due poltrone di vimini coperte di cuscini, ai lati di un tavolino di vetro.

-E' bellissimo qui- commentai, senza staccare gli occhi dal cielo che si stava lentamente tingendo di arancione.

-Già- Daniel rispose con un sospiro. Sentivo il suo sguardo addosso, e mi sentii avvampare. Continuavo a sentire la voce di Lex che mi ripeteva "Gli piaci!" come un mantra.

Daniel fortunatamente sembrò intuire il leggero imbarazzo che si stava insinuando tra di noi, e cambiò argomento con una naturalezza quasi sconcertante; parlammo, ovviamente, di corse per la maggior parte del tempo. Mi parlava come parlava con Sebastian, Jenson, Felipe e gli altri, non come se avesse davanti una strana creatura venuta da chissà quale mondo, come mi succedeva con la maggior parte degli uomini da quando correvo in Formula 1. Ero arrivata in questo mondo piena di aspettative e determinata a cambiare la mentalità del pubblico riguardo alle donne pilota, a convincere la gente che una volta indossati tuta e casco e saliti in macchina non c'era più alcuna differenza tra me e il mio compagno di squadra, ma si era rivelata una missione impossibile. Nemmeno vincere un titolo mondiale era servito a far tacere quelli convinti che la mia squadra, per un po' di notorietà in più, mi facesse vincere apposta, costringendo il mio compagno a rallentare gli avversari. Anche per questo ero diventata molto più dura, e avevo ridotto il contatto con il pubblico e i media al minimo sindacale.

Parlare con qualcuno senza dover stare sempre in guardia, pronta a difendermi da battutine o commenti pungenti, era una sensazione meravigliosa. Ero finalmente a mio agio e rilassata; parlammo per ore, le birre diventarono due e scese la sera senza che neanche me ne accorgessi. Solo quando iniziai a tremare di freddo mi resi conto di quanto tempo fosse passato.

-Oddio, la festa!- esclamai, battendomi il palmo della mano sulla fronte non appena vidi l'ora sullo schermo del cellulare -Ti staranno aspettando, mi dispiace di averti trattenuto tanto...- mi affrettai a rientrare e recuperare la giacca appoggiata alla spalliera del divano. Sarei rimasta a parlare con lui anche tutta la notte, ma d'altronde era lui ad essere arrivato sul podio quel pomeriggio, e la festa era in suo onore.

Daniel mi seguì dentro e mi fermò, prendendomi per un braccio -Ehi tranquilla, tanto non avevo intenzione di andare- mi sorrise.

Cercai di non mostrare quanto fossi sollevata -Ma... insomma, è il tuo podio che si festeggia...-.

-Neanche si accorgeranno che non ci sono- fece spallucce -L'importante è che ci sia alcol, tanto alcol-.

Ridacchiai e cercai di non arrossire, al ricordo seppur annebbiato della festa in onore del mio titolo mondiale.

Daniel non aveva ancora lasciato la presa sul mio braccio. Eravamo praticamente nella stessa situazione di tre giorni prima: lui a pochi centimetri da me e il mio cuore che stava spingendo pesantemente sull'acceleratore. La voce di Lex ricominciò a ripetere insistentemente "Gli piaci! Gli piaci! Gli piaci!". L'ultimo pensiero lucido che mi passò per la testa fu quello di infilare una mano in tasca per spegnere il cellulare, dopodiché alzai appena la testa e annullai la poca distanza tra le nostre labbra. Lo baciai piano, per paura che mi rifiutasse e che mi spingesse via. Pregai che non lo facesse, perché avevo appena assaporato quelle labbra e già sentivo di non poterne fare a meno. Dopo un secondo di sorpresa, Daniel schiuse le labbra e ricambiò il bacio. Il mio cuore sembrò spiccare il volo, e allacciai le braccia dietro al suo collo, facendo scorrere avidamente le mani tra i suoi ricci scuri. Lui si spinse contro di me e mi afferrò per i fianchi, appena sotto la maglietta. La mia pelle andò a fuoco al contatto con la sua. Senza staccare le labbra dalle mie Daniel mi sollevò con estrema facilità, mi condusse in camera da letto e si chiuse la porta alle spalle con un calcio.

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