Chi sta male non lo dice

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Mettevamo sempre gli stessi giubbotti con il pelo nel cappuccio e di una taglia in più per coprirci dal freddo. Il primo anno in cui siamo stati insieme, dicembre arrivò subito dopo settembre, i mesi passarono in fretta e quello che accadde in mezzo proprio non riesco a metterlo a fuoco. Furono giorni di piog-gia, d'inverno. La sera, quando i miei andavano a dormire presto, mi chiudevo in camera e sdraiata sul letto mi strusciavo sul cuscino, mi toccavo provando piacere, muovendomi appena per fare meno rumore possibile. Erano gesti che spesso duravano pochi attimi. Diventai presto consapevole del mio corpo. La prima volta che abbiamo fatto l'amore è stata a casa tua. Dopo essere andati al porto, avevi deciso che dovevamo dormire insieme. Io ho provato a dire di no, tu ci sei rimasto male e io ho cambiato subito idea. Era un brutto periodo per noi, tu non riuscivi a controllarti e spesso mi facevi paura. Una sera ti eri presentato con una lettera e mi avevi chiesto di leggerla ad alta voce. Quello era il tuo modo per scusarti e io senza guardarti una volta negli occhi l'avevo presa in mano e avevo iniziato a leggerla: "Che sei bella lo sanno tutti. Ma non tutti sanno che quando ti bacio tra l'orecchio e il collo fai una smorfia di piacere, che di notte anche quando non c'è nessuno parli a bassa voce come a non voler disturbare, che ti addormenti di colpo e respiri piano, che tieni gli occhi chiusi quando baci e le mani sul mento di chi baci. Non sanno che vuoi sentirti protetta, che sei sensibile. Non sanno che provi i brividi se ti bacio sulla schiena, che quando te ne vai, poi fai venire voglia di vederti ancora." Arrivati a casa tua, un po' di paura ne ho provata, perché era la mia prima volta e tu questo non lo sapevi. Ho capito dall'intensità dei tuoi baci che eri eccitato. Avevo paura di deluderti, che non ti sarei piaciuta. Mi hai detto di stare tranquilla e io ti ho ascoltato. Mi baciavi fino al ventre e poi ti fermavi. Mi hai tenuta stretta a te come se temessi di perdermi. Mi toccavi il seno con forza mentre con una mano ti accarezzavo il sesso e con l'altra il volto. Sei entrato dentro di me lentamente, guardandomi negli occhi per rassicurarmi. Eri bello in un modo trasandato e umano. Dopo ci siamo addormentati per un po' con le teste sullo stesso cuscino e il respiro alternato. Nelle settimane successive abbiamo atteso con ansia che mi arrivasse il ciclo. "Mi sono venute." Hai sorriso quando te l'ho detto. Non sapevo però che per te sarebbe stato sempre troppo pre-sto per avere un figlio. Sempre troppo presto per prendersi sul serio.

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