Chi sta male non lo dice

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Compravo il bicarbonato e l'ammoniaca per bagnare le sigarette al supermercato in via Aquileia dove prima lavorava mia madre. Mi salutavano tutti con eccessiva gentilezza quando entravo, quando mi riconoscevano, senza sapere a cosa serviva la mia spesa. In quegli anni non mi sono mai resa conto di come il tempo passasse veloce, di come io avessi accettato i tuoi riti e le tue abitudini, le continue oscillazioni dei tuoi pensieri alterati. Uscivo più spesso, rientravo a notte fonda, mi sentivo bene nonostante tutto. Nonostante la Bossi-Fini e gli sguardi indiscreti, nonostante non avessi nessuno oltre mio padre. Nonostante mi sentissi sola e triste. Vivevo tantissime solitudini. Mi sentivo sola pur trovandomi in mezzo alla gente, quando ero l'unica a rimanere fino a tardi in piazza, mentre mangiavo leggendo un libro aspettando che arrivasse qualcuno o cambiasse qualcosa. I tuoi cambi d'umore erano artificiali, ma non per questo meno reali. Sparivi quando non trovavo i soldi e mi urlavi di cercarmi un lavoro che se no non ti servivo. Allora io tenevo conto delle tue parole in silenzio e nel profondo ci restavo male perché fregarsene è un modo di affrontare la vita che io non ho mai capito. Spesso ho detto "non me ne importa niente" quando non era vero, e rimanevo ferma a guardare fisso un punto lontano e quando spostavo lo sguardo speravo che poi gli occhi di chi mi aveva ferito fossero ancora lì, su di me. Spesso ho mentito a me stessa credendo di essere d'accordo con le decisioni che prendevo e quindi semplificavo immensi messaggi, abbracciavo con gli occhi e amavo in silenzio per paura che la risposta potesse essere un rifiuto. Non volevo farmi del male e invece me ne facevo più di tutti. Ero diffidente e capitava che quando qualcuno che non eri tu si avvicinava, io diventassi seria in un attimo. È difficile mostrarsi indifferenti, convivere con la solitudine di scrivere messaggi che non sono indirizzati a nessuno. Quando ti rivolgevi a me con quei toni, ero capace solo di prendere le mie cose e andarmene, ma poi mi rendevo conto che potevo fuggire dove volevo che non sarebbe comunque cambiato niente, perché dove vai conta fino a un certo punto quando non sai dove posare gli occhi. Tu dovevi essere la mia metà e invece ti prendevi tutto, anche quando non c'eri. Dare troppo non è sbagliato, diventa un problema quando non otteniamo in cambio il sostegno per continuare a farlo.








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