I segni del tempo

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Argomento: la vecchiaia.

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Il generale Grandi salì lentamente le scale, come ogni mattina, misurando il tempo. Aumentava di un pochino ogni giorno, inesorabilmente. Come aumentava la sua fatica nel fare sì che le gambe rispondessero agli stimoli che ricevevano dal cervello. Erano diventate selettive, con il tempo, le sue gambe. Sceglievano a quali comandi ubbidire e quali ignorare. Come le mani, del resto. Quelle avevano dichiarato guerra all'ordine costituito anni prima, quando l'artrite era solo agli inizi. Aveva un bell'urlare per farsi ascoltare, il suo cervello. Niente. Anche il cuore, nell'ultimo periodo, ogni tanto entrava in sciopero. La sua mente no. Quella era sempre la stessa di cinquant'anni prima, né più né meno e sovente si domandava chi mai fosse, quel vecchio rattrappito e grinzoso che vedeva nello specchio ogni mattina.

Il generale Grandi si fermò a metà della scalinata per prendere fiato. Si tolse il cappello e passò una mano fra i radi capelli candidi. Guardò in su, verso il portone che da anni era il suo traguardo. "Ospedale Santa Chiara". Sorrise: riusciva ancora a leggere quella scritta con una certa facilità, nonostante avesse rifiutato di farsi operare agli occhi.

Riprese a salire, era in ritardo. 

Entrò e proseguì diretto verso l'ascensore, inutile fare altra fatica. Stanza tre, letto quindici.

Si sedette silenziosamente e prese con dolcezza, fra le sue, una piccola mano diafana, abbandonata sulle coperte. 

I dottori e gli infermieri in quel letto vedevano solo una vecchina sottile, che stava attaccata alla vita per un miracolo che non erano in grado di comprendere. 

Lui, ogni giorno scorreva con una lieve carezza ogni più sottile ruga di quel viso, che gli parlava di tanti anni vissuti insieme, e vedeva sempre la splendida ragazza bionda di cui si era innamorato al termine della guerra. 

"Il mio generale" sussurrò Emma, aprendo gli occhi, sorprendentemente vivi. 

E, come ogni giorno, perdendosi in quello sguardo, il generale Grandi ebbe di nuovo vent'anni.


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