Prologo

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Il ragazzo si precipitò fuori appena sentì le urla. La pioggia cadeva prepotentemente sulle strade perfettamente asfaltate della più grande metropoli del mondo: New York. Il giovane aveva appena aperto il portone, quando udì il grido disperato. Si guardò attorno e finalmente la vide, era accovacciata, un uomo la stava aggredendo. Come un fulmine, il ragazzo fu dall'altra parte della strada. La donna continuava a gridare e dimenarsi, e lui spinse l'uomo, gli assestò un pugno sul naso e l'altro si riscosse, capì che non aveva possibilità e corse via. Ancora all'erta, i muscoli perfettamente guizzanti sotto la giacca attillata per via dell'incessante pioggia, il ragazzo si voltò a guardare la giovane vittima. Era a terra, il vestito strappato, la borsetta aperta sul marciapiede. Era bella, bionda con due occhi azzurri, i lineamenti del viso morbidi e il corpo perfetto. Probabilmente l'uomo voleva solo rapinarla, ma quando aveva visto quanto era carina, aveva deciso di ottenere di più. Immediatamente, il giovane provò schifo, odiava quell'uomo. Odiava ogni cazzo di uomo che si permetteva anche solo di tentare di violare una ragazza indifesa. Ripudiava quell'atteggiamento di ignoranza, di supremazia, che l'uomo credeva di avere. La ragazza piangeva, immediatamente il giovane si tolse la giacca zuppa e la mise sulle sue spalle, raccolse le sue cose e le rimise nella borsetta, porgendogliela.

«G-grazie di... di avermi aiut-aiutata,» disse lei, tra i singhiozzi. La sua voce era flebile, si udiva in lontananza, ovattata dal rumore della pioggia. L'altro si scrollò l'acqua di dosso, aggiustandosi i capelli ormai appiccicati alla fronte imperlata di un misto tra sudore e pioggia.

«Non dirlo nemmeno, chiunque avrebbe fatto lo stesso,» rispose il giovane, sorridendo debolmente. La ragazza si accorse di quanto lui fosse carino. Aveva un volto amichevole, dei lineamenti per niente duri o rozzi. Gli occhi di lui erano grandi e azzurri, ma diversi da quelli della giovane donna. Quelli del maschio erano più chiari, più glaciali, sembrava quasi di poter scovare un iceberg nelle sue pupille. I capelli, biondo cenere, ricadevano sulla bellissima fronte alta. Le sopracciglia erano curate alla perfezione. La bocca era probabilmente la parte più bella del suo volto: era sottile, delicata ma carnosa. Le labbra erano rosate, e, al solo fissarle, la ragazza immaginava come sarebbe stato ricevere un bacio da lui. Il suo corpo era muscoloso. La maglietta, zuppa e perfettamente aderente, risaltava i pettorali scolpiti, come gli addominali perfettamente disegnati. I bicipiti, tonici, spuntavano da sotto le maniche corte della T-Shirt. Aveva un tatuaggio sul braccio, una frase che lei non riuscì a scorgere.

Vedendo che continuava a piangere e a fissarlo, lui la cinse in un abbraccio. Inizialmente lei fu remissiva, ma successivamente ricambiò, posando la testa sul suo petto e sfogandosi. La pioggia continuava a cadere, incessante, e lui aveva un fottuto freddo, dato che la sua giacca era addosso a lei.

«Vuoi salire? Per lavarti, sei fradicia,» propose. Lei lo squadrò nuovamente, come fosse diffidente. Come se il ragazzo avesse ingaggiato quel tipo per fingere di rapinarla e poi poterla stuprare lui stesso.

«No, gr-grazie, preferisco andare a casa mia,» rispose, sorridendo lentamente. Effettivamente lui la capiva. Probabilmente rifiutò l'invito perché la sua fama lo precedeva. Lui era quello che poteva definirsi un playboy. In realtà, era più di quello. Era un ragazzo frustrato, un giovane che si scopava ogni notte una donna diversa, dimenticando il suo nome al mattino successivo. In tanti si chiedevano perché lui, ragazzo decisamente attraente, intelligente, simpatico, potenzialmente uomo di successo, tenesse quell'atteggiamento. Effettivamente anche lui, spesso, se lo chiedeva. E sapeva perfettamente la risposta, ma non l'avrebbe mai ammesso a voce alta. Era un segreto che si sarebbe portato fin nella tomba.

«Va bene,» disse lui, sorridendo ed aiutandola ad alzarsi. Lei ci pensò su, poi gli fece una domanda che non si sarebbe mai aspettato.

«I-io mi chiamo Rose... posso... posso sapere come ti chiami?» il giovane spalancò gli occhi. Quindi non aveva rifiutato il mio invito per la mia fama da dongiovanni?

«Liam,» rispose lui «Mi chiamo Liam Donovan.»

Just Friends (Trilogy of Secrets, 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora