Capitolo 2

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I raggi del sole entravano persistenti dalla finestra, illuminando parte della stanza. Dalla finestra della mia stanza al castello, non filtrava alcuna luce del sole, solo oscurità. Quella luce emanava una sensazione di calma, era piacevole e calda. La mia stanza era arredata con un grande letto morbido, una scrivania in legno di betulla, una toletta e un grande armadio. Alcuni quadri erano appesi sulle pareti color panna, e il pavimento era di legno di ciliegio. Di solito detestavo quei colori chiari, o vivaci, ma questi non mi dispiacevano. Probabilmente il mondo degli umani mi stava umanizzando, e tirai una smorfia di disgusto a quel pensiero.

Mi vestii con dei pantaloncini e una canotta sportiva, quella mattina volevo fare una corsa al parco vicino casa mia. Scesi le scale e andai in cucina, rovistando tra gli armadietti alla ricerca di qualcosa da magiare. Dovevo assolutamente imparare a cucinare o sarei seriamente morta di fame. Lucifero aveva ragione, dovevo bere del sangue, dovevo nutrirmi come fanno tutti i demoni o questo mi avrebbe portato allo sterminio di un sacco di gente. Tirai fuori dal frigo una sacca di sangue e mi nutrii, sfamandomi del denso liquido rosso, del suo sapore intenso e dalla consistenza liquida. Ma una volta finita una sacca avevo sempre più fame, desideravo sempre più sangue. Dal vetro della finestra vidi i miei occhi rossi, ardenti come le fiamme, i canini erano bianchi e ben affilati. Quello era il mio vero aspetto, quella ero io. Mi ripulii in fretta, pulii ogni traccia di sangue sule mie labbra, sulle mani e aprii le finestre per far sparire l'odore del sangue. Dopo pochi istanti quella sensazione si assopì e il mio volto ritornò come prima.

Corsi per tutto il tragitto. Nel parco vi erano dei bambini che giocavano sulle dondole e gli scivoli, altri giocavano nella sabbia costruendo piccoli castelli dalle forme bizzarre. L'aria non era molto fredda, e l'odore degli alberi era piacevole. Sulle panchine erano seduti alcuni signori intendi a leggere il giornale, e altre persone passeggiavano con i propri cani. Dovevo considerare l'idea di prenderne uno, erano animali molto carini e di ottima compagnia. Iniziai a sentire la gola secca bisognosa di bere un goccio d'acqua.

Per fortuna in lontananza c'era un piccolo bar e al di fuori erano posti dei tavolini ai quali vi era seduta della gente. Entrai dentro il bar andando dritta verso il bancone. Un odore delizioso attirò la mia attenzione, i pancake. Così ordinai un pancake e dell'acqua. Una voce accanto a me risuonava familiare. L'avevo già sentita e capii di chi si trattasse. Il ragazzo dell'altro giorno stava ordinando una bottiglia d'acqua. Era vestito bene, e la sua voce era dolce e melodiosa. Quel giorno non riuscii a sentirlo bene a causa del chiacchiericcio delle persone, ma adesso quella voce risuonava come una piccola cantilena nelle mie orecchie. Si accorse della mia presenza, che lo stavo osservando e spostai il mio sguardo altrove.

<<Tu sei la ragazza del bar, giusto>> disse con un sorrisetto divertito. Come se la mia curiosità non lo disturbasse.

<<Si, sono io>> dissi ricambiando il sorriso.

<<Sai ho il presentimento di averti già visto da qualche parte, ma forse mi sbaglio>> il suo sguardo era dolce, nessuna traccia di malizia. Ah, se era questo il suo modo di attaccare bottone con una ragazza era davvero pessimo. <<Scusami, non volevo darti una brutta impressione, mi ricordi molto qualcuno...>> disse con un sorriso imbarazzato.

<<Me lo dicono spesso>> sembrava leggermi nel pensiero. <<Tu non sei di queste parti?>> Continuavo ad avere uno strano presentimento. Qualcosa non andava, lui non andava, o forse mi sbagliavo.

<<No, sono in visita. Ma anche tu non sei di queste parti giusto?>> i suoi occhi erano come l'oceano profondi e meravigliosi. Era un ragazzo affascinante, intrigante e gentile. Forse mi sbagliavo, forse mi stavo lasciando suggestionare da mio istinto da demone.

La Demone Di Fiamme -  IN  REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora