44.

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Ora lo capiva, lo capiva benissimo.
Mai fidarsi dell'amore.
Amore... Che parola complicata. Corta, è vero, ma con tanti significati quanti ce ne potresti inserire in un libro intero.
Amore. L'ispirazione di molti poeti, scrittori, musicisti.
L'amore è quella cosa che fa girare il mondo... Dicono.
E se invece fosse proprio la sua condanna?
L'essere innamorati è una cosa che si può sopportare.
Si può vivere un'intera vita sapendo di amare una persona, ma nell'attimo esatto in cui questa lo viene a sapere, è il momento in cui o la tua vita sarà davvero tale, o diventerà la tua prigione.
E in quel momento, la vita era diventata la prigione di Hermione.
Come aveva potuto essere tanto stupida da mettere il suo cuore in mano a una persona che non lo meritava e dargli addirittura l'arma con cui avrebbe potuto farlo cessare di battere?
Eppure, si. La strega più brillante della sua età aveva appena commesso un errore madornale, da cui non sarebbe potuta mai più tornare indietro.
Era stata talmente presuntuosa da credere che anche lui potesse provare anche solo un qualcosa nei suoi confronti da non rendersi conto che le cose non cambiano. Le persone non cambiano.
Aveva letto amore dove c'era scritto amicizia. Sempre se quella strana cosa che c'era tra loro si potesse definire così.
Si era dichiarata.
Aveva messo da parte il suo stupido orgoglio.
Si era mostrata indifesa, come un cagnolino in disperata ricerca di amore.
E lui?
Lui doveva andare.
Adesso sì che aveva bisogno dei suoi amici.
Ginny, la sua migliore amica, la sua complice, nonché compagna di stanza, a cui, non dimentichiamoci, non rivolgeva più la parola;
Harry, il ragazzo che per lei c'era sempre stato. Come fratello, come amico, come un padre protettivo;
Ron? Si, anche lui. Con il suo tono spensierato e il suo tatto quasi inesistente. Riusciva sempre a farla ridere, anche quando la guerra incombeva e tutti loro rischiavano di perdere la vita. Perché lui era così; spontaneo. E questo le mancava.
Non poteva sfogarsi con loro, non con Harry e Ron almeno. Avrebbero dato di matto e, sinceramente, correre per tutta la scuola per impedirgli di cruciare Malfoy non era nella lista delle sue cose da fare. Poi non avrebbe voluto che gli facessero del male.
Anche se lui gliene aveva fatto, quello che gli aveva detto era vero: lo amava. E nessuno, sottolineo nessuno, avrebbe potuto torce gli un capello senza che lei lo riducesse in polvere.
L'ultima rimasta era Ginny.
Non che non apprezzasse la compagnia di Neville e Luna, s'intende. Ma Ginny era Ginny. E le mancava terribilmente.
Si diede ad una corsa sfrenata, infischiandosene di poter incontrare Gazza nei corridoi o di poter essere ripresa da qualche insegnante. Erano tutti a cena, lo sapeva, ma sentiva dentro di se la sensazione che Ginny fosse nella loro sala comune. Fece le scale tre gradini alla volta, rischiando più volte di rotolare a terra o rimanere con il piede incastrato in qualche buco. Per poco non si sfracellò contro il quadro della signora grassa, dopo aver messo male un piede ed aver preso una dolorosissima storta, la quale non mancò di sottolineare la mancanza di grazia di Hermione.
Hermione sussurrò la parola d'ordine a denti stretti, lottando contro l'istinto di urlare dal dolore del piede e di mettersi a litigare con la donna. Varcò il buco del ritratto, ritrovandosi nella sala comune che, come si aspettava, era deserta ad eccezzione di una chioma rossa che la guardava dalla cima delle scale.
Hermione non poté farci nulla; le lacrime uscirono. Tutte quelle che aveva trattenuto davanti a Draco e quelle che non aveva avuto il coraggio di far scorrere mentre lui se ne andava. Si buttò letteralmente tra le braccia dell'amica, che non poté fare a meno di accoglierla e cercare di consolarla.
«Va tutto bene, Hermione. Ci sono io.» le sussurrò all'orecchio, mentre questa si sfogava. «Non sei sola. Non. Sei. Sola.»
Dopo quasi un'ora in cui Ginny era riuscita a trascinare (faticosamente) Hermione in camera, la ragazza si era un po' calmata anche se aveva una bruttissima cera. Il viso, solitamente chiaro, era diventato rosso come un peperone, gli occhi erano gonfi e pieni di lacrime e a vedere i suoi capelli, pareva appena stata colpita da un fulmine.
«Vuoi dirmi cos'è successo?» le chiese Ginny, accarezzandole i capelli. «Puoi fidarti di me, lo sai.»
Hermione annuì, stritolando il cuscino tra le braccia e facendosi cadere sul materasso. Guardò il soffitto con sguardo perso. «Lo amo, Ginny.» disse. La voce ferma nonostante tutto. «Non so come sia potuto succedere, ma sono innamorata di lui. Lo amo più di chiunque altro al mondo e gliel'ho detto. Lui non mi ama.»
Ricominciò a piangere, portandosi una mano alla bocca. Quando mai aveva pianto così per un ragazzo? Cosa le era successo? Era quello l'amore vero? Stare così male era il prezzo che doveva pagare per essersi innamorata di un ex mangiamorte?
«Hermione! Per Godric, mi dispiace, davvero. Aspetta solo che Harry e Ron..
«No! Ginny! Harry e Ron niente. Non lo devono sapere. Lo so che sei felice che Draco non mi ami, ma io lo sono.» la guardò dritta negli occhi. «Sono innamorata di lui.»
E solo in quel momento Ginny capì veramente ciò che provava Hermione. Non una semplice cotta, non solo attrazione fisica.
«Io non sono felice.» biascicò Ginny, non riuscendo nel suo intento di sembrare dispiaciuta. Sprizzava felicità da tutti i pori.
«Senti Hermione, mi dispiace. Per tutto. Per come mi sono comportata, per essere stata una pessima amica... Io ti voglio bene. Harry, Ron, ti vogliono bene e capiranno, ma se vuoi che resti un segreto, lo sarà. Potrai mai perdonarci?» disse la rossa, gli occhi grandi puntati sul pavimento.
Hermione sorrise nonostante le lacrime. «Vi avevo già perdonati.»
Passarono un'altra mezz'ora a raccontarsi tutte quelle cose che non si erano dette nel lasso di tempo in cui erano arrabbiate l'una con l'altra.
Risero e si consolarono a vicenda, dandosi man forte come due vere amiche farebbero, almeno fino a quando il loro stomaco incominciò a brontolare.
«Hai mangiato?» chiese Hermione a Ginny, che scosse la testa. «Andiamo a prendere qualcosa nelle cucine?»
Sta volta la risposta fu affermativa.
Scesero le scale, ritornando nella loro sala comune che da qualche ora prima si era ravvivata. Vicino al fuoco, Seamus e Neville erano intenti a finire i loro compiti di trasfigurazione, borbottando sottovoce quando fossero noiosi. Harry e Ron invece erano dall'altro lato della stanza a parlare con dei ragazzini del primo anno. Si girarono all'unisono verso le ragazze, mentre la bocca di Ron si spalancava è quella di Harry si piegava in un sorriso. Liquidarono i ragazzini con una scusa e si avvicinarono a Ginny e Hermione.
«Sei tornata...?» affermò Ron, sorridendo timidamente.
Hermione gli si buttò tra le braccia, afferrando sia lui che Harry, i quali non poterono fare a meno di stringerla con la stessa emozione.
«Non sono mai andata via.» sussurrò contro di loro, anche se avevano tutti che non era affatto vero.
«Sapete cosa ci vuole adesso?» iniziò Harry, ottenendo l'attenzione di tutti i suoi amici. «Cibo.» Ron finì la frase al posto del ragazzo.
Hermione e Ginny si guardarono, scambiandosi un'occhiata complice e tutti insieme si diressero verso le cucine.

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