Primo round: Il burattinaio e Olav la bestia

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Anno del Signore 1526, anonimo villaggio della Sassonia

Olav non sapeva chi fossero i suoi genitori, né dove fosse nato. Olav non conosceva il suo aspetto, non aveva mai avuto il privilegio di potersi rimirare ad uno specchio. Olav si esprimeva a gesti, borbottando qualche timida parola, e veniva per questo trattato come una bestia. Il suo gentil padrone, Padre Mombert, che di gentil non aveva proprio nulla, lo aveva raccattato dalla strada quasi undici inverni prima e non gli aveva dato alcun nome. Lo costringeva a mangiare in un angolo del suo salone, in una ciotola a terra come un cane, e veniva ogni volta osannato come un santo dalla gente del villaggio poiché aveva preso come croce quella bestia senza Dio.

Il nome Olav se lo era dato da solo. Era il nome della papera da compagnia della dolce figlia illegittima di padre Mombert che era morta tre estati prima perché, come diceva Padre Mombert, aveva in qualche modo offeso il Signore nel suo essere una "malvagia femmina".

Olav aveva pianto quando la bambina era morta e si era interrogato a lungo su quale fosse la sua tanto amara colpa, ma non si era riuscito a dare una spiegazione.

Così Olav, senza sapere nulla, viveva in quel villaggio di cui non conosceva il nome. Razzolava con i maiali, dormiva con le capre e mangiava con i cani. In chiesa non gli era permesso entrare, così si limitava a guardarla dall'esterno, l'unica imponente struttura in pietra dell'intero villaggio, e continuava a chiedersi chi fosse questo Dio e perché vivesse nell'opulenza di quella calda dimora.

Anche quella mattina, come ogni altra usuale mattina, Olav fu risvegliato dalle bastonate dello stalliere che doveva portare le capre al pascolo.

<< Sveglia, bestia!>> gli intimò, colpendolo con malagrazia sul naso.

Olav sgusciò via come un gatto, intirizzito per il freddo di quell'inverno, ed andò ad infilare la parte contusa nella gelata neve che ricopriva le strade di quel piccolo villaggio. Il bianco manto si macchiò del suo sangue di bestia ma il dolore, seppur in minima parte, parve assopirsi e il giovane Olav cominciò ad avvertire i morsi tipici della fame.

Padre Mombert non gli avrebbe dato alcunché da mangiare, l'inverno lo sfamava una volta ogni due giorni, per sola "carità cristiana", così Olav era costretto ad elemosinare qualcosa dai più caritatevoli abitanti del villaggio.

Si sistemò i vestiti fradici di neve disciolta, puzzolenti di feci di capra, e trotterellò verso lo spiazzo centrale del villaggio, lì dove i mercanti vendevano ogni mattina i loro prodotti. Qualcuno di quelli, impietosito dalla sua magrezza e per scacciarlo via con quel suo puzzo rivoltante, gli dava sempre qualcosina da mangiare.

Quella mattina però ad attenderlo nello spiazzo c'era qualcosa di del tutto inaspettato. Addossato al muro della chiesa c'era un'impalcatura in legno con una tendina rossa sbiadita che copriva parte della struttura. Seduti a gambe incrociate nella neve c'erano molti bambini che sembravano attendere impazientemente qualcosa.

<< Oilà bestia!>> lo chiamò qualcuno, ah il figlio del fabbro!

Olav trotterellò verso di lui, lo sguardo sempre fisso sulla strana impalcatura, e la indicò con un indice al figlio del fabbro.

<< È un teatro di burattini!>> fece lui in risposta.

Olav borbottò qualcosa ma il figlio del fabbro gli diede una pacca sul collo.

<< Taci!>> gli ordinò ridacchiando. << Tanto non riesco a capirti! Piuttosto siediti e guarda.>>

Il bambino non poté che obbedire, ancora torturato dai morsi della fame, ma fin troppo curioso per poter dar loro attenzione.

Contest- Crociata D'InchiostroWhere stories live. Discover now