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Capitolo primo.

Ed eccolo arrivare.
Il primo giorno di scuola aveva interrotto la magnifica quiete creatasi nei giorni precedenti.
L'estate era appena finita, portando con sè i vari ricordi: le magiche serate, le giornate al mare, i viaggi fatti sul momento, senza organizzare nulla.
Il mare, la sabbia sul corpo bagnato, i capelli più chiari che si muovono al vento.
Come ogni cosa, anche questa, aveva una fine.

La sveglia tuonò allarmante all'interno della mia cameretta, spingendomi a pensare al suicidio più rapido, meno doloroso possibile.
Schiusi le labbra, mentre un forte peso nel corpo richiedeva di uscire sottoforma di sospiro, presi quindi un grande respiro, sbuffando poco dopo, alzando, controvoglia, il busto, da quello che sembrava essere il letto più comodo del mondo.
Con gli occhi ancora chiusi, a causa del sonno, colpii l'orologio squillante sul mio comodino, facendolo tacere.
Poggiai qualche secondo dopo le mani sugli occhi, iniziando a stropicciarli, così da svegliarmi.

Il mio cellulare segnava le 06:40 am.
Con quale coraggio mi ero svegliata così presto, chi me l'aveva fatto fare?
Non potevo decidere di abbandonare la scuola prima?

Nonostante il mio istinto consigliasse di passare l'intera giornata a letto, mi ritrovai in piedi, con le braccia al cielo, così da stiracchiarmi.

Stava per iniziare il primo giorno del mio ultimo anno a scuola, o almeno lo speravo.
Anche perché non ne potevo più di pazze furiose che mi urlavano contro la mattina presto, in special modo se ciò che le faceva innervosire fosse la mia stanchezza.

Non era mica colpa mia se finivo di studiare alle tre del mattino.

E, no, non era mica colpa mia se iniziavo venti minuti prima.

Solitamente settembre è uno dei mesi che preferisco, non fa nè troppo caldo, nè troppo freddo.
Perlopiù la mattina l'aria è abbastanza fresca, quindi quel giorno decisi di non vestirmi troppo leggera, anche se durante il corso della giornata me ne sarei sicuramente pentita.

Dopo essermi fatta una rapida doccia, infilai i vestiti, preparati qualche sera prima.
Lottai con gli skinny neri, i quali non avevano proprio intenzione di collaborare.
Come se non bastasse il mio piede si infilò in un degli strappi presenti sul pantalone: perché deve essere tutto così difficile la mattina?

Una volta finito di litigare con il pantalone passai alla semplice magliettina grigia, la quale ritraeva un piccolo alieno in alto a destra.
Mi fiondai verso i cassetti neri, vicino il letto, estraendo un paio di calzini prima di indossare le mie air force basse, bianche.

Avevo dormito veramente poco quella sera, ero sicura di sembrare un piccolo zombie con i capelli arruffati e le occhiaie sotto i piedi, non che gli altri giorni fossi uno spettacolo, ma quella mattina ero particolarmente orribile.
Sbuffai e mi recai svogliatamente in bagno.

Non appena pronta qualcuno, o meglio una voce, mi risvegliò dal mio stato di trance mattiniero.

«Mila?sbrigati per favore, arriveremo tardi!» mia sorella minore, Sofia, mi richiamò.

Annuii in risposta, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto di prima mattina, girandomi poi verso la più giovane, intenta a fissarmi.

«Mi guarderai ancora per molto o puoi gentilmente chiedere alla mamma di prepararmi la colazione?»
la voce ancora impastata di sonno parlò per me, in tutti i sensi.
Nonostante tutto la vidi fare una piccola smorfia, così le rivolsi un dolce sorriso, o almeno ci provai.

Quando lei annuì e si allontanò, chiusi la porta del bagno, raggiungendo la mia piccola borsetta piena di trucchi.
Mi posizionai davanti lo specchio e fermai i capelli con una piccola molletta.

She likes Girls // CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora