Prologo

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La pioggia cadeva lenta su quella lunga vetrata immacolata. I grattacieli sullo sfondo si ergevano come torri di un castello incantato, o almeno questo era ciò che i piccoli occhi vigili di una bambina catturavano dell'esterno. Il cielo si era macchiato di un blu cobalto, benché l'orologio scandisse un'orario diverso, non adatto a quel colore apparso in anticipo.

L'ombra della madre si proiettava fino ai suoi piedi penzolanti, costretti in un paio di scarpe laccate nere. Questi oscillavano al ritmo delle gocce che si infrangevano sulla finestra del freddo studio.

La donna parlottava a bassa voce, borbottava col dottore appoggiato allo stipite della porta. Qualche occhiata fugace accarezzava la sua esile figura, ma ancora nessuna parola le era rivolta.

La piccola percepiva le loro pupille pungenti sulla schiena, sapeva di essere il soggetto del loro dialogo privato, ma fingeva una totale indifferenza. Pregava soltanto che l'incontro giungesse al termine il più presto possibile, sperava di fare in tempo ad immergere le nuove scarpette in una profonda pozzanghera.

D'un tratto, l'imbottita sedia alla sua destra cigolò, obbligandola ad osservare quel sorriso tirato di sua madre, obbligandola a contraccambiare il gesto con un'altrettanto falsa curva sul volto.

Il dottore riordinò alcuni fogli in una cartella di un giallo spento, si sporse sulla scrivania ed appoggiò il mento alle mani intrecciate, aventi i gomiti puntati sulla superficie marmorizzata. Il suo volto era disteso, nonostante le rughe ai lati degli occhi e all'attacco delle sopracciglia, l'uomo ostentava un'espressione rassicurante.

-Allora, Joan. – si morse il labbro, prendendo tempo, quasi non sapesse come approcciarsi alla paziente, nonostante le innumerevoli sedute – Tua madre mi ha detto che gli incubi sono peggiorati.

-Avrei potuto dirlo io, se me lo avesse chiesto.

Joan trafisse le pupille pece del dottore con le proprie, sfoderando un sopracciglio leggermente rialzato. Il tono risentito allarmò la madre, la quale posò una mano sulla coscia delle figlia, pronta ad ammonirla per la mancanza di rispetto.

-Helen, lasci fare. – la interruppe l'uomo con un gesto veloce, prima di tornare a scrutare la paziente in causa.

Helen?
Che fine aveva fatto il 'Signora Morgan' ?

Non era difficile da capire, Joan non aveva molta simpatia per i medici, mai ne aveva avuta, soprattutto per Derek Nikolai, lo psichiatra che le era stato assegnato.

Non aveva perso occasione per sottolineare il fatto alla madre più e più volte, ma ella aveva sempre insistito, mostrandosi irremovibile sulle proprie considerazioni. Per ella Derek era un ottimo dottore ed una piacevole persona.

-Stavo dicendo.. – continuò l'uomo, sperando in una risposta pacata – .. Gli incubi sono peggiorati?

Joan spostò lo sguardo alla finestra, osservando il percorso di una goccia più grossa delle altre. Scivolava veloce sul vetro, superando le sorelle gemelle con un andamento sicuro. Perché doveva rispondere? Dopotutto non era tenuta a farlo, era ovvio che i due avessero parlato di tutto. Derek era già a conoscenza degli sviluppi.

-Sì.

La risposta fu secca, sputata soltanto perché obbligata. Poi sospirò, rilassando le dita che stavano stringendo l'orlo della maglia.

-Non voglio più dormire.

Ci fu qualche minuto di silenzio e Joan non mancò a comprendere che la madre e il dottore si stessero scambiando sguardi parlanti. Lasciò loro la privacy del momento, continuando a scrutare il cielo in attesa di giocare con le pozzanghere.

[ SOSPESO ] CLINOPHOBIA Where stories live. Discover now