Capitolo 5

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Jeff si era quasi addormentato su quel letto freddo e duro come il marmo, ormai era notte fonda e il silenzio dominava l'edificio, rimbombava pesantemente nelle orecchie di Jeff, che cercava di respirare piano per paura di interromperlo.
Aguzzò gli occhi nel buio, distinse a fatica la sagoma confusa dei propri piedi. L'unica fioca luce che entrava timida nella stanza era quella della luna, che proveniva dalla finestra sbarrata.
Il ragazzo non provava nulla in quel momento, era come se fosse nell'oblio, in bilico nel silenzio, si sentiva volare nella pesantezza di quella quiete esagerata.
L'unica cosa che interrompeva regolarmente il silenzio era il cambio delle due guardie armate che sorvegliavano la porta della sua stanza.
Ogni ora le sentiva camminare con passo deciso in corridoio, poi qualche secondo di silenzio e dopo ancora i passi delle guardie che avevano il turno successivo.
Jeff era concentrato sul silenzio che incombeva da ormai circa quaranta minuti, quando qualcosa ruppe il silenzio, qualcosa che non proveniva dal rumore dei piedi delle guardie.
Un lieve singhiozzo, femminile, disperato ma contenuto, risuonava debolmente nelle sue orecchie.
Si alzò lentamente dal letto, per non destare sospetti alle guardie e appoggiò l'orecchio sinistro sul muro, per individuare quel rumore.
Sì, proveniva da quella stanza.
Si sforzò e si concentrò più che poté su quel rumore.
Stette ad ascoltare, rapito da quella disperazione, per dieci minuti buoni, poi guardò l'ora: le tre e trentacinque.
Mancava poco al cambio delle guardie.
Jeff volse lo sguardo verso la finestra sbarrata: era notte fonda, era il suo momento.
Aveva passato una vita a nascondersi nelle ombre della notte, come un insetto che sgattaiola fuori soltanto quando non c'è nessuno, perché era troppo disgustoso per essere compreso, per essere accettato.
Il pensiero di rassegnarsi alla vita che lo aspettava all'interno dell'ospedale lo aveva allettato per un po', ma poi decise che non sarebbe stato quello il finale della sua storia.
Dopotutto Jeffrey aveva una coscienza, sporca certo, ma capiva molte cose, c'era ancora un briciolo di umanità dentro lui, totalmente eclissata dalla pazzia che aveva preso il sopravvento, ma questo lato umano era presente solo a lui.
C'erano piccoli momenti di lucidità in cui capiva della necessità di farsi curare, ma poi il suo lato omicida tornava più forte di prima.
Jeff si destò da quello stato di riflessione, quindi si affrettò ad attuare il suo piano di fuga, nella speranza della sua riuscita.
Si avvicinò alla porta in metallo e vi si appoggiò cautamente, poteva chiaramente sentire la presenza delle due guardie dall'altro lato dal loro leggero respiro.
Cominciò a graffiare leggermente la porta per attirare la loro attenzione, facendo gradualmente più rumore.
«Che sta facendo?» udì una delle guardie.
«Sembra stia cercando di uscire.» rispose l'altra guardia svogliatamente.
«Non deve recare danni alla porta. Non sappiamo cos'ha in mente, se avesse trovato qualche strumento per liberarsi?» chiese con un timore contenuto la prima guardia.
«È soltanto un ragazzino. Non farà nulla.» ribattè l'altro.
«Denville, è di un serial killer che stiamo parlando, che ne sai di cosa potrebbe avere in mente?» lo rimbeccò l'altro.
In tutta risposta, Jeff emise una leggera risata da brivido.
«Ma per favore Wallace, sei proprio una femminuccia. Per cosa sei stato istruito? Sicuramente non per avere paura di un adolescente instabile. Se è questo che vuoi, controllerò che diavolo sta facendo.» fece un cenno a Wallace, poi alzò la voce, rivolgendosi a Jeff: «Che hai intenzione di fare, là dentro?».
Jeff continuò a ridere di gusto, come se avesse trovato davvero il modo per uscire, come per farsi beffe della guardia. E poi cominciò a graffiare più forte la porta, e a dare forti colpi.
«Che diavolo stai combinando?» urlò la guardia, e lui se la rise di gusto.
«E va bene moccioso, non sono proprio il tipo che si fa prendere in giro da un rifiuto come te.» detto ciò, si sentì un tintinnìo di chiavi, e subito dopo la voce spiazzata di Wallace: «Denville, è troppo rischioso!» ma a quanto pare il permaloso Denville non ascoltò l'avvertimento, perché ci fu un rumoroso scatto proveniente dalla serratura, e la grossa guardia sbucò dalla porta con un teaser in mano. Jeff la guardò sprezzante, continuando a ridere e indietreggiando.
La guardia fece due passi all'interno della stanza, guardandosi intorno in cerca di qualsiasi cosa fuori posto.
Ma la stanza era esattamente come tutte le altre, bianca, formale, fredda, spoglia, senza un briciolo di personalità.
Fu allora che Jeff, fissato lo sguardo sul grosso braccio della guardia sollevato in una posizione difensiva, decise di tentare di ottenere il teaser mentre quest'ultimo gli dava le spalle.
Fu una mossa secca, improvvisa. Jeff affondò le sue lunghe unghie sporche nel polso di Wallace con quanta più forza poteva, lui grugnì di dolore, mentre il ragazzo afferrò l'arma, che gli scivolò via dalla mano non appena l'uomo gli sferrò un pugno alla mandibola che per un attimo lo stordì, e l'istante dopo se lo ritrovò addosso, che cercava di immobilizzarlo.
Il ragazzo abbassò lo sguardo verso i suoi piedi, distinguendo la sagoma dell'attrezzo nel buio, e poggiatoci il piede sopra, lo lanciò vicino alla sua mano, che si mosse in un gesto fulmineo, e di lì a poco Wallace si stava contorcendo sul pavimento, Jeff su di lui, che spingeva con una presa salda il teaser sul suo petto.
Riuscì a passare velocemente dalla mano al piede, che adesso teneva fermo il pulsante dell'arma, mentre afferrò saldamente la testa di Wallace con entrambe le mani e cominciò a sbatterla con tutta la sua forza sul duro pavimento della stanza, finché non sentì il sangue inumidire le sue mani.
Fu allora che sentì un'altra mano afferrarlo, stavolta molto meno saldamente di quella di Wallace.

Ciao! Proprio così, sto riapparendo dall'alto della mia inconsistenza e sto continuando questa storia dopo mesi. Scusate per il disagio c:

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 20, 2021 ⏰

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