Capitolo 2

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Vennero a prenderla due guardie, poco dopo il tramonto. Non le dissero una parola mentre la portavano davanti alle stanze della regina, da cui era stata cacciata al sorgere del sole. La spinsero dentro e se ne andarono dopo un breve inchino alla sovrana, lasciandola sola con lei.
Strabuzzò gli occhi alla sua vista.
Un corpetto di pelle nera, lucida, le fasciava il petto e i fianchi, accentuando le sue forme. Pantaloni in sottile pelle nera correvano lungo le sue gambe, inghiottiti dagli stivali alti fin sopra al ginocchio, adornati da tacchi a spillo di lucido acciaio. I suoi occhi foschi la scrutavano mentre se ne stava in piedi al centro della stanza, una mano su un fianco, l'altra a reggere un flagello, nero anch'esso. L'unica nota di colore era il rosso delle sue labbra, aperte in un sorriso sinistro e magnetico.
«Avvicinati.» disse solamente, la voce di velluto, e minacciosa al contempo.
La ragazza obbedì, fermandosi ad un passo da lei.
Di colpo, appese al soffitto, apparirono delle cinghie di cuoio. Emma sollevò il viso a guardarle, poi, deglutendo, tornò a fissare la sovrana, gli occhi spalancati.

Regina sorrise ancora.

«Adesso iniziamo a fare sul serio, serva.» disse, accostandosi poi a lei. «Solleva le braccia.» ordinò.
Emma lo fece, seppur con esitazione. La mora si allungò addosso a lei per fissarle le cinghie intorno ai polsi. Fece un piccolo passo indietro poi, osservandola. Mosse la mano destra in aria, e le cinghie tirarono verso l'alto, quasi sollevandola da terra, facendola gemere di dolore per la tensione sui polsi. Un altro movimento della mano, e la sottoveste che la copriva era sparita. Emma rabbrividì, sinceramente spaventata dalla situazione.
Regina si leccò le labbra, e fece battere il flagello contro il palmo della sua mano, facendola sussultare. Si posizionò quindi dietro di lei, in modo che non la potesse vedere. Vide la sua schiena tendersi. Passò l'indice laccato di rosso lungo la sua spina dorsale, dall'alto al basso, graffiandola, sentendo il suo centro contrarsi al suo gemito. Si accostò a lei e le afferrò il collo da dietro, stringendole la gola con forza.
Emma boccheggiò, strattonando le cinghie. Regina strinse più forte.
«Non ti ribellare...» sussurrò al suo orecchio. «... o ti farò ancora più male.»
Emma chiuse gli occhi e tentò con tutte le sue forze di rimanere ferma, nonostante i polmoni sembrassero sul punto di esplodere.
Regina lasciò la presa, permettendole di respirare.

«Brava..»
Dopo un attimo di silenzio, riempito soltanto dal suono dei battiti furiosi del cuore di Emma e dal suo respiro, Regina la colpì col flagello tra le gambe, facendogliele aprire. Il piccolo urlo che Emma lanciò la fece sorridere, e alimentò la sua eccitazione.
Passò il braccio sinistro intorno al suo corpo e le afferrò il seno destro, stringendolo tra le dita, affondando le unghie nella carne morbida. Emma gemette, mordendosi il labbro per non urlare.
Accostò nuovamente le labbra al suo orecchio, sussurrando: «Urla per me.», mordendole poi con forza il lobo.
Emma la accontentò subito, rabbrividendo. Il suo respiro si era fatto veloce, frenetico, e accelerò ancora quando la donna si allontanò di un passo da lei, lasciandola nell'attesa per qualche terribile istante. Poi la vide comparire davanti a sé.
Regina passò il flagello tra le sue gambe, facendola fremere. E poi la colpì violentemente sul seno, facendola gridare di dolore.
Emma si aggrappò alle cinghie, tentando di riprendere fiato tra una frustata e l'altra, urlando ogni volta. Non seppe quante volte il flagello colpì il suo corpo, prima sul seno, poi sulle cosce, sul ventre e di nuovo sul seno. Ad un certo punto, però, tremante, con le lacrime che scendevano sul suo viso, la implorò di smettere in un sussurro un secondo prima che la colpisse ancora.
Regina sorrise, e abbassò l'arma, accostandosi a lei.
«Non credevo avresti resistito tanto...» commentò accarezzandole il viso. Emma sentì un tremito più forte scuoterle il corpo in fiamme, mentre la paura la attanagliava più strettamente. Non riuscì a guardarla negli occhi di sua volontà, ma lo fece quando la regina le prese il viso tra le dita. C'era un sorriso nei suoi occhi.
«Davvero il miglior giocattolo che io abbia mai avuto...» mormorò un attimo prima di baciarla prepotentemente. Emma non si oppose. Non ne aveva la forza.
Regina le morse il labbro fino a farla sanguinare, tenendola ferma mentre urlava.
La lasciò andare di colpo poi, ma rimase accostata a lei. Passò le mani sul suo corpo dolorante, scendendo fino alle gambe. Conficcò le unghie nell'interno coscia e la costrinse a divaricarle. Entrò prepotentemente in lei, facendola gridare di dolore. Con l'altra mano la afferrò per i capelli, tirandole la testa indietro, passando la lingua sulla sua gola, assaggiando il suo sudore e le sue lacrime.
«Non verrai finché non sarò io a darti il permesso.» disse poi guardandola negli occhi.
La ragazza sbatté le palpebre più volte, cercando di metterla a fuoco oltre il velo di lacrime. Poi annuì, ma alla sovrana non bastò. Le strattonò maggiormente i capelli.
«Si dice: "Sì, Vostra Maestà.".» le ricordò.
«S-sì, Vostra Maestà...» ripeté la ragazza con un filo di voce tremante.
«Brava..»
Spinse le dita più a fondo dentro di lei, aprendole per sfiorare i suoi punti più sensibili. Il suo corpo fremeva nonostante il dolore. Era eccitata, e una calda umidità iniziava a formarsi intorno alle dita della sovrana.
«Sapevo ti sarebbe piaciuto il dolore...» commentò la mora sorridendo, continuando a muoversi dentro di lei.
La sentì stringersi attorno a lei, e non le sfuggì il debole gemito trattenuto tra le labbra serrate.
«Non venire.» le intimò. Spostò la mano in modo che il palmo sfregasse contro il clitoride ormai gonfio e umido, sentendola pronta a raggiungere l'orgasmo.
Calde lacrime scendevano lungo il viso di Emma, un misto tra dolore e piacere a sconvolgerla. Cercò di trattenersi, ma alla fine implorò ancora la sovrana.
«Vi prego, Maestà...» disse piangendo, sull'orlo dell'orgasmo.
Per tutta risposta Regina aggiunse un altro dito dentro di lei. Emma urlò, strattonando le cinghie.
Le sue dita uscivano ed entravano in lei, sempre con maggior violenza e velocità. Il corpo della ragazza era teso e scosso da tremiti. La supplicò ancora, e ancora con lo sguardo, troppo esausta per parlare.
Quando stava per perdere i sensi, la voce calda della Regina la riportò alla realtà.
«Vieni adesso.»
Il suo corpo obbedì immediatamente, svuotandosisulla sua mano, con un grido che echeggiò nella stanza. I muscoli laabbandonarono, e rimase in piedi solo grazie alle cinghie, ma solo per qualcheistante prima che la regina le facesse sparire, facendola stramazzare a terra.
«Deludente.» commentò con amarezza la sovrana.

Emma riuscì a sollevare leggermente il viso, sforzandosi di metterla a fuoco edi capire.
«Dovresti soddisfarmi, ora, ma non riusciresti a sollevare un dito neanche sene andasse della tua vita.» spiegò poi. Le voltò le spalle, dirigendosi al latoopposto della stanza. «Vattene. Mi hai stancata.»
Emma fallì il primo tentativo di rialzarsi, e così il secondo, ed il terzo.
«Smettila di renderti ridicola e striscia via dalla mia vista!» esclamòesasperata la sovrana.
Umiliata, la ragazza fece come ordinatole, finché, fuori dalla stanza, dueguardie non la sollevarono e la trascinarono nella sua cella.

7Q

The Queen and her SlaveWhere stories live. Discover now