Piccole Verità

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Le ore passate con lui furono abbastanza piacevoli.
Mi ero scordata come fosse stare insieme, confrontarsi, ridere.
Non era stato per niente come mi aspettavo.
Certo, all'inizio sentivo una strana sensazione opprimermi il petto, mi sentivo inadeguata e fuori luogo, ma più parlavamo e più mi scioglievo; alla fine mi è sembrato quasi di tornare a qualche mese prima.
«È stato bello stare un po' con te» disse quando gli comunicai che dovevo tornare a casa perché, inaspettatamente, si era fatto più tardi del previsto.
«Sì, è stato bello» risposi sorridendo. Mi allungai per prendere la mia borsa e mentre stavo per alzarmi, la sua mano mi circondò il polso, bloccando i miei movimenti.
«Amanda, io ti amo... vorrei che venissi più spesso.» I suoi occhi mi stavano implorando e sapevo di avere un animo buono; a dispetto di tutto ciò che mi aveva fatto, una parte di me suggeriva di provare a perdonarlo e dargli una possibilità, almeno come una sottospecie di amico. Ma materialmente non c'era tempo, dovevo pensare al trasferimento e... a mio figlio.
«Sono incinta.» Non mi resi conto di averlo detto finché non vidi la sua espressione turbata: subito la sua mano staccò la presa.
Me ne pentii nell'immediato, ma ormai era tardi.
Come mi era potuta uscire un'informazione tanto importante? Non riuscivo a capacitarmene.
«C-cosa?» Il suo sguardo era davvero esterrefatto.
«S-sì... aspetto... aspetto un bambino.» Deglutii a fatica, avvinghiando la borsa ed evitando il suo sguardo che mi stava addossando non poca ansia.
«Da chi?» Non potevo dirgli di Luke; già il fatto di avergli rivelato del mio stato era stata una svista non indifferente, non potevo anche coronare la notizia con la ciliegina.
«Non lo so...»
«Cosa vorrebbe dire che non lo sai? Con quanti cazzo sei stata?» Il suo tono mi fece allontanare di qualche passo dal suo letto; cosa gli prendeva? Cosa gli importava poi con quanti ero stata io?
Non gli dovevo nessuna spiegazione.
Lui scattò a sedere, ma non gli diedi il tempo di fare altro che mi defilai dalla stanza, camminando velocemente verso l'uscita.



Passai gran parte della serata a maledirmi per aver detto il mio segreto proprio alla persona meno indicata.
Non riuscivo a spiegarmi come mi fosse uscito proprio con lui; stavo pensando a quello, d'accordo, ma lo pensavo anche con Luke, eppure a lui avevo tenuto nascosto tutto.
Perché con Luke riuscivo a mentire e con James mi era sfuggito senza problemi?
Il suono del campanello mi riportò alla realtà, mi alzai dal divano per andare ad aprire.
«Ma buonasera!» Il suo sorriso andava da un orecchio all'altro, in netto contrasto con il mio viso smorto.
«Hey...» Non seppi come mi riuscii di dire anche solo quella parola, sentivo il morale sotto i piedi e temevo una comparsa improvvisa di James chiedendo spiegazioni.
«Stai bene?» Si accigliò e in tutta risposta lo feci entrare, chiudendo la porta per poi tornare sul divano, tra i miei pensieri. «Amanda, mi spieghi?» Girai il viso verso di lui che si era seduto accanto a me; i suoi occhi trasparivano preoccupazione e per una frazione di secondo mi passò per la testa di dirgli tutto, tutta la verità.
Del trasferimento, del bambino, di James, che mia sorella non mi parlava e che mia madre sapeva tutto.
Ma se lo avessi fatto le conseguenze sarebbero state talmente devastanti che mi sarei pentita tutta la vita; sapevo che le bugie non portano mai nulla di buono, ma la verità me lo avrebbe portato via. Ci stavano già pensando gli eventi a separarci, volevo almeno godermi quelle ultime settimane prima di dirci addio.
«Sto bene.» Tornai a fissare la televisione – spenta – di fronte a me, finché mi sentii afferrare il viso di colpo, trovandomi incastrata negli occhi di Luke.
«È da tutta la settimana che sei strana, cazzo! Mi vuoi dire che ti succede? Io non ti capisco, davvero. Il problema sono io? Se sono io basta dirlo.» Mi lasciò il mento, alzandosi dal divano e iniziando a girare per la stanza, nervoso.
«Sono stressata per lavoro e...» Sospirai, appoggiando la testa al divano; le parole erano proprio lì, desiderose di uscire, ma non potevo fargli quello.
«E cosa?» Si fermò, incrociando le braccia al petto.
«E niente.» Evitai il suo sguardo, ma sapevo che non se la beveva; avrei dovuto inventarmi una scusa, perfino io capivo che la mia recita non avrebbe convinto nessuno. Eppure le mie labbra rimenavano serrate.
«Bene, quando ti deciderai a dirmi cosa c'è che non va, sai dove trovarmi.» Si avviò verso la porta, arrabbiato.
Non potevo permettergli di andarsene, era l'unica cosa positiva che avevo, l'unico appiglio a cui ancora potevo aggrapparmi, l'unico che riusciva a farmi stare bene nonostante tutto.
«Bravo, vai dalle tue amichette di studio.» Il mio tono ironico suonò proprio per quel che era; in tutto ciò che mi stava frullando nella testa, quello che aveva sovrastato tutto ed era arrivato fino alla ma bocca era proprio il ricordo di quella stupida chiamata.
«Come, scusa?» Mi guardò con una tale intensità, carica d'odio, da farmi venire i brividi.
«N-niente.» Forse stavo esagerando.
«No, ripeti quel cazzo che hai detto!» Tornò verso di me, serrando i pugni lungo i fianchi.
«Vai dalle tue amiche... questo ho detto.» Deglutii, sentendo la gola bruciare; avrei voluto fargli così tanto male per il modo in cui mi si stava rivolgendo che sentivo le mani prudermi. Avevo bisogno di sfogarmi, di lasciar andare tutta la frustrazione che avevo dentro; volevo maledire me stessa, lui, i sentimenti che provava e quello che io provavo per lui.
Il destino era stato fin troppo chiaro dandoci così tanti anni di differenza, ma noi lo avevamo sfidato; credevamo davvero di poter controllare qualcosa di più grande?
Odiavo la situazione e odiavo Luke.
Anzi, odiavo il fatto di non riuscire a odiarlo.
«Mi stai ascoltando?!» Mi afferrò un braccio, strattonandomi. Ero talmente intenta a contenere le lacrime che non avevo seguito una parola di ciò che aveva detto. «Vedi? Non mi ascolti e poi fai insinuazioni del cazzo, Amanda! Vai a farti fottere tu e il lavoro!» Successe tutto troppo in fretta e non potei fare nulla per evitarlo: mi lasciò il braccio uscendo da casa mia, mentre ero ancora intenta a decifrare la sua frase, non riuscendo a fermarlo.
Mi aveva forse lasciata?



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