Capitolo 1.

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È strano come alcune cose cambino da un momento all'altro e altre invece non cambino mai.
Le foglie secche scricchiolano sotto i miei piedi, mentre cammino a testa bassa per il bosco precedente Spiraria. È lì che vivo adesso.
Essendo diventata campionessa della regione di Unima, sarebbe mio diritto e dovere rimanere all'interno della Lega Pokemon, ad aspettare gli intrepidi sfidanti e offrire loro una lotta coi fiocchi e indimenticabile.
Ma non ci riesco.
Ci ho provato, veramente, ma il solo vedere la stanza che spetterebbe a me, mi viene la nausea e le gambe mi tremano.
Quel buco nella parete, sebbene sia stato coperto in tutti i modi possibili, è ancora lì, non lo si può ignorare.
Quel buco... È lo stesso che c'è nel mio cuore.
È automatico, ogni volta che entro lì dentro, le emozioni hanno la meglio e devo scappare a gambe levate, per non rischiare di svenire sul posto.
Quanto è brutto essere umani e provare emozioni.
A volte desidero di essere un robot, così da fare sempre le stesse cose e, soprattutto, così da non avere sentimenti. Da non poter capire quello che sta succedendo.
Non ho più messo piede nella Lega da quasi un anno ormai.
Non ho più cercato nessuno e non mi sono più fatta vedere dalle persone che conosco.
È egoista come cosa, lo so.
Ma non voglio recare altro male alle persone a cui voglio bene e non voglio nemmeno che me ne venga inflitto altrettanto.
Anche se ormai, di male ne ho talmente tanto dentro che non riesco più a distinguerlo dal bene.
Non ho più visto mamma. E mi manca da morire.
L'ultima volta che l'ho abbracciata è stato quando avevo vinto la Lega e avevo portato a termine il compito assegnatomi da Bellocchio.
Poi sono scappata.
Non ce la facevo a vederla sempre con quello sguardo preoccupato nei miei confronti, così triste che se avesse potuto, si sarebbe trasportata il mio male dentro di sé.
E io non volevo questo, non lo voglio tutt'ora.
Voglio solo una cosa adesso, ma è troppo lontana da me.
La sabbia sostituisce presto l'erba del bosco, facendomi alzare lo sguardo sul mare.
Il mare. Tanto bello quanto distruttivo. Come i suoi occhi.
Mi incammino verso la mia casa, l'ultima sulla destra, nell'angolo più buio. Sembra quasi che sia stata costruita lì apposta.
Ma mi piace, sebbene sia un po' troppo grande per i miei gusti.
A quanto pare, un campione equivale ad un re o a una regina, e va anche trattato come tali.
Mi sono rifiutata di avere persone lavoranti per me.
Non mi sarei sentita a mio agio ad avere altra gente in giro per casa, oltre che a me e ai miei pokemon.
Arrivo quasi alla porta d'entrata, quando noto una figura scura starsene lì davanti, rivolta verso la facciata della casa.
Chi cavolo è adesso? È quasi ora di cena e i giornalisti stanno ancora in giro?
Sì, sono stata assillata per parecchio tempo fa tutti quei microfoni e videocamere, talmente tanto da farmene venire la fobia.
Mi seguivano ovunque, solo per riuscire a strapparmi alcune parole riguardanti la Lega Pokemon.
Sono arrivati addirittura a chiedermi di lui.
Da lì ho iniziato a chiudermi in casa o a stare in posti segreti, di cui solo io conosco l'esistenza.
Ho scelto di rimanere sola per tanti motivi. E non me ne pento.
Almeno, per adesso.
Stringo gli occhi, cercando di riconoscere chi si sta aggirando vicino a casa mia, ma invano.
C'è troppo buio.
La mia mano si posa istintivamente sulle pokeball, ben allacciate alla cintura, mentre mi muovo tra i massi circostanti, cercando di non farmi vedere.
Mi metto a pensare alle peggio ipotesi, dai giornalisti, ai venditori ambulanti, persino quello psicopatico che ha tentato di uccidermi, che ancora mi fa fare gli incubi.
Ma tutte le mie convinzioni cadono, non appena lo sconosciuto apre bocca.
"Accinuzzoli! Dove acciderbolina si è cacciata quella femmina?!"
Un piccolo sorriso di forma sulle mie labbra, mentre mi siedo a terra, appoggiandomi contro al masso alle mie spalle.




Touya mi osserva, da cinque minuti buoni ormai, tenendo tra le mani la sua tazza fumante di cioccolata.
Non ho ancora alzato lo sguardo su di lui, da quando abbiamo messo piede in casa mia.
Non ho il coraggio, so già che se lo facessi, scoppierei a piangere e lui non farebbe altro che abbracciarmi e consolarmi e convincermi che tutto andrà bene.
Quando non è affatto vero.
Le cose possono risolversi solo in un modo, il quale è ormai lontano, lontanissimo.
"Touko."
Stringo gli occhi, così come le mani intorno alla tazza, sentendo il caldo bruciarmele.
"Guardami."
No.
Non voglio. Non posso. Non ci riesco.
Se lo facessi...
Un forte tonfo sul tavolo mi fa sussultare e alzare lo sguardo spaventata. Quasi la cioccolata mi finisce addosso.
Touya mi sta fissando, a metà tra preoccupato e arrabbiato, con una mano salda intorno alla tazza e l'altra piatta sulla superficie di legno.
Deve aver sbattuto la mano per attirare la mia attenzione.
E per farmi venire un infarto.
Lo guardo, dritto negli occhi color cioccolato per tre, quattro, cinque secondi.
Per poi crollare.
Mi porto le mani al viso e libero tutto quello che mi porto dentro da anni, mentre sento due braccia circondarmi le spalle.
"Non puoi trattarti così, Touko." sussurra, accarezzandomi i capelli.
"Tu meriti di meglio. Sei una persona meravigliosa, solare, che non rifiuta mai una sfida e che mi fa il culo ogni volta!" una risatina mi scappa dalle labbra, mentre mi asciugo gli occhi con la manica della felpa.
"Vederti così... Mi fa spezzare il cuore. Dov'è finita la vera te?"
Già, dove sei finita, Touko?
Mi piacerebbe tanto saperlo.
E mi piacerebbe riuscire a dire qualcosa. A parlare, a dare qualche segno di vita positivo, senza mettermi a piangere.
Invece me ne rimango lì, ferma, con le mani in grembo, la testa china e le spalle curve, come se su di esse ci fosse un peso.
Cosa mi è successo?
Come ho potuto lasciare che tutto questo male dentro di me mi corrodesse in questo modo?
Sollevo lo sguardo su Touya, ancora inginocchiato accanto alla mia sedia, con gli occhioni preoccupati puntati su di me.
Non voglio più essere una fonte di preoccupazione per gli altri.
Per questo ho tagliato i rapporti.
Ma rivedere Touya mi ha riacceso qualcosa, dentro, nel profondo, qualcosa che non so spiegare, ma è bella, davvero bella.
Mi ha fatto ricordare cosa significa avere qualcuno accanto, anche se per così poco.
Faccio scivolare la sedia indietro e mi chino accanto al mio amico, abbracciandolo forte.
Non so cosa fare: continuare a stare da sola, o ricominciare da capo?
Chi lo sa se ne sono capace davvero, a ripartire da zero.
Ma se non ci provo, non lo saprò mai.
"Resta con me." sussurro, mentre una nuova lacrima solca la mia guancia.




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