1 - WHY DON'T WE GO THERE

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Il divano di pelle bianca che adornava il salotto, tra l'altro disordinatissimo, di quel quadrilocale in Hammersmith, nella zona ovest di Londra, faceva da postazione fissa per Louis da ormai quasi un'ora. L'ora più lunga della sua vita. Il sedere, verosimilmente, si stava squadrando pressoché più perfettamente di una proiezione ortogonale di un parallelepipedo su un foglio a4 da disegno, i classici Fabriano. Era il quarto catalogo che sfogliava, tra i venti che l'impiegata dell'agenzia viaggi gli aveva rifilato. Il tutto, invece di studiare, ovviamente. Non era importante se di lì a poco avrebbe avuto il primo esame della sessione estiva. 

Quell'esame inconcepibile di 'Spagnolo 2 anno', che già aveva provato un sacco di volte e che tutte le volte non aveva passato, o parzialmente passato. Probabilmente i professori, continuando a farglielo ripetere, si erano affezionati talmente tanto a lui, che non volevano che se ne andasse e che smettesse di riempire le loro tasche coi soldi della retta. Forse la coordinatrice del corso si stava piano piano tatuando lungo tutta la schiena il numero delle volte che aveva ridato quell'esame, per aiutarlo a tenere il conto. Ma faceva niente, Louis pensava alle vacanze estive, non era il momento di preoccuparsi di quell'esame improponibile e che odiava al limite dell'inverosimile. Per che cosa, poi, per farsi salire l'ansia? No, per niente. Sebbene l'ansia gli stesse salendo ugualmente, perché era davvero un'ora, se non di più, che sfogliava inutilmente quegli insiemi di carta straccia, pieni di figure insoddisfacenti e di descrizioni inconcludenti. E dire che era stato chiaro quando aveva parlato con l'impiegata.

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"Vorrei qualche catalogo per una vacanza estiva...", disse non appena si sedette sulle sedie rovinate di quel buco d'agenzia. Odorava di legno marcio e di chiuso, un odore simile a quella delle fognature, e non concepiva come la gente ci riuscisse a stare tranquillamente senza morire di asfissia.

L'impiegata, che si stava beatamente facendo i cavoli propri navigando sulla timeline di un social network, lo guardò poco dopo, abbassandosi gli occhiali sul naso. Sfoggiò un'espressione scettica, "Dove vuole andare?", chiese blandamente, facendo spuntare gli occhi da sopra quella montatura da segretaria sexy fasulla, che neanche le stava bene, ad essere onesti.

"Mi servirebbe una meta suggestiva, qualcosa dove ci si può rilassare e divertire al contempo...mi capisce?", rispose Louis, gesticolando per farsi capire. Ma no, certo che non lo poteva capire. Chissà se nella vita si era mai divertita almeno un quarto di quanto si era divertito lui.

Qualche altro sguardo scettico, dopodiché la donna si ritirò su gli occhiali con l'aiuto del suo dito indice fresco di manicure e librò nell'aria con la sedia da ufficio girevole, verso lo scaffale retrostante. Fece scorrere la mano qua e là, sempre mostrando fiera il suo smalto, poi cominciò a riempirsi le braccia di cataloghi a caso e, rigirandosi, li porse a Louis.

"Ecco qua...faccia un po' lei...", disse e si rimise con lo sguardo attaccato allo schermo di quel computer malandato, sicuramente nel Medioevo sarebbero riusciti a costruirne uno con qualche qualità in più. Louis non ci spese una parola di più, ringraziò per la gentilezza e uscì, facendo risuonare brutalmente il campanello stridulo e poco accordato, attaccato alla porta scricchiolante.

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Era davvero probabile che non avesse capito niente. Ma non ci si poteva aspettare più di tanto da quella donna, si era visto ad occhio nudo che non aveva la minima intenzione di interagire con lui, o con qualunque cliente fosse entrato prima o dopo, nonostante il suo lavoro lo prevedesse almeno lo stretto indispensabile. Era come se le facesse schifo il suo impiego, come se ci fosse finita a lavorare solo per una questione salariale, per una busta paga ben fornita.

Esse/Emme - Dritto al cuore #Wattys2016Where stories live. Discover now