Capitolo 2

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Pov Stefano
È strano all'inizio svegliarsi con la consapevolezza che quella mattina i suoi occhi non saranno la prima cosa che vedrai.
Che il suo sorriso non ti illuminerà la giornata come faceva prima.
E è una cazzata enorme il fatto che ti ci abituerai.
Certo, quando tutto ciò è causato dalla distanza un po' è diverso.
Però anche ora che questo ostacolo non sarebbe più così insormontabile la situazione non è diversa.
Prima avevo paura.
Paura di tutto.
Paura che quella distanza causasse la nostra fine.
Non avrei mai rischiato di perdere quel poco che era rimasto fra noi.
Ma ora fra noi non c'è più niente, quindi perché non tentare?
Ed è con questi pensieri che sto uscendo di casa e sto andando verso casa di sascha.
Ho rubato l'indirizzo a Sal, Giuseppe glie l'aveva scritto per messaggio.
Non è neanche così distante casa sua.
È un appartamento in centro, con un cortile parecchio grande e 5 piani.
Guardo i campanelli, ma non vorrei suonare e fargli sapere subito chi sono.
Voglio vederlo in faccia quando scopre che sono venuto.
La porta si apre e una signora fa per uscire "buongiorno" le dico con un piccolo sorriso indeciso sul da farsi.
"Devi salire?" chiede lei gentilmente  lasciando la porta aperta.
Io annuisco subito, "grazie mille" dico non appena supero l'uscio.
Corro per le scale e probabilmente sembro un idiota considerando che mi fermo a ogni piano con un sorriso enorme a guardare le porte, per vedere se c'è qualcosa che possa collegare quell'ingresso a loro.
Non riesco a far sparire il sorriso, mi sento finalmente di nuovo vivo dopo un anno e mezzo.
La vicinanza con sascha e la possibilità di potergli parlare di nuovo mi fanno sentire assurdamente felice.
Poi lo vedo.
Quel tappetino che Giuseppe aveva davanti a camera sua e che aveva detto avrebbe portato ovunque.
Così mi avvicino e in un attimo tutto il coraggio che avevo si dissolve.
Se lui mi mandasse via avrei la forza di raccogliere i pezzi e andarmene?
Non penso.
Ma devo farlo.
Alzo la mano e suono il campanello.
La porta si apre talmente velocemente che non ho nemmeno il tempo di pentirmi.
"Sei già tornato!" esclama la pensona che ha aperto la porta.
Ma non è una voce che conosco.
"Tu non sei Giuseppe" mi dice leggermente confuso un ragazzo.
Quel ragazzo.
È diverso dalla prima volta che l'ho visto.
Più magro, sembra quasi malato, ma si vede che non lo è dallo sguardo.
"Tu vivi qui?" mi ritrovo a chiedere quasi in un bisbiglio con le lacrime che vorrebbero uscire.
"Si... Ma tu cercavi qualcuno?" chiede sorridendo, sembra gentile.
Vorrei poter mentire anche a me stesso e dire che sono contento che sascha mi abbia dimenticato e che si sia fidanzato con qualcuno di gentile.
Ma sarebbero bugie.
Annuisco "cercavo sascha ma non importa" scuoto piano la testa.
Poi la sua espressione cambia.
Apre di più gli occhi e la bocca si apre di qualche centimetro.
Che ho fatto per farlo sconvolgere in questo modo?
"Ma tu sei Stefano?" chiede stupito.
Faccio un passo indietro.
Sascha ha superato la nostra storia talmente tanto da parlarne con il suo fidanzato?
Ho così poca importanza?
Scuoto la testa come a negare.
Ma lui mi prende il braccio e guarda il tatuaggio sul polso.
"Sì che sei tu! Che volevi dirgli?" e non sembra arrabbiato, solo curioso, tanto curioso.
Ma fa male comunque.
Una prima lacrima mi riga la guancia "fantastico" dico piano allontanando il mio braccio da lui "immagino che ci abbiate scherzato no? Dello stupido ex che si tatua qualcosa di stupido pensando che possa far tornare tutto a posto" asciugo quasi con cattiveria la lacrima che mi è sfuggita.
Lui apre la bocca come per cercare di dire qualcosa, è mortificato, glielo si legge nello sguardo.
Vuol dire che ho fatto centro.
"Spero che ora con te sia più felice" bisbiglio e forse nemmeno mi ha sentito.
Ma neanche mi interessa.
Scappo per le scale e realizzare che effettivamente a sascha non importa più niente di me mi fa piangere di nuovo.
Per l'ennesima volta.
Per la dannatissima ennesima volta.

Torno velocemente a casa e prendo la borsa che sal mi aveva obbligato a preparare ieri sera.
Lo trovo in corridoio che sta uscendo da camera sua.
"Dov'eri finito?" mi chiede confuso.
Scuoto la testa "da nessuna parte... Andiamo?" chiedo poi giusto per distogliere l'attenzione dalla mia uscita mattutina.
"Sì certo" dice prendendo la borsa "andiamo a fare colazione?" chiede.
"Ok, ma io non mangio" ho lo stomaco troppo chiuso per pensare di poter mangiare qualcosa.
Lui mi guarda un attimo sospettoso, poi spalanca gli occhi e fa uno sguardo fra il "mi stai prendendo per il culo?" E "dimmi che non è vero".
Che poi vogliono dire esattamente la stessa cosa, ma lui ha quest'espressione che sembra contenerle entrambe.
L'unica cosa è che quando la fa posso dire per certo di essere fregato.
"Sei andato da sascha ste?" chiede con un tono che si abbina perfettamente al suo sguardo.
Devo ancora capire come diavolo fa.
"No, solo non ho fame" dico distaccato e apro la porta "possiamo andare?"
Annuisce e mette le scarpe "però io ho bisogno di fare colazione!"

Alla fin fine le lezioni sono passate velocemente, e se non fosse stato per il fatto che ho pensato a sascha tutto il tempo probabilmente sarebbero state anche interessanti.
Ho incrociato Giuseppe una volta, ma sembra non avermi nemmeno visto per fortuna.
È troppo presto per parlargli.
Lui non c'è stato, da quando ho lasciato sascha non mi ha più parlato.
Mi sembra assurdo.
Noi eravamo migliori amici, tutti e quattro e ora siamo separati.
Tutto perché io e sascha siamo stati così stupidi da prendere troppo sul serio quello che c'era fra noi.
Abbiamo cercato di portare avanti qualcosa che era più grande di noi e le opzioni erano due.
Sentirsi schiacciati e scappare.
Sentirsi schiacciati ma non rinunciare.
Io non sono scappato, sascha invece si e cercare di portare avanti qualcosa di così grande senza essere in due è impossibile.
Lui mi ha abbandonato, ha abbandonato quel "noi" che io consideravo più importante di "io".
Ma a quanto pare ero l'unico a pensarla così se a lui è bastato starmi distante per un paio di mesi per aver bisogno di qualcun'altro.
E non è più tornato poi, nemmeno un giorno durante l'estate.
Se ne è andato, ha lasciato tutto quello che lo collegava a noi, tranne Giuseppe.
All'inizio ero troppo distrutto per fare e per notare qualsiasi cosa.
Poi mi sono un po' ripreso, ho cominciato a stare meglio e ho cominciato a ricordare le cose.
Cose che mi hanno fatto sperare.
Ho ricordato che lo sguardo che sascha rivolgeva a quel ragazzo non era lo stesso che rivolgeva a me.
Ho ricordato le chiamate durate ore su Skype in cui sascha stava male, ma io non ci facevo caso.
Ho ricordato i messaggi in cui mi diceva che lo facevo stare bene solo io.
Ho ricordato gli abbracci, quelli che mi dava quando mi vedeva e ho ricordato che non voleva lasciarmi mai.
Ho ricordato come ho cominciato ad allontanarmi perché non stavo bene.
Ho ricordato che quando ho cercato di rimettere tutto come prima lui non era più lo stesso.
La colpa era mia, tutta mia, e questo mi ha fatto credere che se mi fossi impegnato avrei potuto rimettere tutto a posto.
Ma a quanto pare non è così

Ok questo capitolo mi fa schifo.
Tanto schifo.
Ma non me la sentivo di non pubblicare per così tanto tempo.
E boh... Grazie mille per i voti del capitolo scorso che sono stati più di 80.
Ci terrei a specificare che quando vi chiedo un tot di voti è solo per me stessa.
Se non raggiungiamo quei voti non succede niente, aggiorno ugualmente.
È solo per sapere se vi piace credo, ma non vorrei mai far credere che mi importa solo di quello.
Mi dispiacerebbe farvi una brutta impressione.
Ma non importa.
Commentate se vi va e ci vediamo al prossimo capitolo.
Ciao ciao
Emma

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