CAPITOLO I

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I vampiri sono un paradosso, camminano in entrambi i mondi senza appartenere realmente a nessuno dei due; non sono esseri umani e non sono veri demoni, sono immortali ma hanno più paura di morire delle loro vittime. Non hanno nessun legame terreno, eppure sono morbosamente attratti dalle cose materiali quali il sesso, il lusso e il denaro. I vampiri sono tutto questo, senz'anima tuttavia ben saldi a un corpo che non gli appartiene più. O almeno, questo era quello che credevo quando mi trovai a viverlo in prima persona.

Dopo un sonno profondo e privo di sogni, aprii gli occhi di scatto e mi risvegliai. L'aria era rarefatta ed ero avvolta dall'oscurità. Mossi piano il corpo per capire dove mi trovassi e mi accorsi di non avere spazio sufficiente per girarmi. Restando supina, quindi, allungai le braccia da entrambi i lati e con le dita percepii della stoffa, liscia e setosa. Tastando tutt'intorno, compresi che mi avvolgeva completamente e che dietro ad essa c'era qualcosa di solido. Mi bastarono pochi secondi per capire che ero stata chiusa in una bara, buia e angusta.

Presa dal panico, iniziai a urlare e battere con forza contro la parte alta della cassa. Il mio primo pensiero, mentre il terrore mi assaliva e mi ottenebrava la mente, fu che mi avessero creduta erroneamente morta e seppellita di conseguenza. Spaventata da quella eventualità, ripresi a colpire con foga il legno sopra di me finché un colpo assestato con più vigore non sfondò parzialmente le assi. Nel farlo, mi accorsi di riuscire a vedere le mie mani nel buio, chiare e opalescenti come se fossero state illuminate. Inoltre, per la situazione in cui mi trovavo, ero davvero fin troppo in forze; non avevo difficoltà a respirare, non provavo alcun dolore né mi sentivo debole. Eppure ero ferita ed ero stata praticamente sepolta viva. D'istinto mi toccai la gola, dove ricordavo d'essere stata trafitta, ma non trovai alcuna lesione. A quel punto, pur comprendendo che qualcosa in me non andava, mi lasciai guidare dalla paura e dall'istinto di sopravvivenza e ripresi a picchiare con maggiore impeto là dove il coperchio aveva ceduto.

Sotto ai miei colpi, la crepa che avevo creato poco prima si frantumò con facilità e terra e detriti si riversarono immediatamente all'interno della bara. Abbassai la testa e chiusi gli occhi allungando subito le braccia davanti a me prima che il terriccio umido invadesse tutto e io rimanessi bloccata lì sotto. Con fatica, mi issai su infilandomi attraverso la piccola apertura che avevo creato. Stretta in una morsa di terra, con le gambe ancora intrappolate all'interno della bara, scavai e grattai senza sosta per riuscire a sottrarmi al triste destino di morire in quel modo. Il terriccio mi ricadeva nel naso e nella bocca, il suo sapore pungente e sgradevole mi invase la gola mentre l'odore di marcio mi penetrava le narici ribaltandomi lo stomaco. Le dita mi facevano male, sentivo le unghie spezzarsi e la pelle delle mani tagliarsi. Stringevo i denti e andavo avanti, decisa a non mollare.

Devo uscire assolutamente da qui, pensai cercando di farmi forza e alimentando la mia speranza. Devo farcela, ancora pochi metri, un ultimo sforzo.

Non so quanto tempo passò né quanto a lungo lottai per evadere da quella dannata prigione sotterranea ma, quando finalmente riuscii a sentire l'aria fresca accarezzarmi le mani, capii che ce l'avevo fatta. Con la disperazione che lasciava il posto all'ansia e all'illusione della libertà imminente, con un paio di spinte, mi affrettai a uscire del tutto da quella tomba.

Annaspai fuori, quasi fossi stata partorita dalla terra stessa, ed ero logora e sporca di fango, ma non mi sentivo affaticata bensì solo molto affamata. Proprio in quel momento, un topo mi passò accanto e io compresi quanto fosse innaturale e inquietante la natura del mio appetito. Una voce dentro di me mi incitava lanciarmi su di lui e divorarlo, senza curarmi di nulla. Mi schifai di me stessa e provai ad allontanarmi ma la fame era più forte e mi tratteneva lì, costringendomi a osservarlo e a bramarlo. Inorridita e spaventata da quello che stavo sentendo, mi passai le mani tremanti tra i capelli scarmigliati e sudici.

Ally Rose - La Quinta VittimaWhere stories live. Discover now