Atlanta era una città così diversa dalla Contea di Madison, decisamente molto più caotica e inquinata. Daisy si era sempre opposta a tutti i numerosi inviti della figlia a trasferirsi con loro; la sua vita, infatti, era nella contea e il solo pensiero di andarsene la feriva. Era consapevole che rimanere là l'avrebbe costretta a stare lontana dalla sua famiglia, ma proprio non se la sentiva di trasferirsi in una grande città, così distante da ciò a cui lei era abituata.

Dopo aver messo giù l'annaffiatoio, si guardò attorno cercando di capire se ci fosse qualcosa da fare per potersi tenere impegnata, ma non le venne in mente nulla. La casa non era mai stata così pulita e, da anni, aveva smesso di dedicarsi alle sue vecchie passioni.

Decise perciò di uscire dalla porta e andare a sedersi sotto il portico. Avrebbe ammirato la distesa verde che si stagliava dinanzi ai suoi occhi e avrebbe respirato l'aria pulita che quella zona le offriva.

Si accomodò, raccolse un maglioncino leggero che teneva sempre appoggiato al bracciolo e se lo mise addosso, per coprirsi dal primo alito di vento mattutino. Espirò profondamente e le venne spontaneo cominciare a ricordare il volto dei suoi nipotini. Era curiosa di scoprire se le due piccole pesti fossero cresciute, se i loro riccioli che tanto li caratterizzavano fossero rimasti uguali o se fisicamente fossero esili come l'ultima volta.

Ripensò al momento in cui nacque Jason, nel 1966. Fu quello l'anno in cui divenne nonna per la prima volta e dovette attendere solo due anni per diventarlo nuovamente, con la nascita della piccola Claire.

I piccoli erano due gocce d'acqua; chiunque li guardava, infatti, li scambiava per gemelli. I loro lineamenti maturavano in contemporanea: appena nati entrambi avevano assunto i tratti del loro padre Luke ma, a mano a mano che crescevano, somigliavano sempre di più ad Amanda.

Guardarli era come rivedere la sua bambina e solo quello la riempiva di gioia. Nel rammentare il tutto si elettrizzò e la voglia di riabbracciarli le esplose nel petto, spingendola a scrutare l'orizzonte per capire se qualche macchina si stesse avvicinando.

Non aveva idea dell'ora in cui sarebbero giunti a casa sua, solitamente arrivavano la mattina presto. Sapeva che Amanda preferiva partire da casa all'alba, visto che erano necessarie circa tre ore di viaggio e, almeno per l'andata, non voleva rischiare di rimanere imbottigliata nel traffico con i due piccoli difficilmente capaci di saper pazientare.

Per fortuna passò poco meno di un'ora prima che la macchina grigia della figlia parcheggiasse lungo il vialetto. Una volta posteggiata, i due piccoli spalancarono la portiera e corsero incontro a Daisy.

«Nonna! Nonna!» gridarono, aprendo le braccia, in procinto di abbracciarla. Lei allargò le sue, pronta ad accoglierli e a riempirli di baci.

Daisy, mentre li stringeva teneramente, con la coda dell'occhio vide Amanda raccogliere le valige dal bagagliaio e seguirli incamminandosi a passo lento. Tirandosi su gli occhiali da sole, in modo tale da tenere i capelli bruni indietro, si lasciò il bel volto scoperto, non più sorridente come un tempo e pesantemente segnato da grandi occhiaie.

«Fulmine e Tempesta, lasciate stare nonna Daisy», disse la madre ai due piccoli, usando quei soprannomi che la nonna trovò buffi, ma allo stesso tempo perfetti per il richiamo al loro essere energici. Daisy si sollevò dalla sedia e, dopo essersi liberata dalla stretta dei nipoti, abbracciò la figlia che le era mancata davvero tanto. Quasi le venne da piangere per la gioia di rivederla.

«Come stai, mamma?» le domandò, mentre tutti assieme si facevano strada verso la porta d'ingresso verde che rivelava un forte contrasto con quelle pareti ancora bianche, nonostante lo scorrere degli anni.

«Si tira avanti, tesoro», si limitò a rispondere Daisy sorridendo e passandole la mano tra i capelli, anche quelli spenti. Nell'immediato si interrogò su quello che avrebbe potuto fare per farla tornare a splendere come un tempo e capì che rivelarle le sue tristezze era escluso. Di recente la figlia si era separata dal marito Luke e i problemi della madre erano un carico che non doveva gravare su quel peso che già portava appresso.

Con lei, Daisy si diresse su per le scale. Andarono a sistemare le valigie nelle camere e Amanda si complimentò per l'ordine e la pulizia. «Sei sicura di farcela da sola, mamma?» le domandò ugualmente, poggiandole una mano sulla spalla e guardandola dritta negli occhi. Daisy era una pessima bugiarda, e sapeva bene che con quel semplice gesto Amanda l'avrebbe smascherata, capendo se la sua risposta fosse sincera o meno.

«Va tutto bene, tesoro», si limitò a rispondere accennando un sorriso fin troppo finto. Dinanzi alla figlia che storse la bocca aggiunse in fretta: «Non preoccuparti per me, per favore».

Ritornando verso la cucina, scesero pian piano gli scalini e quelli scricchiolarono a ogni passo. Daisy pensò al fatto che se non fosse stata troppo affezionata a quella casa, avrebbe tentato di fare qualcosa per ristrutturarla e renderla un po' più moderna.

Ma si chiedeva come avrebbe potuto aggiustare quel leggero solco nel quale Amanda, da bambina, era inciampata e che aveva causato la caduta del suo primo dentino. O, in generale, come sarebbe riuscita a cambiare anche solo un dettaglio di quella dimora, così impregnata di ricordi che non aveva il coraggio di cancellare.

Una volta arrivate in cucina, la nonna prese una torta che aveva preparato il giorno precedente e la posizionò al centro del tavolo, mettendo in ogni postazione dei tovaglioli, consapevole che Jason e Claire non avrebbero assolutamente rifiutato una fetta.

«Volete un pezzo di torta?» urlò ai due piccoli, seduti già sul divano in salotto, pronti a guardare la televisione. Loro, come aveva predetto, non se lo fecero ripetere due volte. Nel giro di pochissimo tempo, scattarono in piedi e attraversarono la sala, guizzando velocemente lungo il corridoio sfidandosi a chi sarebbe arrivato prima in cucina.

Jason vinse. «Hai barato», dichiarò Claire, mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.

«Stai zitta, Claire. Io gioco pulito.»

«Calmi voi due», disse Amanda poggiando le mani dietro la schiena di entrambi e spingendoli verso il tavolo, in segno di invito ad accomodarsi.

Il volto dei due piccoli si illuminò non appena videro che la nonna aveva preparato la Apple Pie. Quella torta era un grande classico americano, nata agli inizi del secolo, e Daisy amava cucinarla. La proponeva sempre agli ospiti e, nonostante quello, era contenta del fatto che nessuno si fosse mai stancato di ritrovarla; anzi, erano entusiasti all'idea di poter gustare di nuovo quei sapori.

Con gli anni aveva perfezionato la cottura ed era riuscita a comprendere quale fosse l'equilibrio perfetto degli ingredienti. Il dosaggio giusto era uno di quei segreti che solo coloro che la cucinavano abitualmente potevano capire.

«È buonissima, nonna», proferì Claire mentre masticava con la bocca aperta.

«Claire, mangia con la bocca chiusa», le ordinò la madre, addentandone un pezzo. Daisy vide la figlia chiudere gli occhi e sul suo volto si formò un'espressione estasiata, quando i sapori le esplosero in bocca. La nonna era così orgogliosa di quella sua torta che sorrise soddisfatta e contenta dei complimenti.

A seguito dell'abbuffata, le due donne rimasero per lungo tempo a chiacchierare sedute a tavola, raccontandosi tutto ciò che era accaduto dall'ultima volta che si erano sentite a telefono. Parlarono anche di Jonathan, l'altro figlio di Daisy, che dieci anni prima circa aveva fatto un viaggio in Italia, esattamente a Venezia, e aveva conosciuto un'italiana di nome Michela. Si innamorarono e ormai risiedeva stabilmente lì, con il suo bel lavoro in un'azienda americana che lo soddisfaceva e gli faceva fruttare molti soldi.

Amanda le raccontò di aver ricevuto una lettera la settimana precedente dove lui la informava che stavano cercando una casa più grande, pronti ormai ad avere un bambino. Daisy non poté non gioire a seguito di quelle parole, contenta che presto sarebbe diventata nonna per la terza volta.

Sicuramente nel giro di pochi giorni avrebbe ricevuto anche lei una lettera dal contenuto simile. Non le restava che attendere.

Un sonoro sbuffo interruppe quell'idillio interiore che si stava consumando nel suo corpo. Daisy si girò in fretta e vide sul volto di Jason e Claire un'espressione alquanto annoiata. Probabilmente sentirle parlare non era ciò che desideravano e prima ancora che la nonna potesse proporre qualcosa, Claire la anticipò.

«Giochiamo?»

Eternity - Un amore senza fine |COMPLETA|Where stories live. Discover now