Angolo di Paradiso

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Un passo, due, tre. C'era un rumore di tintinni dovuti all'imbragatura della sella, oltre che i passi ovattati sulla paglia.
Jean li percepì, perché si fermò da quello che stava facendo e voltandosi, guardò verso l'entrata, dove a pochi metri da lui c'era Marco.
Entrambi erano molto cresciuti: ormai ventenni, Jean aveva sviluppato un pizzetto sul mento, castano, e una barba appena accennata. I muscoli erano più evidenti e il profilo del viso pure. Nonostante fosse diventato più alto, il moro lo superava di qualche centimetro, costringendolo ad alzare lo sguardo.
Per il primo momento Marco fu davvero indeciso se agire d'impulso e abbracciarlo o semplicemente salutarlo. In ogni caso era troppo emozionato per reagire razionalmente, come ad ogni suo ritorno. Sapeva che mai nulla sarebbe cambiato, nonostante il tempo che passava inesorabile. Erano diventati due uomini robusti e definiti, ma dentro rimaneva il bocciolo del loro amore: tenero e delicato, fragile a tratti.
Fragile come quando Jean partiva per l'ignoto, e Marco si sentiva incompleto in un equilibrio precario, simile a un funnambolo senza il bilanciere.
Jean era l'aiuto indispensabile per non perdere le facoltà mentali.
Temeva che se fosse morto, sarebbe caduto in un abisso troppo grande, una depressione che l'avrebbe portato pazzia, a sua volta alla morte.
«Marco» disse semplicemente il biondo, incominciando un dialogo che il lentigginoso non avrebbe avuto la forza di iniziare.
Si avvicinò -anzi corse in poche ma grandi falcate- incontro, reagendo istintivamente al desiderio di averlo finalmente tra le sue braccia.
Gli occhi gonfi rossi e stanchi ricominciarono a produrre lacrime, mentre lo stringeva a se, cingendo il busto con forza.
«J-Jean!» singhiozzò a sua volta, chino sulla sua spalla «a-amore mio!» annaspò l'ossigeno che mai sembrava abbastanza, con voce rotta e appena udibile. «Come sono felice! I-io...!»
E il più piccolo sorrise leggermente, intenerito, ricambiando la stretta dopo un primo attimo di sorpresa.
«Ehy, sono qui» Adesso Jean si ritrovava a tranquillizzarlo: Era bella quella equità nel loro rapporto, sempre pronti a sostenersi, senza paura che uno potesse sembrare più debole dell'altro.
«Ho ...» e si interruppe. Il biondo iniziò ad accarezzare la schiena, per rassicurarlo.
«Marco?» lo chiamò con un accenno preoccupato.
«H-ho temuto per la tua vita» continuò l'interpellato, con la voce ancora contraffatta dal pianto liberatorio.
Aveva tenuto tutto quel dolore per tanto, troppo tempo e Jean era l'unico modo in cui poteva sentirsi meglio.
«Shh» gli fece dolcemente, continuando a cullarlo. «Sono qui» ripetè. Stettero così per attimi che sembrarono eterni, beandosi in quella stretta dove tutto era mancato. Quando si staccarono, Jean si perse nei suoi occhi castani, resi grandi anche dal pianto. Le pupille nere brillavano e tremavano ancora, umide. In quel momento si rese conto quanto quelle missioni li distruggessero, entrambi, non riuscendo a vivere senza sapere cosa all'altro capitava.
«Ora stai meglio?» domandò aspettando che si calmasse e che il suo respiro tornasse regolare.
In realtà Jean non doveva preoccuparsi per la sopravvivenza del suo amato: lavorando per il re era nel posto più sicuro che l'umanità ambiva, ma sapeva che in realtà soffriva molto di più, per la lontananza. Questo gli faceva una dolcezza incredibile. Non era tipo da smancerie, ma Marco era capace -a detta del ragazzo- di far sciogliere persino interi ghiacciai -descritti nel libro di Armin-.
Riusciva a scalfire la sua barriera e tirargli fuori la parte migliore di sé.
«Su, ora basta piangere, sei un uomo!» disse, emettendo una risata, nella ricerca di farlo stare meglio. Gli si spezzava il cuore vederlo in quello stato, anche se non l'avrebbe ammesso manco sotto tortura.
«Scusa...» mormorò l'altro, ancora a bassa voce, non nascondendo però, il suo viso ancora sconvolto.
Volto segnato dalle lacrime, scese seguendo il profilo ormai maturo, continuando sulla barba appena accennata.
«Non scusarti di nulla, anche io sono felice di vederti» Non resistette alla tentazione di prendere le guance delicatamente tra le mani e passarci i pollici per tutta l'ampiezza, in un gesto venuto naturale. In quei momenti Marco sembrava uno scricciolo, con quello sguardo da cerbiatto impaurito e Jean si sentiva in dovere di proteggerlo. Glielo doveva dopo tutto quello che aveva fatto in passato per lui, incoraggiandolo e sostenendolo.
«L-lo so che è egoista, ma vorrei tanto che non partissi più, non so per quanto ancora riuscirò a vivere nel terrore di perderti»
Fu preso alla sprovvista, il biondo, a quella dichiarazione. Sapeva che Marco era tutto, tranne che una persona presa da sé stessa, ma che anzi, avrebbe dato sangue e corpo per qualcun'altro, sopratutto se chi doveva aiutare era lui.
E nessuno meglio di Jean stesso poteva capire l'ansia costante per la sua vita, sentendosi sempre come una mela a metà.
Fuori dalle mura, dopo il primo pensiero che consisteva nel sopravvivere e abbattere giganti, quello successivo era sempre Marco, su come stasse o cosa facesse.
E ogni notte, prima di andare a dormire ripeteva tra se e se, nei confronti dell'altro, che non doveva preoccuparsi perché sarebbe presto tornato. Come una preghiera diretta a lui, dando anche a sé stesso la forza e motivazioni per cui non si sarebbe mai arreso.
«Non sei egoista, Marco. Io ..io provo lo stesso. Odio il fatto che devi penare per ogni secondo della mia vita, preoccuparti. Ma ho fatto questa scelta seguendo il tuo sprono, perché tu credi in me e...»
«Io sono fiero di te, non dimenticarlo mai.» Ora era Marco a dedicare al ragazzo delle dolci attenzioni. Aveva completamente smesso di piangere e rimanevano solo le tracce di quella disperazione, tranquillizzato e assolutamente completo.
Non aveva bisogno d'altro se non il biondo al suo fianco.
Jean arrossì un pò e il lentigginoso sorrise, era bellissimo e così dolce, in fondo.
«So che per noi ..mh» e poté notare che incespicava. Chi conosceva solo la parte burbera, sicura e orgogliosa del biondo non l'avrebbe mai riconosciuto: timido e impacciato.
Da una parte Jean odiava Marco per questo, si sentiva un pappamolle. «...Per noi è difficile ma sappi» e a quel punto lo guardò dritto negli occhi, sicuro «Che io continuerò a vivere e a combattere per tornare da te, sempre»
Marco non seppe spiegarsi cosa successe in quel momento, non a parole, almeno.
Semplicemente riuscì a sentirsi in contemporanea contento -perché sapeva che era l'unica motivazione valida e assoluta- ma anche disperato che sarebbe andato nuovamente lì fuori.
Trasparì negli occhi castani, velati d'ansia, tornati leggermente tristi.
E subito si ritrovò stretto tra le braccia di Jean.
«Non posso fare altro se non giurartelo. Se potessi stare con te rimarrei per sempre»
«Lo...lo so» ricambiò l'abbraccio con il desiderio di non lasciarlo più andare.
Ora quel piccolo spiraglio di gioia che avevano, momentaneo, dovevano goderselo e viverlo fino in fondo.

Angolo di Paradiso [JeanMarco]Where stories live. Discover now