8. Portami via da qui.

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È da troppo tempo che cerco di scrivere questo capitolo e ogni volta che penso di pubblicarlo, cambio idea perché c'è sempre qualcosa che non mi convince... spero che, almeno questa volta, sia uscito decente. T^T

*****

Lo aveva baciato, appena qualche ora prima, lasciandolo subito dopo senza alcuna spiegazione.
Ed ora era là, legato ad una sedia, con gli occhi spalancati, che a stento a credeva alle sue orecchie, senza proferir parola.
Gli aveva detto di amarlo, ma aveva sentito troppe cose in troppo poco tempo. Da quanto aveva capito, Dylan doveva sapere tutto di quella storia. Che significava la frase; 'Il nostro patto'? Quale patto? E che legame c'era tra Dylan e quell'uomo?
Dov'era il Dylan sicuro di sé, quello che sapeva sempre che cosa dire, che non aveva paura di nulla?
Era certo che, in tutto quel casino, non avrebbe capito un accidente. Ma voleva sapere la verità; che Dylan lo avesse tradito? Che per tutto questo tempo avesse solo fatto finta di essergli amico? Ma se così fosse stato, allora perché ora stava tentando di aiutarlo? E, per di più, aveva confessato di amarlo.

La forte risata di quel pazzo, rieccheggiò per tutta la casetta di legno, facendo rabbrividire i due ragazzi.
-Stupido finocchio! Dimenticati di tutti quegli inutili sentimenti! Non sei realmente innamorato di questo ragazzo, ti stai solo facendo prendere dai sensi di colpa. Francamente me ne infischio, quando avrò finito con lui, poi penserò a te.
Tu pensa solo ai tuoi genitori, grazie al suo sacrificio ora sono salvi e, grazie a te, ora può divorare la sua anima.- Disse, ritornando serio, indicando con un gesto distratto il ragazzo che aveva smesso di agitarsi, completamente immobile.
-C-Cosa... è... v-vero Dylan? Per tutto questo tempo non hai fatto altro che fingere, solo per i tuoi scopi!?- Singhiozzò, ricominciando a bagnare le morbide guance con le lacrime.
-Non è così Brian! O almeno, non era così che credevo sarebbe andata. E, credimi, io ho letteralmente perso la testa per te! Credevo sarebbe stato facile, che a me non avrebbe fatto male, che mi sarei liberato in fretta di tutta questa stupida faccenda. Volevo solo aiutare i miei genitori.
Ma poi... ho conosciuto te ed è lì che non ho più capito nulla.- Per quanto gli fu possibile in quella situazione, sorrise.
Brian rimase in silenzio, non voleva parlare, aveva solo paura. L'unica cosa che riuscì a fare fu continuare a piangere.
Perché fu in quel preciso momento, che capì di essere innamorato.
Era come diviso a metà; una parte gli diceva che era solo colpa sua se adesso si trovasse lì, a un passo dalla morte. Ma l'altra voleva perdonarlo e capirlo, era stato costretto e, probabilmente, anche lui stesso avrebbe fatto la stessa cosa.
Ma ora, la sola cosa che voleva fare, era poter baciare ancora quelle labbra.
-Commovente, davvero! Ora finiamola, non può più aspettare!-
Si diresse verso il piccolo e basso tavolo, da cui prese una pesante tanica di benzina, la pazzia di quell'uomo avrebbe presto ucciso tutti se Dylan non fosse immediatamente intervenuto.
-Fermati zio! Rifletti, ti prego! A che scopo fai tutto ciò?! Lascia in pace questo ragazzo e la mia vita!- Gridò, tentando di convincerlo.
-Sciocchezze! Lo faccio per il nostro Signore dell'inferno! Ecco per chi lo faccio! Ora levati dai piedi e fammi finire ciò che TU hai incominciato.- Spinse malamemte il ragazzo, che si era parato davanti al più piccolo, cercando di difenderlo.
-No... no, no, no! Lasc-Lasciami, voglio tornare a casa!- Si dimenava in preda al panico più totale, chiuse gli occhi, per il ribrezzo che provava a contatto con quel liquido.
L'uomo stava sollevando in alto la tanica, rovesciando il contenuto sul corpo legato del ragazzo. Un ghigno sadico aleggiava sul suo viso, mentre velocemente svuotava il recipiente da quel liquido trasparente, che già aveva bagnato la maggior parte dei vestiti di Brian.
L'atmosfera era alquanto spaventosa; le fiamme delle candele, a causa del vento che passava dai vari buchi nel legno, non avevano smesso un solo secondo di tremare. Segni e scritte riempivano ogni angolo del pavimento in legno, ormai marcio da anni.
Quando la tanica fu completamente svuotata, tirò fuori dalla tasca del jeans uno zippo, accendendolo subito dopo.
Mentre recitava delle formule in una lingua antica e sconosciuta, un fortissimo colpo alle sue spalle, interruppe improvvisamente quelle parole scomposte e incomprensibili alle orecchie dei ragazzi, che una dopo l'altra uscivano dalla sua bocca.
Lo zio cadde a terra, senza sensi, Brian spalancò gli occhi per il forte rumore, puntandoli direttamente sul corpo che ora giaceva sul pavimento. Sollevò la testa puntando gli occhi in quelli di Dylan, che se ne stava immobile con un enorme asse di legno ancora sollevata a mezz'aria.
Lasciò cadere l'arma, che appena toccò terra, produsse un rumore che fece trasalire il ragazzo, risvegliandolo da quella specie di trance.
Dylan era riuscito a fermarlo, ma non ebbe abbastanza tempo per capire l'enorme cavolata che aveva appena commesso; lo zippo, scivolando dalle mani dello zio, era caduto ancora acceso sul pavimento completamente ricoperto di benzina.
Dylan non perse tempo e si avvicinò al più piccolo, che continuava ad agitarsi ed ansimare, essendosi accorto del fuoco che lentamente cresceva ai suoi piedi. L'altro cominciò a slegare velocemente i nodi, liberandolo.
Lo sollevò da terra, con un braccio dietro la schiena lo tenne stretto al suo petto, mentre con l'altro reggeva le sue gambe. Brian strinse tra le proprie dita un lembo della maglia del più grande, senza smettere un solo secondo di tremare dalla paura e dal freddo. Dylan si allontanò in fretta, lasciando l'uomo disteso a terra, che presto sarebbe finito dove meritava.
Puntò per una frazione di secondo gli occhi in quelli spalancati dell'uomo, guardandolo per l'ultima volta.
-È questo quello che ti meriti.- Mormorò, vedendo già le fiamme espandersi, raggiungendo lentamente il corpo che giaceva a terra.
Poi corse sotto la fitta pioggia, lontano, velocemente, con in braccio il corpo esile del corvino.
Corse, finché poté, fino a sentirsi le braccia e le gambe stanche, scivolando sul prato bagnato e ricoperto di fango.
Quando toccarono il suolo, Brian si trascinò lontano da Dylan che immediatamente si avvicinò al corvino, ma esitò, vedendolo che cercava di farsi sempre più piccolo.
Con un dito sfiorò lievemente la sua spalla tremolante, ma al solo tocco Brian si protrasse, guardandolo disperato.
-S-Stammi lontano!- Gridò, indietreggiando sempre più, sul fango.
-Brian... non voglio farti del male.- Disse dolcemente, avvicinandosi.
-No! Vattene! Voglio tornare a casa...- Provò ad alzarsi, ma un capogiro lo fece crollare.
-Brian!- Fortunatamente Dylan riuscì a prenderlo prima che toccasse il suolo. Brian era scosso e ancora troppo intontito dalla caduta che gli aveva fatto perdere i sensi.
-Brian, stai bene?!- Sbottò, scuotendo il ragazzo.
-D-Dylan...- Sussurrò con un filo di voce. Il più grande si rialzò, con in braccio il corvino, avviandosi verso casa sua. -Ti porto a casa, Brian.-

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