13.

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Bolla d'aria


Iniziai a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi che Justin non mi volesse dire in faccia che non mi amava più, ma era proprio ciò che pensava. Io avevo dato tanto per lui, avevo abbandonato i miei genitori e Criss per trascorrere la mia vita con lui e ciò che avevo ricevuto in cambio era stata una vita dall'altra parte del mondo con Daniel e i suoi leccapiedi.
-Dici che non sei debole? Ma mi stai prendendo in giro? Si vede dall'espressione che non reggi più questa situazione.
Daniel rise e posò il portatile sulla scrivania inn modo che io potessi vedere Justin, e lui potesse vedere me, Akash e Daniel insieme.
-Non sono debole e so benissimo come affrontare tutto nella vita.
Ripetè fermamente Justin.
-Si, come quando hai pianto disperatamente al funerale del tuo papà.
Vidi Justin rimanere così tanto immobile che pensavo che la connessione si fosse interrotta. A farmi capire che non era così fu la sua gola, che si gonfiò quando deglutì. Ricordai quanto avesse pianto quando mi aveva raccontato della morte del padre. Mi aveva spiegato che lui era ancora piccolo e aveva dovuto prendere da subito in mano la situazione, aiutato da Peter. Suo padre era sempre stato il suo modello da seguire e dopo che avevo scoperto, tramite delle ricerche, che aveva ucciso sua madre, Justin aveva sofferto tantissimo, ma io gli ero sempore stata accanto.
-In questo caso ti assicuro che è tutto sottocontrollo.
Continuò Justin stringendo i pugni. Abassai il collo che aveva iniziato a dolermi per lo sfonzo di guardare fin sopra la scrivania e rimasi ad ascoltare. A questo punto mi sembrava anche abbastanza inutile rimanere lì.Quando avrebbe caopito Daniel che a Justin non faceva né caldo né freddo vedermi in quella situazione?
-Sai una cosa? Ciò che mi è sempre piaciuto di Quinn è il fatto che sa essere coraggiosa,indipendente e se qualcosa non le sta bene nasconde i sentimenti.
Girai il volto verso Daniel, non sapevo dove volesse andare a parare, ma mi stava guardando con occhi seri.
-E' anche più brava di te, molto più brava di te. Per questo ti piace. Lei è tutto quello che non sei riuscito ad essere tu. E' forte come tuo padre, mentre tu non riesci ad esserlo sempre.
A quel punto stava guardando verso lo schermo del computer, mentre Justin rimaneva in silenzio a torturarsi le mani. In quel caso ero quasi certa che fosse una reazione al nervosismo.
-In questo momento, per esempio, sembra che non provi nulla. Non piange, neanche una lacrima. Eppure il suo cuore è spezzato proprio come il tuo, Stati Uniti.
Daniel si inginocchiò davanti a me e, a un palmo dal mio volto, sussurrò:
-Piangi.
Rimasi in silenzio a guardarlo con gli occhi asciutti. Non gli avrei dato questa soddisfazione, me lo chiedeva solo per far sentire peggio Justin e io non ne avevo alcuna intenzione.
-Visto?
Daniel si tirò su sulla sedia e lo vidi fare un cenno con la testa nella direzione di Akash. Fu troppo tardi quando capii. Sentii Il colpo della frusta abbattersi sul mio fianco e e quando arrivò il dolore, mi morsi le labbra per non urlare.
-Visto? Nessuna lacrima.
Daniel fece spallucce.
-Ok, non piange e con questo?
Era la prima volta dall'inizio della conversazione che Justin parlava di me.
-Stati Uniti, possibile che ti devo spiegare proprio tutto? Sono le lacrime che creano empatia. Se non piange non capirai mai quanto tu abbia bisogno di lei per vivere.
Daniel fece un nuovo cenno e Akash mi colpì più in alto rispetto a prima. Sentii mancarmmi il respiro a causa del forte dolore e strinsi gli occhi. Erano due colpi troppo ravvicinati, non riuscivo a sopportarli.
-Non ho bisogno di nessuno per vivere. Io sono indipendente.
Urlò Jsutin. Aveva appena detto che non aveva bisogno di me, ma ciò che mi meravigliò e catturò la mia attenzione fu il fatto che aveva perso la pazienza e la credibilità. Sembrava lui quello sofferente. Non si era mai comportato così davanti a qualcuno che non ero io. Non lo avevo mai visto scomporsi di fronte al nemico.
-Non è vero.
A questo punto anche Daniel aveva urlato. Sentii un nuovo schiocco della frusta e bruciore sulla schiena. Mi rendevo conto del fatto che avessi la fronte bagnata dal sudore per la paura, lo sforzo di non piangere e il dolore provocatomi da quelle ferite continue.
-E' vero. Posso provartelo in qualsiasi modo.
Ribadì Justin.
-Accetta il tuo caterrete, non è da capo e tu o sai.
Akash mi colpì un'altra volta. Lottai per non urlare e abbassai la testa per non guardare i due litiganti. Se avessi potuto mi sarei concentrata su Annie, ma dalla mia posizione non riuscivo a vederla. Chissà cosa pensava o se mi stava guardando. Io le avevo chiesto di non farlo, per non farla impressionare e le avevo promesso un regalo. Speravo ubidisse con tutto il cuore.
-Quinn, dimostragli che non è forte. Piangi.
Mi ordinò Daniel. Lo ignorai. Justin era forte e avrebbe vinto su Daniel, lo sapevo... lo speravo almeno.
-Akash.
Ringhiò Daniel. La frusta questa volta colpì il mio braccio destro.
Strinsi la mano a pugno. Iniziai a sentirmi le palpebre pesanti e poca forza nei muscoli, ma lottai per rimanere cosciente.
-Smettila.
Tuonò Justin di punto in bianco.
-Akash.
Tuonò Daniel un'altra volta.
Sentivo le voci dei due lontane e non riuscii a distinguere neanche il punto in cui la frusta mi mutilò. Mi doleva tutto, una ferita in più ormai non avrebbe quasi fatto più differenza. Sentivo che contro la mia volontà le forze mi stavano abbandonando. Non riuscivo più ad aggrapparmi a nulla.
-Basta, la stai facendo soffrire.
-Pensavo che non ti interessasse.
Ribatté Daniel.
- Lei è la mia Quinn e varrà sempre qualcosa per me.

Justin rispose tutto d'un fiato e probabilmente subito dopo se ne pentì. Sentii improvvisamente un'ondata di gioia e commozione invadermi il cuore. Alzai gli occhi verso di lui, mi guardava, ma non riuscii a decifrare bene la sua espressione, la vista mi si appannò. Allora ancora provava qualcosa per me. Ripensai a tutte le parole che mi aveva detto, alle promesse fatte. Avevamo giurato che ci saremmo amati per sempre quando eravamo stesi sul suo letto, mi aveva dato un Iberis per ricordarmi di rimanere forte e mi aveva chiesto di aspettarlo durante la vendita. Io avevo fatto tutte e tre le cose, sperando in un riconoscimento anche da parte sua. Una lacrima mi scese involontariamente giù per la guancia.
-Era proprio ciò che volevo sentire e ciò che volevo vedere.
La vista si annebbiò del tutto e le orecchie iniziarono a fischiarmi. Sarei voluta rimanere a guardare Justin, l'unica cosa che avrei voluto fare era ringraziarlo di tutto, ma non ce la facevo più a resistere e, cosciente della mia debolezza, persi i sensi.

**

Mi svegliai mentre qualcuno toccava la mia schiena con un panno bagnato. Inizialmente mi sembrò di provare piacere, ma non appena la freschezza venne assorbita dalla mia pelle, il panno mi lasciò solo una sensazione di bruciore. Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu un mobile familiare. Davanti a me erano accartocciati dei bigliettini e, tra questi, erano sparsi i resti di un fiore. Mi ero svegliata con la figura di Justin in testa, come se lui avesse fatto o detto qualcosa, e per un momento avevo creduto di essere accanto a lui. Solo dopo riconobbi i foglietti che trovavo sotto i piatti ogni sera e i petaleti dell'Iberis che mi aveva regalato Justin. Ero nella società indiana e Daniel mi aveva torturata.
Il sorriso ricomparve sulle mie labbra quando ripensai alle parole di Justin. "Lei è la mia Quinn e varrà sempre qualcosa per me". Non aveva detto un "Ti amo ancora" o un "mi manchi", ma la scelta delle parole che aveva effetuato mi faceva ancora sperare.
"La mia Quinn".

"Mia".

Cercai di tirarmi su con le spalle al muro, ma una mano mi si poggiò delicatamente sulla testa e mi costrinse a ristendermi lateralmente.
-Finalmente ti sei svegliata.
Avevo sofferto così tanto in quella stanza, circondata da nemici, che solo quella voce mi fece commuovere.
-Fhara.
Sorrisi e girai il collo per guardarla.
-No, devi riposare.
Fhara mi mise una mano sul viso e mi fece poggiare la guancia sinistra a terra.
-Che stai facendo?
Chiesi. Sentivo di avere il vestito alzato in modo da lasciare scoperte solo le spalle, ma non mi faceva freddo stranamente. Solo in quel momento realizzai di essere stesa su quello che sembrava un telo da spiaggia.
-Sai, sono andata in bagno, ho preso delle asciugamano e le ho bagnate. Pensavo ti facesse piacere.
Quindi Fhara, la ragazza che non sarebbe mai andata contro le regole, aveva fatto la ribelle solo per aiutarmi. Io mi ero rivolta male a lei, la avevo accusata di debolezza, le avevo detto che era lunatica, e lei si era lo stesso scomodata per aiutarmi. Era davvero una ragazza d'oro.
-Si, è piacevole. Grazie.
Mi sentivo terribilmente in colpa. La avevo fatta piangere e non se lo meritava.
-Scusami, non avrei mai voluto farti soffrire.
Dissi imbarazzata.
-E' acqua passata. Non ti preoccupare.
-Ci sono andata giù pesante, non volevo.

Fhara rimase in silenzio per un po' come se stesse pensando alle parole da dire.
-Ho ragionato su quello che mi hai detto. Tu credi che io non veda difetti nella società, che mi abbiano fatto il lavaggio del cervello, ma non è così. Nawal è un po' impulsivo, mi ha picchiata un paio di volte, ma non erano cose serie. Lui mi ama a modo suo. Ha solo bisogno di qualcuno che gli insegni ad essere meno violento.
Mi si strinse il cuore. Io la avevo aggredita e invece lei si trovava nella mia stessa situazione con Justin all'inizio della nostra vita insieme. Lui era aggressivo, ma io lo avevo aiutato a migliorarsi.
-Tu glielo insegnerai, Fhara. Sei in gamba.
Sorrisi, ma non ero sicura che lei lo potesse vedere.
-Ti sbagli, non sono in gamba.
Rispose passandomi l'asciugamano sulle spalle. Sussultai.
-Non è assolutamente...
-Ti sbagli. - Mi interruppe lei. -Non sono in gamba, non quanto pensi tu. Non siamo tutti forti come te, Quinn. Hai ragione ad esserti arrabbiata, volevi spronarmi ad essere una persona migliore, solo che non lo sono e non potrò mai esserlo.
La sentii appoggiarsi bruscamente al muro alle sue spalle. Non sapevo cosa fare o cosa dire. Rimasi in silenzio e chiusi gli occhi. Io la vedevo sempre così strana, riusciva a piangere, essere felice, urlare e innervosirsi nell'arco di cinque minuti. Non era proprio il ritratto della forza morale, ma sapevo che se si fosse impegnata avrebbe ottenuto grandi risultati.
-In realtà... io...
Fhara sospirò e io credevo che non volesse aggiungere altrò, finché non parlò.
-So che questa società è cattiva,ma rispetto le regole solo perché ho paura. Una volta ero più forte, ma adesso...
Sono arrivata qui quando avevo 12 anni, solo sei anni fa. Dopo la morte di mio padre, nonostante la mia famiglia fosse abbastanza abbiente e ci avesse fornito una buona istruzione, eravamo ridotti sul lastrico. I soci di questa società ci avevano promesso una vita migliore, nella quale avremmo avuto vitto e alloggio senza spendere un soldo. A quel tempo sembrava molto meglio di quanto potessimo sperare, così accettammo. Venimmo a vivere qui e legai con una nuova arrivata, Melany, la mamma di Annie, era di nazionalità inglese e solo noi riuscivamo a comunicare con lei perché avevamo già studiato l'inglese a scuola. Nei due anni che passammo con Mel migliorammo la pronuncia e ampliammo il lessico, ecco perché io adesso riesco a parlare con te.

-Non... capisco perché parli al plurale. Tu e chi?
Mi pentii della domanda appena la formulai.
-Non ero sola quando solo arrivata qui. Ero in compagnia di Daya, la mia sorella gemella.
Potevo immaginare il seguito della storia. Non volevo sembrare scortese. Goffamente rotolai sulla pancia per stendermi sul fianco destro e guardarla in faccia. Stava piangendo.
-Quando mi sono resa conto del brutto posto in cui ci trovavamo ho cercato una via d'uscita. L'avevo trovata, nonostante questo labirinto di corridoi tutti uguali. Sono sempre stata brava a orientarmi. –Prese del fiato.- Sentivo di dover aiutare Daya, perché mi sentivo la sorella maggiore, anche se lo ero solo di pochi minuti. Lei mi odiava per questo. –sorrise- Così decisi di tenere la scoperta per me. Alola fine scoprirono che avevo trovato la strada per fuggire. Un giorno Akash entrò nervoso nella stanza, spiegò velocemente quale erano le mie colpe e puntò una pistola contro il colpevole.
Una lacrima scese lungo la sua guancia.
-Fhara... non devi...
-Devi sapere la cosa più buffa. Io e mia sorella avevamo dei fermacapelli di due colori diversi, regalatici da nostro padre prima di morire, ma lei, sbadata come era, lo perdeva in continuazione. Quel giorno me lo aveva rubato per scherzo e io non glielo avevo richiesto indietro, sapendo quanto ci tenesse. Quando Akash entrò riconobbe il mio fermacapelli, la scambiò per me e...
A quel punto aveva cominciato a piangere disperatamente. Singhiozzava, le sue guance erano rosse, le mani tremavano. Allungai faticosamente il mio braccio verso di lei e le afferrai il polso.
-In un secondo morì. Era seduta accanto a me, scherzavamo insieme e un attimo dopo era stata uccisa. Sapevo di dover fermare Akash, ma ero bloccata dalla paura. Immobilizzata nel tempo. Lei mi guardava in cerca di spiegazioni e io mi sentivo come in una bolla d'aria. Solo quando la vidi a terra sanguinante mi buttai sul suo corpo, non volevo credere a ciò che era successo. Lei era buona, dolce, non lo meritava. Eravamo sempre state vicine nella vita e quando portarono il suo corpo via sentii che il nostro legame era, dopo quattordici anni, svanito. Da allora continuo a ripermi che sono una codarda. E' sta colpa mia. Dovevo essere io uccisa non lei.
-Non la conoscevo ma sono sicura che lei non vorrebbe che pensassi questo, Fhara.
-Lei vorrebbe essere viva e se non lo è, è solo colpa mia. Non voglio perdere anche te, Quinn.
Si mise le mani tra i capelli e ebbi l'impressione che se li stesse tirando. Solo guardando la sua pena adesso riuscivo a capire perché si comportava stranamente. Aveva tenuto il segreto per tutto quel tempo, non si era mai sfogata con nessuno e in realtà voleva impedirmi di aiutare le altre perché aveva paura che mi avrebbero uccisa.
-Fhara, tu sei la ragazza più fragile, forte, triste e solare che abbia mai consosciuto. Tutto ciò ti rende speciale. Non è colpa tua se è andata a finire così.
Se in passato hai perso una sorella devi sapere che adesso ne hai una nuova.

Fhara alzò gli occhi, stava ancora piangendo e tremando, ma sembrava apprezzare il gesto. Continuò a singhiozzare per molto tempo, avrei voluto abbracciarla, ma alzarmi mi sembrava un'impresa ardua.
-Non lo avevo mai detto a nessuno. Scusami.
Disse dopo un po'. Aveva la voce rotta e sembrava essergli difficele parlare.
-Dopo tutto quello che hai fatto per me questo è il minimo.
-Cerco di aiutarti perché mi seno in colpa per lei. Avrei dovuto prendermi più cura della mia soellina.
Improvvisamente da malinconica divenne innervosita con sé stessa.
-Se solo fossi stata coraggiosa come te, non sarebbe successo. Per questo tu sei il mio modello da seguire.
-Ti assicuro che non c'è proprio niente di bello da seguire in una come me.
Pensai a quando nella stanza di Justin avevo ucciso i due fratelli che avevano tentato di violentarmi, avrei dovuto provare ad aiutarli, non aggredirli. Mi sentii improvvisamente in colpa. Se quelle ragazze avessero conosciuto il mio passato veramente non mi avrebbero neanche rivolto la parola, spaventate da me.
Mi ero comportata come akash in passato. Un errore che non avrei mai più commesso.

Sentii la porta aprirsi alle mie spalle. Fhara si asciugò in fretta le lacrime e si alzò in piedi confusa, ma nello stesso tempo più determinata che mai. Urlò qualcosa in indiano e una voce mascile che non conoscevo rispose bruscamente, sbattendo la porta. Non ero riuscita a guardare la scena perché mi facevano male le spalle e non avevo il coraggio di voltarmi, in più mi sentivo di nuovo stanca e con poche forze. La mia attenzione era concentrata sulla voce di una bambina, che urlava. Solo in quel momento mi ricordai di Annie.
-No, no, no.
Urlai. Stavo per raccogliere le forze per sollevarmi da terra quando Fhara si sedette accanto a me con il volto accigliato e qualcuno mi coprì la visuale attaccanosi al mio collo.
Sentii una fitta e lanciai un urlo perché si era aggrappato lì, dove ancora le ferite erano fresce. Ero consapevole di chi fosse.
-Quinn.
Urlò la piccola Annie, sedendosi lacrimante sulle gambe di Fhara.
-Annie.
Sorrisi.
-Stai bene?
-No, quei bastardi le hanno fatto del male. Io li uccido con le mie stesse mani.

Non avevo mai visto Fhara così infuriata, per questo aveva urlato contro l'uomo che aveva riportato Annie.La bambina voltò la testa, in modo da mostrarmi la parte sinistra del viso, che fino ad allora era stata nascosta dai capelli.
-Cosa è successo?
Il collo e buona parte della guancia erano arrossati e gonfi sembravano l'avessero colpita con qualcosa di pesante, ipotizzai che si sarebbe formato un grande livido.
-Dicono che è stata colpa tua perché non hai ubbitio.
Disse con gli occhi gonfi di lacrime. Fhara la strinse tra le braccia, avrei voluto farlo anche io, ma avrei sofferto troppo nel muovermi.
-Fa male.
Disse poggiandosi una mano sul collo.
-No.
Sussurrai. Avevamo fatto un patto con Daniel. Io avrei ubbidito e loro avrebbero lasciato in pace Annie, ma annebbiata dal'amore che provavo per Justin mi ero rifiutata di piangere e loro se l'erano presa con Annie. Tutto quel dolore, quella sofferenza mi avevano fatto dimenticare il patto e concentrare solo sull'unica cosa buona che si trovasse nel mio campo visivo, Justin.
-Perdonami.
Dissi con le lacrime agli occhi.
-Perché? Tu mi ai salvato da quell'uomo.
Disse lei mettendosi un dito in bocca. Probabilmente parlava del ragazzo che l'aveva richiesta, lo stesso da cui io l'avevo portata via, sperando che Daniel non lo venisse a sapere.
-Quinn, perché hai quei segni sulla schiena?
Mi sentii improvvisamente in imbarazzo, dovevo trovare una scusa per non farla preoccupare. Sembrava più attratta dalle mie frustate che dal suo livido sul collo.
-Vuoi dire che non hai visto nulla?
Chiesi stupita.
-Tu mi avevi detto di non guardarti e io non l'ho fatto finché non ti hanno riportato qui.
Sembrava fiera di sé stessa.
-Mi dispiace che tu mi abbia vista in quelle condizioni.
-Perché? Tanto stavi solo dormendo!
Disse Fhara sorridendo.
-Giusto.
Annuii e ricambiai il sorriso. probabilmente non sapeva esattamente cosa significasse "perdere i sensi".
Notai che Annie sembrava a disagio e giocava con le punte dei capelli.
-Che cosa hai?
Chiesi in apprensione.
-Quinn, io non ho guardato perché voglio il regalo, non ne ho mai ricevuto uno.
Annie era diventata tutta rossa e mi guardava con gli occhi spalancati. Avevo prometto che se non si fosse girata verso di me gli avrei fatto un regalo, ma non avevpo pensato al fatto che non avevo assolutamente nulla da darle, nonostante lo meritasse più di qualunque altra bambina al mondo.

In quel momento sentimmo la porta aprirsi. Non sapevo che ora fosse, ma ipotizzai che fosse Chirag a chiamare le ragazze desiderate dai soci. Sperai vivamente che non nominasse né Fhara né Annie. Dopo qualche secondo sentii la porta richiudersi, ma, stranamente, nessuno aveva parlato, anzi, le ragazze sparse per la stanza erano in silenzio e fissavano... me? Sentii qualcuno sedersi dietro di me e sussultai. Chi era? Una nuova ragazza? Akash che voleva finire ciò che aveva iniziato?
-Ovviamente non ti lascerò soffrire così.
Disse la figura misteriosa.   


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