I want you

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« Ti voglio » mi sussurrò ancora una volta mentre mi respirava sul collo facendomi venire i brividi, le sue mani afferrarono i miei fianchi e mi fece sdraiare sotto il suo corpo caldo e possente. Stavamo lì senza parlare, il silenzio della stanza era smorzato solamente dal suono dei nostri respiri pesanti e caldi, ci guardavamo negli occhi comunicandoci la paura, il terrore e l'angoscia che quella guerra provocava, ma anche l'amore, la passione e l'affetto che i nostri cuori provavano. Ad un tratto Hans mi baciò sulle labbra, aveva un sapore di alcool e tabacco, una combinazione che mi diede il voltastomaco, ma ricambiai il bacio sino a quando non mi staccai per prima con il fiato corto. Lui si sdraiò al mio fianco respirando affannosamente, mi avvicinò a sé con dolcezza per poi crollare in un sonno profondo. In quel momento di tranquillità mi soffermai ad osservare la sua stanza dove sul pavimento vi erano bottiglie di vetro fatte a pezzi con del liquido in terra e delle sigarette. La disperazione lo spingeva a comportarsi in quel modo, affogava nell'alcool tutte le sue paura e i suoi pensieri, dimenticandosi della vita reale. In fondo, a tutti sarebbe piaciuto dimenticare ciò che stava accadendo, ma non si faceva in tempo, la realtà piombava addosso molto più velocemente dell'immaginazione. E io? Come mi sentivo? Non ci sono parole per esprimere l'angoscia che avevo in corpo, avevo voglia di urlare e scappare via di lì, come qualunque essere umano, ma sapevo che era impossibile e sapevo anche che la morte mi aspettava dietro l'angolo, nonostante l'avessi avuta davanti tante volte da quando ero lì. Oltre quello, però, provavo un minimo di sollievo perché sapevo di essere al sicuro con Hans, sapevo che ci sarebbe stato quando ne avrei avuto bisogno e sapevo anche che mi amava. Come io amavo lui.
Cullata da quei pensieri mi addormentai e non sognai nulla quella notte, ma come al solito il sole sorse troppo presto. Sentii una mano che mi accarezzava i capelli e capii subito che Hans si fosse svegliato, così aprii gli occhi e lo guardai con un piccolo sorriso in volto che lui ricambiò.
« Ciao » gli sussurrai con voce bassa e impastata dal sonno.
« Ciao » rispose lui lasciandomi un bacio sul naso mentre ridacchiavo. Subito dopo guardai il pendolo e strabuzzai gli occhi, agitandomi.
« Hans, è tardissimo!  »
« Lo so. » rispose tranquillamente come se niente fosse accaduto, così mi alterai, si stava comportando come un bambino nonostante avesse più di vent'anni.
« Perché non mi hai svegliata? E perché tu non sei -»
« Puoi smetterla di urlare, Alice? » mi interruppe alzandosi dal materasso con il busto completamente nudo; sicuramente si era tolto la canottiera durante la notte.
« No. Perché ti stai comportando così?  Sai che ci potrebbero scoprire? »
« Alice, non preoccuparti. Il Comandante di questo campo e di questo Reich sono io. »
« Non mi rincuora affatto. » commentai arrabbiata alzandomi dal materasso per scendere giù e indossare la mia tenuta lavorativa. Se qualcuno fosse entrato nella villa e ci avesse visti, non osavo immaginare che cosa sarebbe successo e non volevo che lui perdesse la vita per me.
Mi concentrai nel pulire l'intera villa e infine finii, dopo quasi quattro ore; le mie mani erano completamente rovinate e rosse, così come le mie ginocchia a causa del stare su di esse per lavare il pavimento a mano. Hans uscii verso il pomeriggio e visto che era quasi l'ora di cena cominciai a preparare il tavolo nella grande Sala per poi focalizzarmi nel cucinare un po' di pasticcio di patate e un po' di carne.
Il mio stomaco richiedeva del cibo e al sentire quel buon profumo non mi trattenni dal rubare un piccolo pezzo di pane, nonostante sapessi che non dovevo farlo. Una volta portata la cena in tavola sentii la porta della villa aprirsi e richiudersi velocemente, rivelando la figura slanciata di Hans dinnanzi alla grande porta della Sala, lasciata aperta.
« La cena è servita » sussurrai mentre egli si toglieva il cappello e la giacca, poggiandoli su una sedia a fianco al camino acceso. Fuori nevicava ed io mi concentrai a guardare quei fiocchi di neve che cadevano dal cielo e si posavano su quelle baracche di legno in lontananza. Mi ricordai subito dei miei genitori, era da tantissimo tempo che non li vedevo, anche se ormai ero più che convinta che fossero morti, per una causa o per un'altra.
« Hans, vorrei chiederti una cosa » esordii tutto d'un tratto mentre lui era intento a gustare la sua cena. Spostò lo sguardo su di me e mi fece cenno di sedermi accanto a lui.
« Dimmi » mi disse una volta che mi fui accomodata al suo fianco. Presi un bel respiro e una volta buttata fuori l'aria parlai in modo chiaro e nitido.
« I miei genitori sono ancora vivi? »
« Non lo so. » rispose freddamente.
« Sei ancora arrabbiato per questa mattina? »
« Sì, vorrei che mi porgessi le tue scuse. » confessò.
Io spalancai gli occhi a quelle parole, non credevo che si fosse offeso per una cosa del genere, non avevo fatto niente di male, o almeno, secondo il mio parere.
« Non ho fatto nulla di male!  Ti ho solo detto che dovremmo stare più attenti. » scattai subito sulla difensiva alzando il tono di voce, cosa che lui non sopportava affatto e potei notarlo da come le sue spalle si irrigidirono.
« Sono io quello che detta legge qui e se ritenevo opportuno dormire sino alle dieci del mattino, tu dovevi solo stare a gli ordini. » alzò la voce anche lui, facendomi alzare gli occhi al cielo. Fu una scelta del tutto sbagliata quella di alzare la voce e successivamente gli occhi al cielo, perché la grande mano di Hans mi colpii talmente forte la guancia da farmi cadere dalla sedia.
« Alice, non puoi comportarti così! Devi capire che io sono quello che sono e tu sei quello che sei. »
Il suo discorso era insensato, ma non contestai, mi limitai a piangere a causa del dolore fisico e psicologico che stavo provando; ogni volta che ritornava dal suo lavoro sembrava diverso, cambiato, come se non fosse più lui e sapevo che stava impazzendo, così come lo stavo facendo io.
« Avrei dovuto lasciarti andare in quei campi, a quest'ora - » ma quella volta fui io ad agire, la mia mano gli lasciò uno schiaffo in piena guancia, facendogli girare il viso; avevo il fiato corto e le lacrime agli occhi, non sopportavo più quella situazione, non mi importava più di niente, poteva anche ammazzarmi.
« A quest'ora sarei morta. Perché allora non lo fai? Perché non mi uccidi? Perché mi hai portato qui? Perché non mi mandi in quei campi insieme a quei disgraziati? Rispondimi! » urlai infine spintonandolo leggermente, senza spostarlo di un centimetro. Non mi controllai più, stavo impazzendo e non riuscivo a capire perché Hans dicesse ogni volta che si fosse pentito di avermi lì con lui, non lo capivo. Desideravo solo che tutta quella guerra finisse, che le truppe Americane e Sovietiche distruggessero Hitler, ma perché non agivano ancora per liberare noi ebrei da qui? Le truppe inglesi avevano bombardato Berlino eppure non sono giunte sino a qui per liberare noi ebrei. Come potevano non sapere che in quei treni o in quei campi ci fossero ebrei?, che venivano torturati, sfruttati e uccisi?
« Lo sai il perché. » mi rispose con tono duro avvicinandosi a me, di conseguenza io indietreggiai.
« Il Signore Dio vi punirà per ciò che state facendo. »
« Pensi che non mi abbia già punito? Lui mi ha già inflitto la mia condanna.» sussurrò prima di afferrarmi per un polso in modo da non sfuggirgli e io corrugai la fronte, confusa.
« La mia condanna è amarti. Sto impazzendo per questo amore, la mia mente sta perdendo la ragione, non capisco più ciò che è giusto o ciò che è sbagliato. So solo che il mio amore per te durerà in eterno. »
Lo guardai negli occhi per alcuni istanti e li notai lucidi, quell'amore faceva male ad entrambi, ma non potevamo fare a meno di amarci, forse Hans aveva ragione, la sua, la nostra, condanna era proprio quella di amarci e non poterlo dimostrare. Sospirai asciugandomi le lacrime velocemente prima di alzarmi sulle punte e baciare le sue labbra morbide e calde, che sapevano di vino, bevuto precedentemente. Hans avvolse le sue braccia attorno alla mia vita e mi sollevò dal pavimento, facendomi sedere sopra le sue gambe una volta che si fu seduto sulla poltrona di fronte al fuoco del camino.
« Alice, ho alcune informazioni per te. » disse poi staccandosi dalle mie labbra per farmi poggiare la nuca sul suo petto. Io stetti in silenzio per sentire ciò che aveva da dirmi, sperando fossero belle informazioni.
« Le truppe della Sesta Armata stanno morendo insieme alle truppe italiane, i Sovietici stanno avanzando sempre di più verso la Germania. »
« Davvero? »
Lui annuì e sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Non potevo riscontrare nessuna emozione nel suo viso, sembrava spento e impassibile, apatico. Per me era una notizia davvero sollevante, speravo solo che continuassero ad avanzare per liberarci, ma allo stesso tempo sapevo che una volta averci liberato avrebbero dato caccia a tutte le SS.
« Il Fürer sta completamente uscendo fuori di senno. »
« Hans, mi dispiace »
«  Comunque, i tuoi genitori sono ancora in vita. » mi sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli. Il mio cuore saltò un battito per la gioia e lo abbracciai forte piangendo per la felicità.

Never Let Me GoWhere stories live. Discover now