Chissenefrega

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Mika non riusciva a dormire: si era voltato prima su un fianco, poi sull'altro, poi si era rimesso di schiena, ma ogni posizione sembrava essere maledettamente scomoda.

Non riusciva a spegnere il cervello, non riusciva a smettere di pensare. L'album, le canzoni, la sua musica: sembrava tutto così sbagliato. Non riusciva più a fare nulla, senza avere addosso quell'insopportabile sensazione di inadeguatezza, di paura. Paura di deludere gli altri, paura di non essere abbastanza.

Sì passò una mano tra i riccioli, e allungò un braccio per raggiungere il suo cellulare: erano le due di notte, del 29 gennaio. 29 gennaio: questa data gli fece pensare al lontano 2007, in cui, quello stesso giorno, Grace Kelly era uscita come suo primo singolo.

Quanto significava per lui, quella canzone: era stata il suo trampolino di lancio, era stata il suo biglietto da visita per il mondo della musica. In quella canzone era rinchiuso un pezzo della sua anima: lui era così, e nessuno l'avrebbe mai fatto cambiare. Prendere o lasciare. E il pubblico l'aveva accolto, a braccia aperte. Non si era arreso, e alla fine aveva scoperto che c'era una marea di gente, disposto ad amarlo proprio così com'era.

Perché in quel momento invece, non riusciva ad accettarsi per quello che era? Perché continuava a preoccuparsi per ciò che la gente pensava di lui? Perché non riusciva più a tirare fuori tutto ciò che aveva dentro?

Il fatto era che stava pensando troppo. Se ne rese conto quando ripensò a se stesso molti anni prima: un giovane cantante che aveva solo deciso di buttarsi, senza preoccuparsi delle conseguenze, senza preoccuparsi proprio di nulla.

Mika si alzò dal letto, per iniziare a camminare avanti e indietro lungo la sua stanza.

Doveva andarsene. Quella era la soluzione. Se i suoi pensieri non volevano abbandonarlo, sarebbe stato lui a lasciarli, a Londra.

Chissenefrega degli impegni, chissenefrega degli appuntamenti: tanto ormai la sua nave stava affondando. Tanto valeva abbandonarla subito.

In tutti quei pensieri però, se ne insinuava uno che era più forte di tutti gli altri: Andy. Andy era l'unica cosa che gli permetteva di smettere di pensare, in quel periodo. Era ormai una settimana, però, che si trovava in Francia per lavoro, e aveva lasciato Mika annegare nelle sue tormentate riflessioni.

La sensazione di solitudine, il vuoto che Mika provava ogni volta che, alla sera, sapeva di tornare in una casa vuota, lo stava logorando.

Prese quindi di nuovo in mano il suo cellulare e, dimenticatosi dell'orario, compose il numero di Andy.

-Mika, che succede?- rispose subito il ragazzo, che immaginava dovesse essere successo qualcosa, se Mika aveva avuto bisogno di chiamarlo in piena notte.

-Andy io.. Io voglio andarmene. Non ce la faccio più a stare qui. Devo andarmene- spiegò Mika tutto d'un fiato.

-Che stai..-

Però ho bisogno che tu venga con me. Non ce la posso fare da solo, questa volta. Scusami se ti ho chiamato in piena notte- continuò Mika, la cui voce era diventata incredibilmente incerta- Ma non ce la faccio più. So che stai lavorando ad una cosa importante-.

-Mika- tentò Andy.

-E so che chiederti di lasciare tutto proprio ora..-

-Mika!- insistette, ma il riccio proseguiva imperterrito.

-E' una cosa folle, solo che..-

-MIKA!- urlò Andy, questa volta riuscendo a far tacere il compagno -Okay-

OverflowWhere stories live. Discover now