AURORA BOREALIS - cap. 1 Lo yeti dello Yukon

Začať od začiatku
                                    

Lui non era di Seattle come me, fino all'anno precedente viveva con lo zio a Portland nell'Oregon, si era trasferito nella mia scuola quando ero arrivata anch'io, e da quel momento tra noi era scoccata una brillante scintilla.

Insieme a Jennifer, la mia migliore amica, figlia dell'avvocato Hilton, e Pierre, compagno d'infanzia, partimmo con le classi dell'istituto British e con il professor Benjamin Barret, che aveva organizzato questa gita per stare più tempo possibile insieme alla professoressa Clare Answer, per tutti semplicemente Clare.

Eravamo entusiasti: sarebbe stata una vacanza indimenticabile.

«Penny, perché non prendi un giacchetto?» disse Jennifer vedendomi rabbrividire.

Strinsi il cardigan per neutralizzare l'aria condizionata dell'aereo, il maglioncino a collo alto non era abbastanza, dovevo evitare un'influenza nella mia prima vacanza.

Guardavo il riflesso della mia catenina che scintillava sul vetro del finestrino:appeso vi era un cuoricino dorato che scendeva sotto il seno.Oscillava, me l'aveva regalato Caleb, per ricordarmi che il suo cuore era mio. Lo sfiorai con le dita e mi alzai dal sedile per voltarmi.Lui sedeva accanto a Pierre, qualche posto dietro di noi, potevo scorgere la chioma bionda e la fronte spaziosa chinata indietro sul poggiatesta.

Mi rimisi a sedere. Ammiravo le nuvole a batuffolo e riflettevo sulla mia vita,avevo tutto ciò che più desideravo. La mia famiglia, i nostri compagni e gli amici si erano resi conto di quanto fossi felice vicino a lui e qualcuno dell'istituto ci chiamava "la coppia che spacca".

Di tanto in tanto scherzavo con Jennifer, che mi guardava di sottecchi mentre si gustava ogni pagina del suo giornale scandalistico. I suoi folti ricci le nascondevano i zigomi e i grandi occhiali sbucavano dalla capigliatura donandole il tocco di una professoressa. Il naso e le guance erano invase da una miriade di efelidi. Si mordeva il labbro e rideva, stava leggendo una vignetta comica. Si muoveva graziosamente,quando per svoltare le pagine fece cadere tutto quello che aveva incastrato tra il giornale e le sue gambe: fazzoletti, fermagli,penna e mentine. «Che disastro... aiutami, sono incastrata... questa cintura» disse cercando di chinarsi.

Risi, quel suo modo di fare metteva di buonumore.


Quando arrivammo mi accorsi dello stato in cui era Whitehorse: mille anni luce indietro rispetto a Seattle. Strade larghe e file di case e negozietti color tempera, distese di prati e colline rocciose che circondavano la città e montagne verdi, alte, imponenti e con le cime innevate.

Un trattore ci passò davanti trasportando nel carrello un gruppo di pescatori.

Guardai Caleb che non era affatto sorpreso, si sentiva a suo agio in quel luogo e non era la prima volta che veniva nel territorio dello Yukon. Portandosi dietro lo zaino, andò a guardare la cartina dei parchi affissa alla parete di legno dell'hotel.

«Penny»mi disse sorridendo. «Domani all'alba farò una battuta di pesca in questa zona del parco.»

Il professore ci richiamò all'attenzione.

«Vi presento il signor Colin. Lui si occuperà di ogni cosa riguardante l'hotel. Ora assegnerò le vostre destinazioni. Qualcuno di voi vuole avvicinarsi e prendere le chiavi?»

Mentre il prof. le distribuiva notai un pick-up sgangherato, che un tempo era stato di colore blu, passare accanto al nostro gruppo. Lo guidava un ragazzoche aveva un bastoncino di gelato tra le labbra e il braccio, sporcodi fango, fuori dal finestrino. Trasportava un cumulo di ciocchi di legna e delle tavole traballanti in pila legate da una corda.

Cominciò a suonare insistentemente il clacson per farci spostare e mi fece sussultare, ero abituata ai rumori della città ma a quella vicinanza chiunque sarebbe tramortito.

AURORA BOREALIS: lo yeti dello YukonWhere stories live. Discover now