Capitolo 1 - Roulette Russa

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Every step that I take is another mistake to you
And every second I waste is more than I can take

Linkin Park - Numb

I miei occhi erano fissi sul sole che calava sulla città, mentre il corpo era scosso da brividi sempre più forti. Chiusi le palpebre, cercando di concentrarmi sul respiro divenuto un ansito e quindi calmarlo. Un tremito più forte mi costrinse a rannicchiarmi in ginocchio, mentre mi prendevo la testa fra le mani nel tentativo disperato di quietare la mente.

Non ero nuova agli attacchi d'ansia o di panico, soprattutto dopo una giornata in preda alla frenesia come quella. Negli ultimi tempi ero così sotto stress che bastava poco e il mio corpo reagiva nel modo peggiore.

Dopo quelli che mi sembrarono interminabili minuti, o ore, in modo lento e graduale il respiro e il battito del cuore iniziarono a quietarsi.

"Accidenti," mormorai stringendo i denti sino a sentirli scricchiolare. Odiavo quando mi prendevano gli attacchi, cercavo in tutti i modi di respingerli, di calmarmi e non peggiorare la situazione, ma una parte di me sapeva che a volte era inutile.

Presi con rabbia il pacchetto di sigarette bianco e rosso posato sul tavolo della cucina e uscii a prendere una boccata d'aria. Avevo bisogno di ossigeno e nicotina. "Bella contraddizione, però non dovrei stupirmi: io sono una incoerenza vivente," biascicai sarcastica stringendo la sigaretta tra i denti, come Clint Eastwood in il Buono, il Brutto e il Cattivo.

Mi sedetti con una smorfia sulla vecchia sedia di legno e accesi la sigaretta con un sonoro scatto del mio zippo argento. "Accidenti," ripetei prendendo un profondo tiro, passandomi una mano sui pantaloni di stoffa nera. Rimasi così per non so quanto tempo, mentre il sole calava su New York e immobile cercavo di staccare il cervello da eventuali e futili pensieri.

Adagiai la sigaretta sul posacenere posto sul tavolino della minuscola terrazza, mentre osservavo le volute di fumo alzarsi innocenti ma non inoffensive.

In casa lo stereo riproduceva ormai da un'ora a ripetizione lo stesso CD e, anche se volevo cambiare musica, non avevo voglia di alzarmi dalla sedia. Da quella terrazzina, per quanto minuscola, riuscivo a vedere un scorcio del fiume Hudson fra i palazzi alti e grigi che dominavano il panorama newyorkese del tramonto.

Chiusi gli occhi con un sospiro, riprendendo fra le labbra la sigaretta e aspirando, mentre lanciavo uno sguardo al pacchetto di Marlboro rosse, mezzo vuoto. Prima di andare a lavorare avrei dovuto passare a prenderne un altro, o forse più di uno, dipendeva molto dall'umore del momento.

Secondo Elizabeth fumavo troppo, spesso mi faceva prediche che parevano infinite ed io le promettevo ogni volta che avrei smesso; poi puntualmente mi fermavo a comprare un pacchetto e eravamo di nuovo punto e a capo.

Non avevo molta voglia di andare a lavorare quella sera.

Ero spossata, avevo dormito poco e un mal di testa famelico stava iniziando a premermi le tempie, ma dovevo farlo. Dovevo mettere da parte il malessere, sfoggiare uno smagliante sorriso e rimboccarmi le maniche, se volevo pagare l'affitto e le bollette del minuscolo appartamento di Hell's Kitchen, il  piccolo rifugio, il mio angolo di paradiso lontano dal passato. L'unico luogo che consideravo sicuro e privo di pericoli.

Mi alzai in piedi controvoglia ma decisa a fare qualcosa, altrimenti sapevo bene che non mi sarei più mossa da lì. Era una quasi una contraddizione ma con il tempo ci avevo fatto quasi l'abitudine, perché non c'era nulla che fosse semplice nell'esistenza della sottoscritta, Riley Murdock.

Spensi il mozzicone dalla punta incandescente sul vecchio posacenere in vetro e mi stiracchiai con una smorfia. Un brivido mi attraversò la schiena, quando una lieve brezza autunnale mi colpì delicata mentre aprivo la porta e rientravo in casa.

Selenophile || Wattys2016 WinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora