Lost in the middle

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[Ho avuto il permesso da thepurpledoor (l'autrice di No sound but the wind e Lost in the middle) per la pubblicazione di entrambe le storie. Per contattarla, potete trovare i vari link nel capitolo NOTE della long. La lettura di questa OS è consigliata solo a chi ha letto prima NSBTW, poiché sono completamente dipendenti.]

Liam

La prima cosa che sentii fu il rumore acuto e regolare del battito del mio cuore riflesso in quella macchina ospedaliera. Un bip costante che teneva il conto dei secondi e dei minuti che passavano regolari.

Di aprire gli occhi non ne avevo la forza e allora aspettai. Le labbra erano secche e in gola un sapore metallico al retrogusto medicinale che mi infastidiva.

Avrei bevuto volentieri un sorso d'acqua fresca.

La testa pulsava come se fosse piena di immagini che, dal dietro delle mie palpebre nere, trovavano lo scenario perfetto per essere mandate in onda.

Mossi le mani e ne sentii una calda a tenermi. Riconobbi i calli e la premura di mia madre. L'afferrai stretta e ci provai, mi convinsi che era troppo tempo che avevo visto nero. Dapprima la luce fu accecante tanto che dovetti richiudere gli occhi velocemente, come quando mi addormentavo al sole d'estate e al risveglio non potevo aprirli del tutto. La voce di Maura mi guidò, le sue carezze mi cullarono nel mio risveglio e lei fu la prima cosa che rividi. Fu il suo sorriso a destarmi da quella realtà alternativa nel quale ero caduto.

-Liam, caro. Come ti senti?-

Respirai affannosamente e un dolore intercostale mi colse alla sprovvista, tanto da mugugnare leggermente. Mossi le gambe di scatto, colto dalla terribile paura di averle perse. Fui stupito di trovarle al loro posto, funzionanti. Le feci cenno di voler bere e lei mi accontentò. Mi decisi a parlare subito dopo. Il suono gutturale della mia voce mi spaventò: fu come se qualcosa mi grattasse la laringe e contemporaneamente come sentirsi dal di fuori con orecchie che l'ultima cosa che avevano udito era stata un'esplosione.

-Bene, ma dove sono?-

Esplosione, la polvere tra le dita e dentro il respiro, ancora una volta il sapore di sangue in bocca e la solita fitta alla schiena. Ero confuso. Se c'era mia madre non dovevo più essere a Kabul evidentemente.

-Sei all'ospedale di Providence, sei stato trasferito un mese fa dopo che le tue condizioni si sono stabilizzate. Sei stato in coma indotto per quasi un mese, tesoro.-

Un mese.

Un formicolio fastidioso si espanse nei miei arti e pensai che la circolazione sanguigna avesse ripreso il suo corso. Mi distesi sollevandomi appena sui cuscini. L'ambiente era bianco, non molto accogliente, una stanza asettica e piena di macchine in funzione al quale ero attaccato endovena. I capelli biondi di mia madre erano scombinati e le sue occhiaie così pronunciate da farmi pensare alle numerose notti insonni che doveva aver passato.

-Cosa ho avuto? Cioè cos'ho che non va?-

Mi accarezzò ancora la mano, incredula nel vedermi di nuovo vivo, perché a discapito di quello che avevo pensato, lo ero ancora.

-Hai avuto un trauma cranico consistente, emorragie interne che hanno causato il collasso del tuo rene sinistro, costole rotte e hanno dovuto operarti. Adesso stai bene, hanno detto che il rene non sarà un problema.-

Mi sentivo come se un carro armato mi fosse passato sopra, ma non mi sembrava di essere così mal ridotto, non mi sembrava aver così male da essere in fin di vita. Vivere con un rene era possibile, mi sembrava di averlo letto da qualche parte, ma non riuscivo a ricordare precisamente dove.

-Ok.-

-Ti ricordi cos'è successo, Liam?-

Non ero riuscito a premere il grilletto quando avevo visto quel kamikaze in quel vicolo. Ero stato un codardo e la bomba ci era scoppiata troppo vicino. Il caldo del deserto ancora a pizzicarmi la pelle così come l'odore di zolfo. La sensazione che tutto stesse per finire.

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