Capitolo 14

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Quando mi sveglio, Thomas è ancora al mio fianco e dorme. Mi metto a sedere e mi passo una mano nei capelli. Sono sporchi, così vado a farmi una doccia. Appena esco, mi ricordo di aver lasciato il phon sulla scrivania, così torno in camera mia avvolta dall'asciugamano, che mi copre appena il bordo delle cosce, e i capelli lunghi e bagnati abbandonati sulle spalle. Thomas è sveglio, seduto sul letto, e non appena mi vede entrare mi guarda dalla testa ai piedi. Cerco di muovermi velocemente perchè mi vergogno da morire, ma lui si alza immediatamente e mi raggiunge. <<Ciao.>> sussurra, sorridendo. <<Buongiorno..>> mi metto a braccia incrociate, perchè, anche se sono abbastanza coperta, mi fanno sentire protetta.
<<Ei...cosa c'è che non va?>> è preoccupato.
<<No, niente...>> guardo per terra. In questo momento vorrei solamente andare in bagno e vestirmi, invece di essere davanti a lui con solo un asciugamano addosso. Mi prende il viso tra le mani.
<<Sicura? Non devi vergognarti, non farò niente che ti metta in imbarazzo, okay?>> annuisco, alzando lo sguardo da terra e guardandolo negli occhi. Lui mi bacia, e, non appena si stacca, mi sorride. Io arrossisco e dopo aver preso il phon, torno in bagno.
Quando ho finito, lo trovo al telefono.
<<Sì, sì, prendi anche quella a quadretti...no, non quella verde, è orrenda! Prendi quella blu. Non è appesa, idiota. È nel secondo cassetto. Sì. Sì. Certo, è ovvio. Mh. Hai preso tutto? Okay. Perfetto. Ah, aspetta! Prendimi anche le Air Max nere e verdi. Sì, quelle dell'altra volta. Va bene, a dopo. E butta quella camicia verde a quadretti, santo cielo!>> riattacca e vede che lo sto osservando con un'espressione interrogativa sul volto.
<<Oh, scusa...era Ava. Stamattina lei, Dylan e Edith sono usciti e sono andati a casa nostra, a prendere dei vestiti puliti. Pensavo che avresti voluto passare un pò di tempo con me, qui.>> fa un sorrisino speranzoso. È stupendo.
<<Certo, sarà bellissimo!>> butto il pigiama sotto il cuscino. Mi siedo accanto a lui e appoggio la testa sulla sua spalla.
<<Ma che ore sono?>> chiedo, avendo perso la cognizione del tempo.
<<Mezzogiorno e diciannove. Sono usciti di casa verso le udici e mezza.>> annuisco.
<<Che facciamo?>> sono impaziente di stare con lui.
<<Se vuoi, visto che tra un'ora si mangia, potremmo cucinare insieme. Sai fare la Pasta alla...Carbonara?>> sorrido della sua impacciataggine. <<Sì, non è tanto difficile.>> <<Allora mettiamoci al lavoro!>> mi bacia sulla fronte. Si alza dal letto, va a sciacquarsi la faccia in bagno e si cambia, poi lo seguo in cucina.
<<Bene, da dove si comincia..?>> mi chiede, guardandosi intorno.
<<Okay, prima di tutto prendi una pentola e lo scolapasta>> gli indico lo sportello vicino a lui.
<<Com'è fatto uno scolapasta?>> si china ad aprire lo sportello e poi mi guarda, indeciso su cosa fare. Iniziamo bene.
<<Non ti viene proprio niente in mente che possa dare un significato alla parola composta 'scolapasta'?>> sorrido.
<<Ehm...>>
<<Okay, okay.>> mi avvicino a lui e lo bacio, dopodichè mi metto a rovistare tra le pentole. Ne tiro fuori una, seguita dallo scolapasta, e glielo mostro.
<<Questo è uno scolapasta.>> mi alzo e lui fa lo stesso.
<<Adesso riempiamo la pentola d'acqua e ci mettiamo lo scolapasta dentro.>> mentre gli do le indicazioni, lui osserva attentamente i miei movimenti, come ha fatto la sera che ci siamo conosciuti.
<<Ora devi accendere i fornelli. Lo hai mai fatto?>>
<<Sì, qualche volta per il caffè>> <<Bene, accendi quello grande al centro.>> lui fa come gli dico e io appoggio la pentola sul fuoco.
<<Adesso devi solo aspettare che l'acqua bollisca.>>
<<Di solito quanto ci mette?>>
<<Venti minuti. Intanto, se vuoi, possiamo guardare un pò di tv.>>
<<Okay.>> andiamo in salotto e ci mettiamo sul divano, davanti a qualche stupido programma americano. Ogni tanto Thomas va a controllare l'acqua, ansioso di cucinare una pasta ben fatta.
Quando finalmente è pronta, ci precipitiamo in cucina e mettiamo la pasta a cuocersi. Una volta cucinata la pasta, lui comincia già a metterla nei piatti.
<<Thomas, quella non è affatto la Pasta alla Carbonara.>>
<<Che? Che cosa..?>> mi guarda, sbigottito. Mi viene da ridere solo a vederlo, per quanto è tenero.
<<Quella è una normale e semplice e banale monotona pasta bianca.>> gli sventolo le confezioni degli ingredienti mancanti sotto il naso. <<Ora c'è il condimento.>> sorrido.
<<Ah...Giusto.>> mi sorride. Gli faccio vedere come va cotta la pancetta e come va girato l'uovo, dopodichè li aggiungiamo alla pasta già servita e ci sediamo a tavola.
<<Buon appetito!>> esclama lui, raggiante. Lo imito, ma solo dopo aver arrotolato gli spaghetti attorno alla forchetta. <<Ti piace?>> gli chiedo.
<<Moltissimo. È quasi più buona di quella che ha fatto tua madre l'altra sera.>>
<<Allora è davvero buona>> gli sorrido. Annuisce, con la bocca troppo piena per rispondere.
Appena finiamo di mangiare sparecchiamo e laviamo i piatti. Lui mi schizza di sapone e io faccio lo stesso, mandandoglielo sulla maglietta e ridendo.
<<Oops. Scusa>> non riesco a smettere di ridere, è così buffo!
<<Sei fortunata perchè Ava mi porterà la borsa con i vestiti puliti, altrimenti mi staresti implorando di smetterla.>>
Lo guardo con aria di sfida. <<Di fare che cosa?>>
<<Questo.>> mi prende in braccio di scatto e inizia a farmi il solletico, con le mani ancora insaponate.
<<Ti prego, basta!>> esclamo, in preda al riso. <<Finiscila!>>
<<Chiedimi scusa>> sorride.
<<Mai!>> dichiaro, non volendo dargliela vinta.
<<Allora mi spiace per te, ma continuerò a farti il solletico!>>
<<Ah, quanto ti odio>> lui si ferma.
<<Non è vero.>>
<<Già, non è vero.>> sorrido e lo bacio sulla bocca.
Mi rimette a terra e mi abbraccia forte, quando ad un tratto sentiamo delle grida provenire da sopra. Ci stacchiamo e io lo guardo, con gli occhi sbarrati. Anche lui mi guarda, con la stessa espressione. Ma, dopo pochi istanti, torna ad avere una faccia rilassata. <<Aspetta.>>
Esce dalla cucina e si avvia su per le scale. Per un momento rimango dove sono, scandalizzata. Poi ritorno alla realtà.
<<Thomas!>> sussurro, nel panico.
<<Potrebbero farti del male..>> ma lui è troppo lontano per sentirmi. <<Oh, merda...>> prendo il coltello del pane, che è il più grosso che abbiamo, e lo seguo per le scale. Ma lui non c'è. <<Cazzo.>> impreco.
Avanzo lentamente, salendo i gradini uno alla volta. Ah, se ripenso a tutte le volte che avrei voluto essere un'Intrepida, mi viene da ridere. E oggi sono anche vestita di nero, penso.
Mano a mano che le voci si fanno più vicine, riesco a distinguerle meglio. Sembrano risate, piuttosto. Ormai riesco quasi a distinguerle, vengono dalla camera di Edith, che è socchiusa. Okay. Uno, due, e...tre.
Spalanco la porta della stanza di mia sorella e davanti a me si lustra uno spettacolo che ha ben poco di terrificante. Ava è sdraiata sopra Dylan, sotto la finestra. Sembra quasi che siano caduti da fuori, sono davvero buffi. Edith è seduta sul bordo del davanzale e si sta dando da fare per entrare nella sua camera, trascinandosi una grossa borsa dall'aria pesante. Thomas, invece, mi dà le spalle, a pochi passi da me, e sta guardando la scena. Stanno tutti ridendo. Rimango perplessa per un attimo. Ma che..?
Nel momento in cui apro la porta si girano nella mia direzione e ridono ancora più forte, alla vista di me che stringo forte il coltello del pane, ancora sotto shock.
<<Ma che cacchio..?>> sono confusa e non ci sto capendo niente.
<<Siamo passati dalla finestra>> a rispondermi è Dylan, con il fiato schiacciato dal peso di Ava. <<È più ''rischioso e divertente'', no?>> mi scimmiotta.
<<Ah-ah. Siete proprio un mucchio di idioti>> rispondo.
<<E dai, Avril. Stiamo solo cercando di divertirci.>>
<<Ehi, non è che qualcuno potrebbe aiutarmi a portare questo coso? È piuttosto pesante.>> interviene Edith, con tono esasperato. Non riesce a far passare la borsa dalla finestra. <<Faccio io.>> Thomas si fa avanti per aiutarla.
Torno in camera mia e prendo il telefono. C'è un nuovo messaggio.

Life conceals surprises. {Thomas Sangster}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora