Conrad
Solito lunedì mattina. Solito caffè sciacquato delle macchinette, solita sedia sgualcita, solito umore sotto i piedi. Non fraintendetemi, amo il mio lavoro alla follia, ma sono della convinzione che il lavoro individuale sia meglio di quello di squadra. Nessuno ha bisogno di così tanti colleghi, specie se quest'ultimi sono fastidiosi come i miei.
-Ehi Conrad, alla fine l'appuntamento di cui ti parlavo mercoledì è andato alla grande.-
Tra questi colleghi, però, c'è un'eccezione: Joshua. Il mio migliore amico dalle superiori. E' una persona brillante e un lavoratore instancabile.
-Mi fa piacere Josh, speriamo che sia quella giusta stavolta- rispondo, scherzando.
Lui alza gli occhi al cielo e sorride. Josh è quello che si definirebbe un "Don Giovanni"; al contrario, io non credo nell'amore. Non credo che due persone possano amarsi per sempre, perché alla fine uno dei due se ne andrà.
Spalanco la porta del mio ufficio e faccio per sedermi quando sento una vibrazione in tasca. È il mio capo.
-Mercer, ho bisogno di te nel mio ufficio. Ora. Ho qualcuno da farti conoscere-.
Qualcosa nel suo tono mi mette in allerta. Mi dirigo subito nel suo studio. Seduta davanti alla scrivania c'è una donna. E' bellissima. Una lunga chioma marrone e ondulata le cade sulle spalle. Si volta per guardarmi. Nei suoi occhi c'è qualcosa di... familiare. Qualcosa che ricordo, ma non riesco ad associare a nessuno.
Il capo si alza, guarda prima lei e poi me.
-Conrad, questa è Maeve Lechster. Da oggi condividerai l'ufficio con lei, lavorerete insieme.-.
Sento il sangue defluire dalle mie guance. Insieme. Una parola che non rientra tra le mie preferite.
Annuisco.
-Puoi farle vedere il tuo ufficio, anzi, il vostro.-
Lei si alza e mi porge la mano, mormorando qualcosa sul quanto sia felice di lavorare insieme. Non la sto ascoltando. Sto ancora cercando di metabolizzare il fatto che dovrò condividere i miei spazi con qualcuno. La conduco all'ufficio.
Appena entra, i suoi occhi si posano sulla mia scrivania.
-Perché è cosi... spoglia?- mi chiede.
Non ha tutti i torti. A parte il computer, ci sono solo un taccuino nero e una penna.
-Che domande. Non ho bisogno di decorarla, stellina.-
Mi mordo la lingua. "Stellina"? Non sono uno da soprannomi sdolcinati. Non sono Josh. Eppure, vedere le sue guance arrossire dopo quella parola mi provoca una stretta al cuore.
Lei si siede alla sua scrivania — o meglio, alla scrivania accanto alla mia — e inizia a sistemare qualche oggetto: una penna colorata, un portapenne con dei fiori disegnati, una piccola piantina grassa.
Io la osservo in silenzio, cercando di non farmi notare. C'è qualcosa in lei che mi mette a disagio. Un senso strano, come se l'avessi già vista, o già conosciuta.
Scuoto la testa. È solo stanchezza.
Afferro il taccuino, lo apro a una pagina vuota e mi sforzo di concentrarmi.
Non importa chi è.
È solo una collega.
E io ho un lavoro da fare.
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Romance25 anni fa, in un orfanotrofio di Wintersburg, due bambini si erano promessi che non si sarebbero mai dimenticati. Ma poi la vita li ha separati. Oggi, Conrad è un uomo chiuso, tutto lavoro e nessuna voglia di legarsi. Maeve, invece, è la nuova coll...
