Nacqui all'imbrunire del solstizio d'inverno.
Mio fratello Marco dice sempre che il mio pianto fece svegliare lui e Lucio, il fratello più grande.
Ero una bella bambina, capelli ondulati color castano, occhi color nocciola grandi come quelli di un cervo e carnagione mediterranea.
Sono uguale alla mia mamma, almeno così dice mio padre, perché lei ci abbandonò due giorni dopo avermi partorita.
Porto il senso di colpa per la sua morte da quando ne ho memoria, nonostante nessuno mai  me lo avesse fatto pesare.

Mio padre e i miei fratelli mi hanno sempre trattata da principessa nonostante fossi una femmina.
Ricordavo loro mia madre, nell'aspetto, nei modi di fare, in tutto, ecco perché mi amavano.

Fra tutti i membri della mia famiglia però, ad amarmi di più era Marco.
Avevamo 5 anni differenza, ma nonostante questo siamo sempre stati inseparabili.

Mio fratello Marco aveva un amico molto stretto, passavano interi pomeriggi insieme nel peristilium .
Io mi limitavo a guardarli da lontano, o dal tablinum o dal bordo dell'impluvium.

Lui indossava vestiti diversi dai nostri, più pregiati, ma non di famiglia estremamente ricca, probabilmente uno dei due genitori discendeva da aristocratici.
Anche fisicamente era diverso, era magro da far paura, capelli leggermente ricci di un biondo quasi dorato, occhi azzurri come il cielo che sembravano abbagliarti e una pelle chiara che al sole faceva da riflettore naturale.

Per molto tempo io li osservai da lontano, mio fratello non sembrava mai notarmi.
Il suo amico, però, sì.
Mentre io li guardavo lui a volte si girava, facendo incrociare i nostri sguardi, ma per poco perché io subito distoglievo lo sguardo e facevo finta di essere occupata a fare qualcosa.

Un giorno però, ero nel tablinum, affianco a mio padre che era tranquillamente seduto alla scrivania a rileggere e rileggere i documenti, io facevo finta di fargli compagnia, ma in realtà stavo osservando attentamente mio fratello e quel suo amico.
Questa volta però, quando l'amico di mio fratello si girò, mio fratello lo seguì.
Entrambi videro che li stavo osservando.

Mio fratello sorrise e mi fece segno di avvicinarmi.
«Vieni Vipsania!» urlò.
Mio padre alzò il capo dai suoi documenti, mi guardò sorridendo e fece segno con la testa di andare.
Io mi alzai dalla sediolina su cui ero seduta e mi avvicinai ai due.

«Vipsania, lui é Ottavio, Ottavio, lei é la mia sorella minore, Vipsania.» disse mio fratello Marco.
Alzai la mano e la scossi per salutare l'amico di mio fratello che finalmente aveva un nome.

Quel giorno avevo solo cinque anni e non sapevo di avere davanti ai miei occhi l'uomo che sarebbe diventato il padrone del mondo, e non solo.

Dalle Ceneri della Repubblica.Where stories live. Discover now