ATTO I - Nuove amicizie

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Keanor era tra i pochi ragazzi di Svart-Horn a potersi definire fortunato, l'attività svolta da Edwig il rampante insegnante della città permetteva ad entrambi di vivere serenamente, nonostante alcuni mesi portavano carenza al suo lavoro, per la maggior parte degli anni che si susseguivano riuscivano a raccapezzarsi senza troppi problemi. Le loro giornate passavano tra apprendimento e vendita di tomi tra i più rinomati di tutto il continente, molte furono le pagine che il giovane ed intrepido ragazzino ormai in procinto di diventare uomo lesse, e molte di queste rimasero impresse nella sua memoria come marcate a fuoco. Egli non si chiese mai chi o cosa lo avesse portato a crescere al fianco di quell'uomo, ma sapeva, o almeno percepiva che lo stesso amore con cui Edwig gli insegnava le cose era in parte uguale a quel che provava per lui. Lo aveva accolto nella sua casa e gli aveva donato il cibo di cui aveva bisogno, mai e poi mai gli mancò qualcosa, il bibliotecario era a tutti gli effetti la persona più simile a quella figura che altri chiamavano padre.

Quando ne trovava il tempo il giovane Keanor approfittava delle sue ore vuote per girovagare in lungo ed in largo per la città, e per quanto egocentrico, si ritrovava spesso a donare cibo a coloro i quali erano in cerca di carità, questo gesto lo faceva sentire bene con sé stesso, come se nella sua indole ci fosse per l'appunto il dono di aiutare i più bisognosi.

Tutte le volte in cui si trovava a tu per tu con chi non potesse permettersi nemmeno un torso di pane il giovane prometteva loro che un giorno le cose sarebbero andate meglio, che un giorno ogni singolo abitante di quella città votata all'apparenza avrebbe potuto permettersi un tetto sopra la testa ed un pasto caldo alla fine della serata, donando così ai più miscredenti un briciolo di speranza in cui credere. Ma si sa nei giovani le speranze di un mondo migliore sono alimentate dall' orgoglio, e dalla voglia di rendere i propri sogni possibili.

Un giorno come un altro il ragazzo era a ridosso della strada più battuta di Svart-Horn, lì dove era solito svolgersi il mercato. Quando si ritrovò a traversare la grande via del centro nessun mercante era presente, solo soldati, un'enorme schiera di soldati, essi erano suddivisi in più gruppi ed in testa torreggiava uno stendardo nero, i più arretrati tra risate sarcastiche e quasi gutturali, passavano di persona in persona ad infastidire chi per sua sfortuna era in cerca di un qualcuno di caritatevole e chi anche era lì di mero passaggio, la cosa lo disgustò talmente tanto che quasi non riuscì a trattenersi; quando questi con fare superiore si bloccarono d'un tratto davanti ad una povera donna, la quale era vestita di stracci logori ed insieme a lei c'erano i suoi bambini. Odiava vedere come chi incaricato di un determinato potere, si poneva a sminuire coloro che non avevano nulla. Keanor, allora rallentò la sua camminata e si nascose poco più indietro, in attesa che il grosso dei soldati si dileguasse lasciando quei quattro in chiusura della formazione. I soldati fregandosene di chi gli era attorno iniziarono a divenire ben più molesti, alzarono la donna di forza trattenendola, e dopo averle bagnato il viso con dell'acqua uno rivolto ai suoi commilitoni disse; «guarda che bella donna sarebbe, con un minimo di pulizia in più.» Ella tentò invano di divincolarsi, mentre i suoi figli rimasero in silenzio e tremanti, intimoriti dal modo brusco con la quale i quattro si stavano approcciando alla madre, nonostante tutto un altro continuò; «oh sai che hai ragione, quasi quasi la portiamo con noi, almeno questa notte ci divertiamo.» Con un gesto poi lo sventurato diede un paio di gomitate al compagno che aveva sulla sua destra che rise rimbeccando; «ma su dai non vedi com'è ridotta, avrà sicuramente qualche malattia.» ed ancora, non contenti, risero sciaguratamente delle sue condizioni, mentre i piccoli erano impietriti dal terrore. Il grosso del plotone era defilato dividendosi per le altre vie della città; dunque, Keanor che assisté alla scena uscì dal suo nascondiglio, con fare sicuro e senza timore iniziò a puntare i quattro che erano ancora intenti a ghignare grottescamente difronte alla donna. Egli si schiarì la voce facendo in modo che gli individui si accorgessero della sua presenza, ma questi non sembrarono notarlo, allora lui si fermò proprio alle loro spalle, pur consapevole che la sua presenza non avrebbe in alcun modo preoccupato degli uomini armati di tutto punto, e s'intromise; «lasciate stare quella povera donna messeri, ve ne prego. credo abbia già tanti problemi di per sé, non vi è alcuna ragione di renderle la vita un inferno.» Quello dei quattro che aveva proposto di portare la donna nei loro alloggi allora, si volse a favore del giovane, egli era mingherlino, i suoi capelli radi e le sue vesti altolocate non destavano alcuna preoccupazione agli energumeni, vedendolo per l'appunto basso e con a mala pena i muscoli per reggersi in piedi, un altro di questi si volse, con tutta la calma del mondo si tolse l'elmo; dalla quale fuoriuscì un camaglio ad anelli argentei da cui poi si riuscì ad intravedere un volto pieno di cicatrici, con la barba incolta ed uno dei due occhi stranamente bianco con una prominente cicatrice diagonale che lo passava da parte a parte, probabilmente ferito anch'esso; questo si avvicinò al giovane, e quasi sussurrandogli all'orecchio gli disse minacciosamente; «sparisci moscerino, che qui abbiamo da fare, altrimenti non solo sarà una pessima giornata per questa donna, ma anche per te.»

Il Mito Armoriano I Tomi Leggendari Vol.1Where stories live. Discover now