Capitolo 16

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La giornata pareva serena.

Poche nuvole si rincorrevano nel cielo sospinte dalla gentile mano di una leggera brezza mattutina, primaverile.

Il venticello si divertiva, dispettoso con quegli erranti batuffoli bianchi, modellandoli a suo piacimento, in forme sempre nuove e fantasiose.

Le fronde degli alberi si scuotevano dolcemente, come le chiome vaporose delle donne, sotto le carezze voluttuose delle dita affusolate e invisibili di un amante: il vento.

Non molto distante, sul limitare della foresta, il gruppo di GigantsWolfs si mise a ululare in segno di saluto, al passaggio di Aidan ed Ember.

Il primo tratto di strada che li avrebbe riportati a casa, venne percorso nuovamente in silenzio. Il comportamento di Aidan stava diventando per Ember veramente frustrante.

Un momento prima era tutto gentilezza e premura, quello dopo si innalzava una fastidiosa e imbarazzante barriera di mutismo.

Stavano procedendo con le loro cavalcature al passo, e il loro lento movimento creava un dondolio quasi ipnotico che non aiutava l'inizio di una conversazione; semmai, l'estraniazione.

Phoenix scrollò la testa facendo ondeggiare la sua lucente criniera. Chissà se Aidan parlava mentalmente con il suo cavallo, si domandò Ember.

Credo di sì, io lo farei!

Ember si ripromise di chiederglielo appena si fosse presentato il momento più opportuno.

Il vento aveva cessato di soffiare e il cielo era diventato quasi completamente terso con pochi cumuli trasparenti come sottilissimi veli. La strada, che stavano percorrendo, non presentava, ai bordi, grossi alberi che li potevano riparare dalla calura che andava aumentando. Ember cominciava a sentire delle piccole gocce di sudore formarsi lungo la schiena, sul collo e alle tempie; si sporse lateralmente in cerca della borraccia d'acqua nella sacca appesa alla sella di Pegasus.

Il clima in quel periodo era sempre così capriccioso e imprevedibile; un giorno c'era tempesta e l'altro si rosolava lentamente al sole.

Cosa mai poteva essere successo, ora? Si chiese lei tornando col pensiero al suo compagno di viaggio, guardandolo di sottecchi.

Aveva per caso fatto o detto qualcosa di sbagliato? Aveva frainteso le sue attenzioni?

Ember sospirò e sbuffò al contempo.

E va bene, se non lo fa lui...

Decisa a mettere fine, a tutti i costi, a quei momenti stressanti e imbarazzanti si apprestò a fare conversazione.

<<Prima di tornare subito a casa vorrei fermarmi in un posto>> esordì lei.

<<È un piccolo raduno di case poco distante da Dachaigh nan Dragons>> spiegò osservando Aidan con la coda dell'occhio.

<<Ci vivono un gruppo di ragazze, orfane. Si mantengono da sole creando oggetti che poi rivendono. In più riescono anche a coltivare qualche ortaggio e qualcuna sa anche cacciare>>.

Ember bevve un sorso di acqua, che poi offrì ad Aidan.

<<I loro genitori sono morti o le hanno abbandonate>> continuò, sperando in una reazione del suo compagno di viaggio.

<<Come mai vivono in un luogo appartato?>> chiese Aidan restituendole l'acqua, e tornando ad osservare la strada.

Sì! Finalmente.

<<La gente nei villaggi vicini non le vuole e le temono>>.

<<Perché?>>

I lineamenti di Aidan si contrassero e un'espressione corrucciata comparve sul suo viso.

La stirpe dei DraghiOnde as histórias ganham vida. Descobre agora